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Prima la famiglia, ma solo se italiana!

Una recente misura del Governo Meloni interviene sul Testo unico delle leggi  sull’immigrazione, modificando anche il sistema dei ricongiungimenti familiari. Salvatore Strozza e Armando Vittoria richiamano le variazioni proposte per svelare la politica del  Governo Meloni di inasprimento delle regole sull’immigrazione regolare, in danno alle  famiglie dei migranti. 

Il Disegno di legge 1310 in materia di immigrazione, che converte il Decreto-legge 145 del 2024, è stato approvato dal Senato con 99 voti a favore, 65 contrari ed un solo astenuto. Prima ancora che per i suoi contenuti, sono state le modalità con cui esso è giunto all’approvazione, ovvero attraverso il ricorso alla fiducia da parte dell’esecutivo, a segnalare l’indirizzo generale del Governo Meloni sull’immigrazione, che sovraccarica di ‘urgenza’ securitaria le revisioni al Testo unico delle leggi sull’immigrazione (D.lgs. 286 del 1998). 

Nel merito, la nuova misura di origine governativa interviene a modificare diversi aspetti del regime immigratorio consolidato: dai criteri e modalità di ingresso prescritti per i nuovi lavoratori stranieri (Capo I) alla gestione dei flussi e delle quote e, ancora, al riordino delle competenze giurisdizionali per le richieste relative anche alla protezione internazionale (Capo III). Le nuove disposizioni – che, va detto, provano anche ad ampliare, seppur in modo contenuto, le protezioni per gli immigrati da violenze e caporalato (Capo II) – mostrano sul piano generale molti profili di irrigidimento in materia di immigrazione: sui soccorsi in mare, sulla estensione delle procedure di riconoscimento biometrico in ingresso, sulla definizione, per legge, della lista dei Paesi di origine “sicuri”. 

Come cambiano le regole sui ricongiungimenti familiari?

E tuttavia, uno degli aspetti che certamente solleva maggiori dubbi, anche per come caratterizza in senso restrittivo l’indirizzo di policy del Governo in materia di immigrazione, riguarda le ricadute che le nuove misure avranno sul sistema dei ricongiungimenti familiari. Quest’ultimo si è infatti nel tempo, a partire dalle disposizioni contenute nel D.lgs. 286 del 1998, consolidato in Italia seguendo un indirizzo generale di equilibrio, innervando cioè nel regime immigratorio quel principio di lenta e sicura integrazione garantito dall’unità del nucleo familiare, in coerenza con l’indirizzo etico-sociale disposto dalla stessa Costituzione. 

Benché sul piano formale la legge non modifichi l’articolo 28 del Decreto del 1998 – che sancisce il “diritto a mantenere o a riacquistare l’unità familiare” da parte degli stranieri immigrati “per motivi di lavoro subordinato o autonomo” ma anche per asilo, per studio, per motivi religiosi e appunto “familiari” – tuttavia l’innalzamento da 1 a 2 anni del periodo ininterrotto di soggiorno legale ora richiesto per il ricongiungimento (articolo 12-ter), unitamente all’obbligo comunale di accertamento delle condizioni di salubrità abitativa per i ricongiungenti e alla esclusione dei patronati dai soggetti che possono aiutare il lavoratore immigrato ad istruire la pratica (sempre più digitalizzata), produrrà un sicuro effetto restrittivo sui ricongiungimenti familiari. 

Una scelta incomprensibile

Il Governo Meloni pare intestarsi esplicitamente questa scelta di policy restrittiva sui ricongiungimenti, a partire dalla comunicazione istituzionale utilizzata per la nuova legge, nella quale si ribadisce come la “maggioranza” abbia con essa “approvato anche una stretta sui ricongiungimenti familiari” che “potranno essere richiesti solo dopo un periodo ininterrotto di soggiorno legale di almeno due anni nel territorio nazionale e l’idoneità degli alloggio – il refuso è nel testo – potrà essere rilasciata dal Comune solo previa verifica del numero degli occupanti e degli altri requisiti”.

