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Il 31 maggio di Fabio Panetta

Come ogni anno Neodemos pubblica alcuni stralci delle considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia. Fabio Panetta non ha mancato di ricordare alcune problematiche legate alla demografia, riguardanti il lavoro, l’inadeguata immigrazione, le conseguenze dell’intelligenza artificiale.

Gli anni passano, i Governatori si succedono, ma l’appuntamento del 31 maggio per ascoltare le “considerazioni finali” del governatore in carica, è un evento da non perdere. Non tanto perché emergano novità o previsioni inattese – siamo sommersi dal flusso continuo di informazioni e dati – quanto per ascoltare una messa a punto, saggia e competente, delle vicende economiche del paese e del mondo, assieme a caute previsioni e equilibrati consigli. Una voce gradita nel tumulto delle polemiche e dei conflitti. Anche quest’anno, la demografia non è stata dimenticata, e trascriviamo qualche passaggio di particolare interesse per i lettori di Neodemos.  

Economia mondiale in cauta espansione

Nei mesi scorsi l’economia globale ha continuato a espandersi, nonostante il tono ancora restrittivo della politica monetaria in molti paesi e l’incertezza provocata dalle tensioni e dai conflitti in atto in più regioni del mondo. Le prospettive a breve termine rimangono tuttavia deboli. Nel 2024 il prodotto mondiale crescerebbe del 3 per cento, sensibilmente sotto la media dei primi vent’anni di questo secolo. Dopo avere ristagnato nel 2023, quest’anno il commercio tornerebbe ad aumentare, ma meno che in passato. I rischi sull’evoluzione congiunturale, a lungo orientati in senso negativo, si stanno riequilibrando. La disinflazione in corso a livello globale prefigura un allentamento delle condizioni monetarie, con tempi diversi nelle principali economie. Nei prossimi anni l’economia mondiale risentirà di una dinamica contenuta della produttività in molte aree, dell’esaurirsi degli stimoli fiscali introdotti per contrastare la pandemia e – soprattutto – di relazioni internazionali che non accennano a rasserenarsi. Secondo il Fondo monetario internazionale, la crescita globale resterebbe intorno al 3 per cento fino alla fine del decennio.

L’economia europea: da peso medio a peso leggero… 

Queste vulnerabilità [della UE] si innestano sul calo, in atto da tempo, del peso dell’Europa a livello internazionale. La popolazione europea [della UE] rappresenta oggi solo il 5,7 per cento di quella mondiale. Negli ultimi due decenni il peso dell’Unione europea sul PIL globale è sceso dal 26 al 18 per cento, mentre quello degli Stati Uniti è rimasto pressoché invariato, al 26, e quello della Cina è quadruplicato, al 17. Il calo riflette soprattutto l’insoddisfacente dinamica della produttività, che nel periodo ha accumulato un ritardo di 20 punti percentuali rispetto agli Stati Uniti. Nell’attuale scenario geopolitico, è essenziale per l’Europa agire con determinazione per migliorare la competitività e rafforzare l’autonomia strategica. Non per contrapporsi ad altri paesi o chiudersi all’interno dei propri confini, ma per salvaguardare il futuro dei cittadini europei, accrescere la propria autorevolezza a livello globale e preservare i progressi sinora realizzati nel cammino di integrazione internazionale.

Italia: il calo demografico e le risposte del mercato del lavoro 

Secondo l’Istat, da qui al 2040 il numero di persone in età lavorativa [in Italia] diminuirà di 5,4 milioni di unità, malgrado un afflusso netto dall’estero di 170.000 persone all’anno. Questa contrazione si tradurrebbe in un calo del PIL del 13 per cento, del 9 per cento in termini pro capite. Nonostante la crescita dell’ultimo decennio, la partecipazione al mercato del lavoro, pari al 66,7 per cento, rimane di 8 punti percentuali inferiore alla media dell’area dell’euro. Il divario non è ampio per gli uomini, ma sale a 13 punti percentuali sia per i giovani tra 20 e 34 anni sia per le donne. L’occupazione giovanile ha risentito della bassa crescita. Molti hanno cercato migliori prospettive di lavoro all’estero: 525.000 giovani italiani sono emigrati tra il 2008 e il 2022; solo un terzo di essi è tornato in Italia. Hanno lasciato il Paese soprattutto i laureati, attratti da opportunità retributive e di carriera decisamente più favorevoli. L’esodo indebolisce la dotazione di capitale umano del nostro paese, tradizionalmente afflitto da bassi livelli di istruzione. Il tasso di occupazione femminile è ancora al 52,5 per cento. In Italia è difficile conciliare impegno lavorativo e carichi familiari. L’abbandono del mercato del lavoro dopo la nascita del primo figlio è tra le principali motivazioni della bassa partecipazione ed è positivo che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) dedichi risorse rilevanti ai servizi per l’infanzia.

Misure per accrescere l’occupazione e una immigrazione inadeguata

Ad accrescere l’occupazione potrebbero contribuire misure volte a promuovere una diversa organizzazione del lavoro tra quello in presenza e quello a distanza; una revisione del sistema di detrazioni e trasferimenti che riduca i disincentivi al lavoro del secondo percettore di reddito in una famiglia; l’adozione di politiche per stimolare l’assunzione di persone da tempo fuori dal mercato del lavoro. Decisi aumenti dei tassi di occupazione – fino ai livelli medi dell’area dell’euro – potrebbero arrivare a controbilanciare gli effetti del calo demografico e mantenere invariato il numero degli occupati. È inoltre possibile che un sostegno all’occupazione derivi da un flusso di immigrati regolari superiore a quello ipotizzato dall’Istat. Occorrerà gestirlo, in coordinamento con gli altri paesi europei, bilanciando le esigenze della produzione con gli equilibri sociali e rafforzando le misure di integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro. Ma è chiaro che anche con maggiore occupazione e maggiori flussi migratori l’apporto del lavoro alla crescita dell’economia non potrà che essere modesto. Solo la produttività potrà assicurare sviluppo, lavoro e redditi più elevati.

Prepararsi ad affrontare le ricadute negative dell’Intelligenza Artificiale ed a sfruttare quelle positive

Secondo nostre stime, in Italia i mutamenti indotti dall’intelligenza artificiale riguarderebbero due lavoratori su tre. Per la maggioranza di essi la produttività e le opportunità di lavoro aumenterebbero, ma per una significativa minoranza le occasioni di impiego potrebbero ridursi. Nella fase di transizione servirà accompagnare i lavoratori nella riqualificazione professionale o facilitarne il ricollocamento in altre attività, tutelando quanti subiranno i costi di adattamento maggiori.

Il capitale umano ha un ruolo decisivo. Il ritardo rispetto a molti paesi avanzati nelle competenze lavorative di giovani e adulti si riflette in un’occupazione sbilanciata verso le professioni meno qualificate. Competenze e conoscenze, da nutrire e rivitalizzare lungo tutto l’arco della vita, sono il cardine non solo del progresso economico, ma anche e soprattutto di quello civile.

Per saperne di più

Dalle “Considerazioni finali del Governatore”, https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-governatore/integov2024/cf_2023.pdf

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