Passano i decenni, ma all’appuntamento del 31 maggio in Palazzo Koch – per ascoltare le “Considerazioni finali” del Governatore della Banca d’Italia – coloro che “contano” nel mondo della finanza, dell’economia e della politica non mancano mai. Mario Draghi ha parlato della crisi; dell’inadeguato governo della finanza internazionale; della necessità di una seria disciplina fiscale nei paesi dell’euro, da legarsi a doppio filo alla responsabilità politica dei singoli Stati. Ha discusso dell’urgenza delle correzioni di bilancio; delle riforme strutturali non fatte, ma da farsi, per recuperare competitività e crescita; e, naturalmente, di banche. Trascriviamo (in corsivo) alcuni passi che hanno stretta attinenza con temi che i nostri lettori trovano spesso discussi da Neodemos.
Competitività e crescita
Così s’intitola uno dei paragrafi centrali delle 16 pagine delle Considerazioni. La crisi penalizza i giovani, già fortemente svantaggiati rispetto a quelli di altri Paesi, per una pluralità di ragioni. Sono i giovani precari quelli che, più di altre categorie, hanno perso il lavoro; il blocco del turnover della pubblica amministrazione sbarra la porta a nuovi ingressi – cioè ai giovani; i tagli alla scuola, all’università e alla ricerca penalizzano la formazione di nuovo capitale umano; la diminuzione netta del reddito disponibile delle famiglie comprime l’unico ammortizzatore di cui i giovani fruiscono – quello familiare.
Nell’Unione Monetaria stagnazione, disoccupazione e, alla lunga, tensioni nel bilancio pubblico sono l’inevitabile conseguenza della perdita di competitività. La correzione dei conti pubblici va accompagnata con il rilancio della crescita.
Nei dieci anni precedenti la crisi, la produttività di un’ora lavorata è salita del 3 per cento in Italia, del 14 nell’area dell’euro. Negli stessi anni l’economia italiana è crescita del 15 per cento, contro 25 dei paesi dell’area. Il tasso di occupazione degli italiani resta basso, 57 per cento nel 2009, 7 punti meno che nell’area; il divario è più ampio per i giovani e raggiunge i 12 punti per le donne.
In molte altre occasioni abbiamo affrontato il tema delle riforme strutturali. La crisi le rende più urgenti: la caduta del prodotto accresce l’onere per il finanziamento dell’amministrazione pubblica; i costi dell’evasione fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili; la stagnazione distrugge capitale umano, soprattutto tra i giovani.
I giovani
Senza riforme strutturali la crescita futura è compromessa; il comparto pubblico va riformato per accrescerne la produttività; il federalismo fiscale deve essere attuato con rigore ma nel segno della solidarietà; e dei perversi macigni vanno rimossi dal cammino del paese: l’evasione fiscale, la corruzione e la criminalità. L’evasione fiscale è la vera causa di quella che “rozzamente” (parola di Draghi) viene definita “macelleria sociale”. Nel volume della “Relazione Annuale” che accompagna le Considerazioni si legge: “Il deterioramento del mercato del lavoro si estenderebbe a tutto il 2010. Le riduzioni programmatiche degli organici avverrebbero soprattutto attraverso il blocco del turnover e il mancato rinnovo dei contratti a termine, con conseguenze maggiori per le coorti più giovani che registreranno un ritardo significativo nell’avvio di una carriera lavorativa” (p. 94)
La crisi ha acuito il disagio dei giovani nel mercato del lavoro. Nella fascia di età tra 20 e 34 anni la disoccupazione ha raggiunto il 13 per cento nella media del 2009. La riduzione rispetto al 2008 della quota di occupati tra i giovani è stata quasi sette volte quella osservata tra i più anziani. Hanno pesato sia la maggiore diffusione fra i giovani dei contratti di lavoro a termine sia la contrazione delle nuove assunzioni, del 20 per cento. Da tempo vanno ampliandosi in Italia le differenze di condizioni lavorativa tra le nuove generazioni e quelle che le hanno precedute, a sfavore delle prime. I salari d’ingresso in termini reali ristagnano da quindici anni.
Una ripresa lenta accresce la probabilità di una disoccupazione persistente. Questa condizione, specie se vissuta nelle fasi iniziali della carriera lavorativa, tende ad associarsi a retribuzioni successive permanentemente più basse.
La riforma del mercato del lavoro va completata, superando le segmentazioni e stimolando la partecipazione.
I giovani non possono da soli far fronte agli oneri crescenti di una popolazione che invecchia. Né sarà sufficiente l’apporto dei lavoratori stranieri. Solo 36 italiani su 100 di età compresa tra i 55 e i 64 anni sono occupati, contro 46 della media europea, 56 in Germania.
Gli anziani
Il ciclo di vita lo possiamo dividere in quattro parti approssimativamente equivalenti: una (iniziale) per crescere e formarsi, due (centrali) per lavorare e produrre, e una (finale) per “quiescere”. Il ciclo di vita si è allungato (la vita media delle donne sfiora gli 85 anni), e si sono di molto allungati anche la prima e l’ultima fase. Le due centrali, invece, si sono “accorciate” relativamente alla lunghezza dl ciclo di vita. L’agganciamento della rendita pensionistica all’allungamento della vita è dunque imprescindibile, se non vogliamo che la costruzione sociale vada a carte quarantotto.
Nell’ultimo trentennio, a fronte di un aumento della speranza di vita dei sessantenni italiani di oltre cinque anni, si stima che l’età media effettiva di pensionamento nel settore privato sia salita di circa due anni, attorno a 61. Occorre prolungare la vita lavorativa, anche epr garantire un tenore di vita adeguato agli anziani di domani. I paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con maggiore occupazione giovanile.
Nel 2009 il Governo ha compiuto un passo importante collegando in via automatica, dal 2015, l’età minima di pensionamento alla variazione della speranza di vita; il regolamento in via di definizione dà concreta attuazione al provvedimento. Nella stessa direzione muovono gli interventi sulle cosiddette finestre e sulla normativa delle donne nel pubblico impiego. L’INPS ha avviato iniziative per meglio informare i lavoratori circa la propria ricchezza previdenziale. Il processo di riforma del sistema pensionistico potrà essere completato con misure volte a riformare gradualmente le età di pensionamento dei diversi gruppi di lavoratori, rendere più tempestivi gli aggiustamenti dei coefficienti del regime contributivo, offrire maggiore flessibilità nel pensionamento.
Banca d’Italia, Considerazioni finali, Roma, 2010
Banca d’Italia, Relazione Annuale, Roma, 2010