Eppure, tale scelta risulta essere oltre che non condivisibile per tanti versi anche incomprensibile, perché sostenuta da una maggioranza politica che, almeno a parole e nei suoi statements, si dichiara favorevole all’immigrazione ‘regolare’ e protettiva-tradizionalista in materia di famiglia. Il nuovo dispositivo interviene, infatti, su quello che da alcuni anni è il principale canale di ingresso regolare dei cittadini dei Paesi Terzi e che costituisce un tassello per molti immigrati importante del processo di radicamento sul territorio e di integrazione nella società italiana.

I dati disponibili sui nuovi permessi di soggiorno concessi a cittadini dei Paesi Terzi, diffusi da Istat e/o da Eurostat, mostrano chiaramente l’elevata importanza assunta da quelli concessi per motivi di famiglia (Fig. 1). Tra il 2007 e il 2023 questi sono stati quasi 2 milioni (il 40% del totale), in media oltre 110 mila ingressi regolari all’anno, tanto che dal 2011 i ricongiungimenti familiari rappresentano il principale canale di accesso in Italia, con la sola eccezione del 2022 per via dell’arrivo dei profughi ucraini. 

Dunque, se è vero che l’immigrazione ‘regolare’ si avvale dei canali di accesso disponibili, non c’è dubbio che i nuovi permessi per motivi di famiglia siano driver di integrazione, non a caso è maggioritaria la componente femminile (fig. 2) e senza dubbio significativa, nonché crescente, la quota delle persone con meno di 15 anni giunte regolarmente (fig. 3). In definitiva, la stragrande maggioranza dei cittadini dei Paesi Terzi arrivati in Italia per ricongiungimento familiare sono partner e figli degli immigrati già presenti sul territorio. Inasprire le condizioni del ricongiungimento, peraltro limitando il ruolo di supporto del Terzo settore nella complessa filiera burocratica che ne consente la realizzazione, esprime una chiara volontà politica di rallentare e ostacolare il processo di integrazione, e, conseguentemente, di innalzare il livello di conflittualità sociale. 

Un disegno reazionario che va progressivamente svelandosi

La nuova politica sui ricongiungimenti familiari svela, chiaramente, il disegno reazionario del Governo in materia di immigrazione. Ha ragione Maurizio Ambrosini a rilevare come la nuova disciplina sui ricongiungimenti abbia – tra i tanti difetti – anche quello di far pagare il prezzo della retorica su ‘immigrazione buona e immigrazione illegale’ ai bambini e alle loro famiglie, in termini di “infelicità”. C’è però qualcosa in più, nelle nuove misure, del semplice uso retorico che le destre fanno dell’immigrazione. Sembra esserci, infatti, la chiara determinazione da parte del Governo Meloni – da Cutro all’operazione albanese e fino a questo ultimo provvedimento – a realizzare un indirizzo politico pienamente anti-immigrazione ed etnocentrato, se si vuole sovranista. Il caso dei ricongiungimenti familiari mette a nudo tale disegno, che non pare trovare un limite neanche nella difesa dei ‘diritti della famiglia’ come nucleo fondante della società, presidio della nostra Costituzione e, almeno a parole, ‘bandiera’ della destra di governo.

Riferimenti

Ambrosini Maurizio, 2024, Migranti e ricongiungimenti, ovvero dell’infelicità imposta per decreto, in “L’Avvenire”, 7 dicembre 2024.

Comunicazione istituzionale del Governo sul Decreto 145 del 2024.

Decreto-Legge 11 ottobre 2024, n. 145, “Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali”, convertito dal Senato della Repubblica in legge il 4 dicembre 2024 in approvazione del Disegno di legge 1310 del 2024 (in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale).

Fonte figure 1 e 2 – dati.istat.it

Fonte figure 3 – ec.europa.eu/eurostat/web/main/data/database

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