Ci ricordiamo di loro soltanto nei periodi pre-elettorali, eppure gli emigrati italiani, costituiscono una realtà rilevante (più numerosa, seppur di poco, degli stranieri regolarmente iscritti presso le anagrafi dei Comuni italiani), ma poco conosciuta (v. anche “Gli italiani all’estero. Quasi un segreto di Stato”, M. Livi Bacci):
L’Aire
L’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) è una base dati ricca, sia pur con alcuni limiti, che registra attualmente quasi 4 milioni di italiani, in continua crescita: nel 2009, per esempio, le iscrizioni Aire sono aumentate di oltre 181 mila unità rispetto all’anno precedente. Ma, di questi nuovi italiani all’estero, meno di 1 su 4 ha realmente lasciato la penisola. Ormai, infatti, la maggior parte degli iscritti all’Aire acquisisce la cittadinanza per nascita o per discendenza: figli, nipoti e pronipoti di emigrati italiani, che ci ricordano la nostra storia.
In termini di stock, comunque, il caso dell’espatrio è quello più frequente, con 2,23 milioni (57%), mentre 1,4 milioni (36%) sono nati all’estero, e poco più di 100 mila (3%) hanno acquisito in seguito la nazionalità, ad esempio tramite matrimonio (tab. 1).
Le donne sono circa la metà (48%) di questa popolazione, dove i coniugati sfiorano il 39%, e i divorziati non arrivano al 2%. Si tratta prevalentemente di giovani: più della metà (54%) degli iscritti Aire rientra nella fascia degli under 35 (37% in Italia) e più di un quarto di questi ha un’età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Tab. 1. Italiani iscritti all’Aire, per varie caratteristiche (2008-2009)
Motivo di iscrizione | ||||||
Anno | totale | espatrio | nascita | cittadinanza | altro | |
2009 | v.a. | 3.915.767 | 2.230.760 | 1.409.244 | 113.896 | 161.867 |
% | 100 | 57,0 | 36,0 | 2,9 | 4,1 | |
2008 | v.a. | 3.734.428 | 2.202.668 | 1.280.065 | 103.905 | 147.790 |
Incremento dal 2008 al 2009 | ||||||
v.a. | 181.339 | 28.092 | 129.179 | 9.991 | 14.077 | |
% | 100 | 15,5 | 71,2 | 5,5 | 7,8 | |
Stato civile | ||||||
Anno |
celibi/ nubili |
coniugati | vedovi | divorziati | n.d. | |
2009 | v.a. | 2.086.466 | 1.512.149 | 103.314 | 65.862 | 147.976 |
% | 53,3 | 38,6 | 2,6 | 1,7 | 3,8 | |
2008 | v.a. | 1.971.213 | 1.454.907 | 99.806 | 59.410 | 149.092 |
Fonte: Caritas-Migrantes (2009). Elaborazioni su dati Aire.
La fuga dei cervelli
Tra i nuovi italiani residenti all’estero ci sono anche molti cosiddetti “cervelli in fuga”. Ogni anno, infatti, coloro che preparano i bagagli per stabilirsi oltre i confini nazionali, in via definitiva o per lunghi periodi, sono circa 40.000. Si tratta soprattutto di giovani qualificati, che spesso migrano al seguito delle aziende o, comunque, per ragioni di lavoro. Non a caso, lavora all’estero il 3% degli occupati a 5 anni dal conseguimento della laurea in Italia: emigrati che si dichiarano soddisfatti e che guadagnano il 48% in più di chi, a parità di condizioni, è rimasto nella penisola (Almalaurea, marzo 2008). La maggior parte di loro non lascia il continente: i Paesi prediletti sono Regno Unito (19%), Francia (12%) e Spagna (11%), con la prevedibile eccezione degli Stati Uniti, dove si è stabilito quasi il 10% dei giovani che hanno lasciato il Bel Paese.
Un’indicazione importante delle dimensioni del lavoro italiano al di là dei confini nazionali, inoltre, è dato da un’indagine dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili, che indica, nel 2007, un fatturato estero di 5,5 miliardi.
Inferiore alle aspettative, invece, è il numero di coloro che partono per motivi di studio. Nell’anno accademico 2006-2007 sono stati meno di 18 mila gli studenti Erasmus e solo 802 i tirocini di lavoro attivati all’estero. Gli italiani iscritti presso le università straniere, nello stesso anno, erano oltre 41 mila, ma questo numero comprende anche le seconde e terze generazioni. Queste persone, a proposito, sono probabilmente più numerose di quanto non dica l’Aire (1,4 milioni – tab. 1). Secondo un’indagine Istat del 2003 (ripresa dal rapporto Caritas-Migrantes), sarebbero oltre 2,2 milioni. Del resto, sono di seconda o terza generazione quasi la metà degli italiani che vivono in Gran Bretagna e in Germania, e anche di più al di fuori dei confini europei, con punte dell’85% del Brasile.
Lo studio dei questionari
Il rapporto Caritas-Migrantes (2009) propone anche i risultati di un’indagine che ha coinvolto 488 nostri connazionali che, durante il 2009, hanno utilizzato i servizi di un Patronato nelle città di Bruxelles, Colonia, New York e Toronto . Non si tratta, evidentemente, di un campione statisticamente rappresentativo, ma i risultati offrono ugualmente alcuni spunti di riflessione.
Il quadro che ne emerge dipinge gli intervistati come persone prevalentemente soddisfatte del proprio livello di vita e “abbastanza soddisfatte” della propria attività professionale. Vivono soprattutto in nuclei familiari composti da 4 persone, molti tornano in Italia per le vacanze e in 1 caso su 3 possiedono una casa nella penisola. Pochissimi, però, hanno intenzione ristabilirsi nella madrepatria.
Le organizzazioni comunitarie e soprattutto i media svolgono un ruolo di primo piano nell’avvicinare questi particolare gruppo di italiani alla penisola, e il 60% degli intervistati dichiara di leggere la stampa italiana. Tra di loro, del resto, ci sono gli utenti dei 472 giornali, 250 radio e 50 televisioni di lingua italiana censiti all’estero. L’indagine, infine, fa emergere che 1/5 degli intervistati non ha un’iscrizione Aire, un segnale della possibile sottostima degli italiani all’estero.
Il cerchio, insomma, si può ancora allargare. La sua massima ampiezza è raggiunta considerando “italiani all’estero” tutti gli oriundi della penisola, ovvero tutti coloro che hanno almeno un italiano nel proprio albero genealogico e che mantengono un interesse verso le proprie origini. Secondo il rapporto Caritas-Migrantes, che attinge da una stima del Ministero degli Affari Esteri del 2000, si conterebbero, così, 60 milioni di persone: praticamente un’altra Italia, al di fuori dei confini nazionali.
Per saperne di più
Caritas-Migrantes (2009) Italiani nel Mondo, Roma, Idos.
Almalaurea, “La condizione occupazionale dei laureati. ” (2008), XI Rapporto.