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Il XIII Rapporto ISMU fa il punto sull’immigrazione(*)

Un’immigrazione sempre più consistente
Nei primi anni ’80 erano solo poche centinaia di migliaia, l’equivalente del peso demografico di una piccola regione come il Molise. Dieci anni dopo avevano assunto la dimensione degli abitanti della Basilicata o al più, se si tiene conto anche degli irregolari, di quelli del Friuli. A metà del 2005, tuttavia, solo per “contenere” i cittadini dei “Paesi a forte pressione migratoria”, regolari e non (Blangiardo, Tanturri, 2006), sarebbe appena bastata l’intera Toscana, mentre all’inizio del 2007, prossimi ai 4milioni, sarebbe stata necessaria l’Emilia Romagna e alla fine dello stesso anno, il Piemonte. A breve termine la previsione è che raggiungano la numerosità dei veneti e poco dopo quella dei siciliani. Ma non è irrealistico immaginare che, tra meno di una decina d’anni, l’ipotetica 21-esima “regione straniera” possa avere una consistenza demografica simile a quella attuale della Lombardia.

Nel 2006 sono diminuiti gli irregolari

Quello introdotto è solo uno dei temi affrontati in occasione della recente presentazione del XIII Rapporto sulle migrazioni della Fondazione ISMU, un appuntamento che annualmente propone agli studiosi e all’opinione pubblica numerosi contributi con taglio multidisciplinare sulle tendenze e sulle problematiche che accompagnano la realtà migratoria nel nostro Paese. E’ per l’appunto in tale sede che l’aggiornamento del quadro statistico nazionale ha evidenziato i quattro milioni di stranieri presenti (3.982mila) al 1° gennaio 2007 -320mila in più rispetto alla stessa data del 2006- e ha altresì fornito il consueto dettaglio circa le loro diverse componenti (Tab.1).

Tab. 1 – Stranieri presenti in Italia. Anni 2006-2007

1.1.2006

1.1.2007 (a)

Variazione

Variazione

 
migliaia

percentuale

Totale regolari

3.012

3.633

621

+20,6

di cui:

– residenti

2.671

2.939

268

+10,0

– regolari non residenti

341

694 (b)

353

+103,5

Totale irregolari

650

349

-301

-46,3

Totale presenti

3.662

3.982

320

+8,7

(a) Stima; (b) Comprensivi di circa 400 mila soggetti beneficiari dei decreti flussi del 2006 e tuttora in via di ottenimento del permesso di soggiorno e verosimilmente dell’iscrizione anagrafica.

Fonte: Istat e stime Fondazione Ismu
E’ interessante osservare come gli oltre 3,6 milioni di regolari, 600mila unità in più rispetto al 2006, comprendano poco meno di 3 milioni di residenti e quasi 700 mila regolari non residenti, un contingente il cui forte incremento è dovuto sostanzialmente all’effetto “sanatoria” attivato con il decreto flussi del marzo 2006 e non ancora tradotto (all’inizio del 2007) in iscrizioni anagrafiche. Quelle stesse iscrizioni anagrafiche che –in parte alimentate anche dall’ingresso nell’Unione Europea di romeni e bulgari- hanno poi trovato riscontro in un saldo migratorio con l’estero positivo per ben 216mila unità nei primi cinque mesi del 2007, il 120% rispetto al corrispondente valore dell’anno precedente (Istat, 2008). D’altra parte, è proprio agli effetti di “sanatoria” del decreto flussi 2006 che va attribuito il forte calo nella stima della quota di irregolari che segna, agli inizi del 2007, uno dei minimi storici: essi sono infatti circa 350mila, l’8,8% del totale dei presenti (con un calo del 46,3% in un anno). Un’incidenza che non si ricordava così bassa dal 2002 -quando con la regolarizzazione connessa alla Bossi-Fini era scesa attorno al 10%- ma che già nel corso del 2007 sembra essersi ben ripresa, se è vero che 680mila soggetti, gran parte dei quali già presenti irregolarmente in Italia, si sono candidati a fine dicembre per ottenere, con il nuovo decreto flussi 2007, un’autorizzazione al soggiorno per motivi di lavoro.
L‘immigrazione non è la soluzione dei problemi demografici del paese

