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Le intenzioni di fecondità delle donne albanesi, rumene e italiane

Le intenzioni di fecondità delle straniere sono plasmate dal contesto dei luoghi di provenienza o da quello delle aree di insediamento? Anna Paterno e Thaís García-Pereiro utilizzano i dati provenienti da quattro indagini per rispondere a questo interrogativo comparando le donne albanesi e rumene immigrate in Italia sia a quelle rimaste nei paesi di origine, sia a quelle italiane.

Quali fattori incidono sul desiderio di avere un (altro) figlio?  

Il comportamento riproduttivo degli stranieri ha richiamato negli ultimi anni un crescente interesse da parte degli studiosi di popolazione e, di conseguenza, le analisi svolte sulla loro fecondità sono numerose. Queste analisi si sono fondate su diversi approcci interpretativi, tra i quali l’“adaptation theory” e la “socialization theory”. La prima teoria prevede che le scelte riproduttive degli immigrati tendano, con il protrarsi del tempo di permanenza nei luoghi di insediamento, ad assomigliare a quelle dei nativi; al contrario, la seconda teoria prefigura che tali scelte e comportamenti siano fortemente influenzati dal contesto culturale e sociale nel quale gli individui hanno vissuto durante l’infanzia e la giovinezza, e che pertanto siano più simili a quelli delle persone rimaste nelle aree di provenienza nel breve e nel lungo periodo.

Tuttavia, le differenze esistenti tra i meccanismi decisionali sottostanti ai comportamenti riproduttivi degli stranieri e a quelli dei nativi e il nesso che collega le intenzioni di fecondità con le dinamiche migratorie sono aspetti che meritano ulteriori approfondimenti. Tra i recenti studi empirici che affrontano questo tema, solo pochi hanno utilizzato una prospettiva “origine-destinazione”, nella quale considerare e confrontare le intenzioni e i comportamenti degli immigrati nel paese di destinazione, da un lato con quelli dei nativi in tale paese e, dall’altro con quelli di coloro che rimangono nelle aree di origine.

Uno studio empirico basato su quattro indagini  

Un recente contributo di García-Pereiro e Paterno, indaga le intenzioni di fecondità in questa prospettiva comparativa, con lo scopo di verificare l’applicabilità delle due teorie precedentemente richiamate. In particolare, sono state analizzate tali intenzioni confrontando tra loro vari gruppi di donne: le immigrate in Italia dall’Albania e dalla Romania (a loro volta suddivise tra immigrate di lungo e breve periodo in base alla durata della permanenza in Italia, rispettivamente superiore o inferiore a 10 anni), le donne italiane (native) e le donne albanesi e rumene nel paese d’origine (non immigrate). Ciò è stato reso possibile grazie all’unione in un unico dataset di dati individuali provenienti da diverse fonti: “Multiscopo Famiglie e Soggetti Sociali” e “Condizione e Integrazione Sociale dei Cittadini Stranieri” per l’Italia, “Demographic Health Survey” per l’Albania ed “Eurobarometro” per la Romania. Il collettivo complessivamente osservato è composto da 14.814 donne in età compresa tra i 18 e i 44 anni. La scelta delle collettività da analizzare è stata eseguita sulla base della disponibilità di dati e sulla numerosità delle diverse cittadinanze nel nostro territorio, che vede quelle provenienti dai due paesi tra le più cospicue. 

L’analisi, basata su tecniche di analisi multivariata, ha esaminato l’associazione tra lo status migratorio delle donne (immigrata di breve periodo, immigrata di lungo periodo, nativa, non immigrata), alcune loro caratteristiche individuali e familiari (età, stato civile, numero di figli già avuti, livello di istruzione e condizione occupazionale) e le probabilità che queste dichiarino di essere intenzionate ad avere un (altro) figlio nei tre anni successivi al momento dell’intervista (Figura 1).

