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Le migrazioni africane “interne”

Negli ultimi anni sono cresciute fortemente le migrazioni dall’Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa: esse rappresentano una delle questioni più difficili che le autorità europee si troveranno ad affrontare nei prossimi anni, nonché uno dei temi maggiormente sentiti dalle opinioni pubbliche in questo momento. Tuttavia, mentre le migrazioni dal Medio Oriente hanno una chiara origine politica – soprattutto dopo l’inizio della guerra civile in Siria nel 2011 – e sono state registrate sotto la voce “profughi” (richiedenti asilo e rifugiati), le migrazioni dall’Africa hanno un carattere misto, in cui si mescolano cause economiche, politiche ed ambientali.

E’ importante quindi seguire l’evoluzione demografica e migratoria del continente africano, destinato a raddoppiare la propria popolazione nell’arco di pochi decenni.

Poli di attrazione

Su una popolazione attuale di circa un miliardo di persone, gli emigrati dai vari paesi africani sono circa 34 milioni, di cui solo un terzo all’esterno del continente (Nazioni Unite, 2015). 21 milioni sono invece gli immigrati presenti all’interno dell’Africa: in gran parte si tratta di migrazioni interne al continente, anche se è da segnalare l’aumento della presenza esterna, soprattutto cinese. Premesso che non sempre è facile osservare i movimenti reali della popolazione, specie in Africa, le Nazioni Unite forniscono la stima dello “stock” di immigrati per paese (generalmente sono inclusi in questo calcolo anche i nati all’estero).
Per la Libia bisognerebbe parlare al passato: precedentemente alla guerra civile scoppiata dopo la morte di Gheddafi (2011), l’industria petrolifera e le relative infrastrutture in un paese relativamente poco popolato necessitavano di mano d’opera proveniente in larga parte dall’Africa subsahariana.
La Costa d’Avorio deve il suo sviluppo soprattutto al settore agricolo (caffè, cacao, olio di palma ecc.) che richiama lavoratori da molti paesi limitrofi.
Il Sudafrica è il principale polo d’attrazione di tutta l’Africa australe, prima nel settore minerario ma ora anche in quello manifatturiero.
La Nigeria, il cui Pil ha recentemente superato anche quello del Sudafrica (anche grazie ad una rivalutazione statistica), è ora la prima economia africana, non più dipendente solo dal petrolio. Il paese subirà una vera e propria esplosione demografica entro il 2050 e si può considerare (come molti altri paesi africani) sia come meta di immigrazione che come fonte di emigrazione.
Alcuni paesi come Ghana, Kenya e Tanzania devono il loro sviluppo economico anche alla relativa stabilità politica, fattore non banale in un continente ancora attraversato da conflitti etnici.

Profughi e rifugiati

Accanto alle migrazioni economiche, che si avvalgono di una certa tradizione africana di reciproca ospitalità, vanno considerati i casi specifici di instabilità politica, cause delle migrazioni forzate interne all’Africa¹: secondo OIM e UNHCR i rifugiati all’interno del continente sono almeno 3 milioni.
Osservando i primi paesi di accoglienza, traspaiono da un lato i problemi interni di quei paesi del Corno d’Africa che alimentano la diaspora dei profughi anche in Europa, come Eritrea e Somalia, ma anche gli effetti dell’insorgenza del gruppo terroristico di Boko Haram nella regione attorno al lago Ciad.

Rifugiati ambientali

Infine, una terza causa delle migrazioni interne al continente si può considerare quella ambientale, dovuta principalmente al surriscaldamento del pianeta. Ampie regioni del continente (come il Corno d’Africa) o interi paesi (come lo Zimbabwe) vedono acuiti i loro problemi da cause ambientali (siccità, carestie, inondazioni, deforestazioni) che spingono centinaia di migliaia di persone a migrare in cerca di risorse idriche.
Secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre², in Africa si contano almeno 8 milioni di sfollati (persone costrette ad abbandonare la propria abitazione) per cause ambientali, quasi la metà dei 19,3 milioni di sfollati per cause ambientali nel mondo. Niger, Nigeria, Ciad, Sud Sudan e Madagascar sono tra i paesi più colpiti. Considerando la scarsa prevenzione e la vulnerabilità di quei paesi, è facile prevedere un aumento del fenomeno nei prossimi anni.

Conclusioni

Secondo l’UNHCR, nel 2015 i migranti forzati (rifugiati e sfollati) nel mondo sono 65,3 milioni (se riuniti in un’unica nazione, rappresenterebbero il 21° paese più popoloso). Considerando i migranti complessivi si arriva addirittura a 243 milioni.
La cosiddetta “emergenza immigrazione” che in questi ultimi anni sta mettendo in crisi i paesi europei e minando la tenuta stessa dell’Ue, rappresenta dunque solo la punta dell’iceberg delle migrazioni mondiali: il flusso dei migranti dall’Africa all’Europa (quasi sempre mediato da trafficanti) non ha mai superato alcune centinaia di migliaia di persone l’anno, mentre le migrazioni africane “interne” (per cause economiche, politiche o ambientali) coinvolgono oggi quasi 30 milioni di persone.

Il grande reporter polacco Ryszard Kapuściński, sostiene che “l’Africa è un continente troppo grande per poterlo descrivere. […] È solo per semplificare che lo chiamano Africa. A parte la sua denominazione geografica, in realtà l’Africa non esiste”³. In effetti, anche dal punto di vista politico, economico e demografico i singoli paesi presentano dinamiche molto diverse tra loro, determinando alcuni poli di attrazione. Le cause delle migrazioni sono quindi diverse, complesse e spesso intrecciate tra di loro. La variabile demografica, con il raddoppio della popolazione previsto entro la metà del secolo, contribuirà in maniera decisiva a complicare questo quadro già molto difficile.

Note

¹ La convenzione africana per i rifugiati è stata firmata ad Addis Abeba nel 1969 ed è entrata in vigore nel 1974.

² Global Estimates, 2015

³ Ryszard Kapuściński, Ebano, Milano, Feltrinelli, 2000

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