Oltre a questi aspetti quantitativi, il XIII Rapporto Ismu si è soffermato anche sulle conseguenze demografiche di un fenomeno che, secondo ricorrenti affermazioni, è destinato “a risolvere i nostri problemi di invecchiamento e di calo della natalità”. Per misurare l’efficacia della risposta migratoria su questi temi, sono state proposte alcune simulazioni che, a partire da appropriate elaborazioni dei dati Istat, delineano la dinamica demografica della popolazione residente fino al 2020 sulla base di alcuni possibili scenari circa l’intensità annua dei flussi di ingresso dall’estero (fatte le appropriate ipotesi riguardo alla fecondità e alla mortalità). Alla luce di tali simulazioni risulta con tutta evidenza che l’immigrazione è senz’altro un’importante risorsa, ma non la “magica soluzione” dei problemi con cui dobbiamo misurarci. E se anche ne attenua gli effetti, lo fa al prezzo del consolidamento di flussi di una certa consistenza e che, in ultima analisi, potrebbero anche rivelarsi non facilmente governabili. Ad esempio, si è visto che con l’apporto netto costante di 450mila immigrati l’anno la crescita dell’invecchiamento demografico non si arresterebbe ma rallenterebbe soltanto: la percentuale di anziani nel nostro paese subirebbe, anche in questo caso, un aumento di circa 1,5 punti percentuali passando dal 19,9% nel 2007 al 21,4% nel 2020. In parallelo, il rapporto tra spesa pensionistica e Pil, che con un apporto annuo netto di 150mila immigrati si accrescerebbe del 20% da qui al 2020 (per il solo effetto demografico e a parità di altre condizioni), anche con un analogo apporto di 450mila unità non frenerebbe la sua corsa al rialzo, ma aumenterebbe comunque del 10%. Chissà se “il gioco vale veramente la candela”?

Il secondo tema che nel Rapporto si è voluto affrontare nel quadro delle valutazioni circa i pro e i contro di un futuro con flussi migratori di una certa consistenza è quello relativo al ricambio generazionale e al sostegno che l’immigrazione da tempo svolge sul fronte della natalità. A tale proposito se è incontestabile la forte crescita del peso relativo della componente straniera sul totale dei nati e l’attribuzione ad essa di gran parte del merito della tanto enfatizzata (quanto nei numeri ancora relativamente modesta) ripresa della natalità osservata in Italia nel corso dell’ultimo decennio, non si può immaginare che tale supporto possa accrescersi senza limiti. Le previsioni Istat basate sui 150mila ingressi netti annui accreditano la possibilità che i 550-560mila nati annui di questo inizio secolo possano rapidamente scendere a poco più di 450mila nel prossimo decennio, ma non sarebbero sufficienti ad arginare tale caduta né 100mila, né 200mila ingressi annui in più (rispetto ai 150mila ipotizzati). Nel primo caso si avrebbero nel 2020 solo 495mila nascite (il 12% in meno rispetto al 2006), mentre nel secondo si arriverebbe a 534mila (5% in meno). In ultima analisi, le simulazioni mostrano come l’unica alternativa per mantenere sostanzialmente stabile il livello della natalità in Italia, ove si volesse affidare la soluzione del problema unicamente al contributo della componente straniera, sarebbe quella di puntare su un apporto medio annuo netto nell’ordine delle 450mila unità. Salvo poi tornare ad interrogarsi sulla eventuale problematicità del governo di un tale flusso, ma forse anche sulla ragionevolezza dell’aver delegato “all’esterno” la soluzione di un problema che, invece, ci riguarda direttamente.

Riferimenti bibliografici

Blangiardo G.C, Tanturri M.L.(2006), La presenza straniera in Italia, in: Blangiardo G.C., Farina P. (a cura di ), Il Mezzogiorno dopo la grande regolarizzazione. Immagini e problematiche dell’immigrazione, Franco Angeli, Milano.
Istat (2008), Bilancio demografico mensile. Gennaio-maggio 2007, Nota per la stampa 17 gennaio, http//www.istat.it
(*) Il Rapporto ISMU può essere richiesto a pubblicazioni@ismu.org
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