Considerando le donne albanesi, i risultati ottenuti evidenziano innanzitutto che le migranti a lungo e a breve periodo che hanno intenzione di avere un figlio, a parità di altre caratteristiche, sono molto meno rappresentate (con probabilità rispettivamente pari all’11% e al 15%), rispetto a quanto avviene tra le loro connazionali rimaste nel paese di origine (circa il 24%). Con riferimento alle migranti rumene, si nota che tali probabilità sono molto contenute e simili tra quelle giunte in Italia nel breve e nel lungo periodo (8% per le prime e 9% per le seconde) ma, al contempo, significativamente più alte dei valori osservati tra le donne rimaste in patria (3-4%). Inoltre, osservando le donne italiane emerge che il 6% ha intenzione di avere un bambino. 

Le analisi svolte hanno inoltre individuato i principali fattori che agiscono sulla probabilità di dichiarare l’intenzione di dare alla luce un figlio. Quelli che la influenzano positivamente sono avere un partner e aver raggiunto un elevato livello di istruzione, mentre quelli che invece agiscono negativamente corrispondono ad avere un’età più elevata, avere già figli e essere disoccupata.

Assimilazione o socializzazione? 

I risultati provenienti dalle quattro indagini acquisiscono interesse nel contesto più ampio degli attuali comportamenti fecondi, misurati attraverso il tasso di fecondità totale (TFT, ossia il numero medio di figli per donna). Per le rumene che vivono in Italia, questo indicatore è più alto rispetto a quello delle donne rimaste in Romania, e ciò appare coerente anche con riferimento alle loro intenzioni riproduttive. Il TFT registrato tra le albanesi che vivono nel nostro paese è inferiore ai livelli di fecondità delle loro concittadine rimaste nel paese d’origine e si colloca a un livello simile a quello delle italiane, ma decisamente più alto di quello delle rumene (immigrate e non immigrate), analogamente a quanto avviene per l’intenzione di avere un figlio.

Poiché la probabilità di volere avere un figlio tra le immigrate rumene le avvicina alle italiane a prescindere dalla durata della permanenza in Italia e, contemporaneamente, le distingue da quelle rimaste in patria, che mostrano valori ben più bassi, per queste donne è possibile individuare la prevalenza di intenzioni (e poi probabilmente anche ai comportamenti) di fecondità improntate all’”adaptation theory”.

Risultati contrastanti si riscontrano, invece, per le immigrate provenienti dall’Albania. Da un lato, è più probabile che quelle arrivate da meno tempo abbiamo intenzioni più elevate di fecondità rispetto alle donne italiane e ciò, considerando gli elevati valori che caratterizzano le loro connazionali rimaste in patria, induce a ritenere che prevalgano meccanismi improntati alla “socialization theory”. Dall’altro, poiché le immigrate da più tempo si contraddistinguono per intenzioni di fecondità che convergono con quelle delle italiane, si potrebbe ipotizzare anche l’applicabilità dell’”adaptation theory”. 

Per saperne di più

García-Pereiro, T, Paterno, A. (2022). Albanian, Romanian and Italian women’s fertility intentions: a comparative analysis among migrants, stayers and natives. In Società Italiana di Statistica, Books of the Short Papers of the SIS 2022 Statistical Conference, Pearson, pp. 655-661.

Impicciatore, R., Gabrielli, G., Paterno, A. (2020). Migrants’ fertility in Italy: A comparison between origin and destination. European Journal of Population, pp. 1-27.

Milewski, N. (2010). Immigrant fertility in West Germany: Is there a socialization effect in transitions to second and third births?. European Journal of Population/Revue européenne de Démographie, 26(3), 297-323.

Mussino, E., Gabrielli, G., Ortensi, L. E., and Strozza, S. (2021). Fertility Intentions Within a 3-Year Time Frame: a Comparison Between Migrant and Native Italian Women. Journal of International Migration and Integration, pp. 1-28. 

Puur, A., Vseviov, H., and Abuladze, L. (2018). Fertility intentions and views on gender roles: Russian women in Estonia from an origin-destination perspective. Comparative Population Studies, 43.

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