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Memorandum, con Auguri, di fine anno

Tra una settimana Neodemos entrerà nel suo diciassettesimo anno di vita, anzi, nel diciottesimo, perché i primi vagiti – alcune prove di numeri “zero” – si udirono nel 2006.  E allora, mentre facciamo gli Auguri di Buone Feste alle nostre lettrici e ai nostri lettori, chiediamo loro, in contraccambio, di augurare lunga vita alla nostra Creatura, che ha seguito puntualmente, settimana dopo settimana, le vicende demografiche e sociali del nostro Paese. Dedicando anche crescente interesse alle vicende del Pianeta, perché buona parte del nostro futuro demografico è legato a quanto avviene nel Mondo, dalle migrazioni all’ambiente, dai conflitti alle pandemie.

Ritornando all’Italia, e alla sua demografia, l’anno si chiude nel segno dell’incertezza, per molte ragioni. Vale la pena citarne alcune. La prima riguarda l’andamento delle nascite, in declino anche nel 2022, e sul cui futuro pesa negativamente la diminuzione della popolazione in età di procreare. Pur nella consapevolezza che poco possono le politiche sulle intime e complesse propensioni individuali, qualche passo è stato mosso nella giusta direzione, ma mancano le risorse per un cambio di ritmo, nonostante la retorica pro-natalista. Del resto la bassissima natalità non è un caso solo italiano, ma è condivisa da numerose altre popolazioni in Europa e fuori di Europa, dalla Cina al Giappone, da Taiwan alla Corea del Sud – un paese, quest’ultimo, che da qualche anno ha un numero medio di figli per donna inferiore a uno (come in Sardegna!). Quanto in basso può scendere una natalità esangue, e quanto a lungo può durare, senza troppo danneggiare gli equilibri sociali e economici?

Sul tema delle migrazioni c’è un gran parlare, annunciare, denunciare: sulla lontananza dell’Europa, sui pericoli per la sicurezza del paese, sull’ambiguità dei paesi confinanti, sui porti sicuri e insicuri, sulle ONG, sugli sbarchi e i respingimenti. Che fare dei profughi? Che fare degli irregolari? Ma c’è un silenzio profondo circa il fatto che nel nostro paese industria, agricoltura, costruzioni e servizi, richiedono lavoratori che scarseggiano in patria e che abbondano all’estero, e che dovremo ammettere e accogliere, spesso con le loro famiglie.  Con quali criteri reclutarli? Con quali risorse integrarli? Con quali modalità concederemo loro i sacrosanti diritti che a loro spettano? Se gli scorsi governi, su questi temi, sono stati timidi, quello attuale risulta chiuso in un ermetico mutismo. 

In Italia, si sa, si vive a lungo: la speranza di vita alla nascita per l’intera popolazione era pari a 83,2 anni nel 2019, poco più di un anno in meno che in Giappone, il paese dove si vive più a lungo. Nel 2020, la speranza di vita ha perso 1,3 anni rispetto all’anno precedente, recuperando tre decimi di punto nel 2021. Per il 2022, non sappiamo ancora, se non che nei primi 9 mesi il numero dei decessi è stato identico a quello dello stesso periodo del 2021 e che, quindi, non siamo ancora tornati ai livelli pre-Covid. Neodemos ha più volte affermato che la nostra longevità è legata (assieme ad altri fattori) al buon livello del nostro sistema sanitario, alla sua accessibilità universalistica. La pandemia ha però messo in luce alcune sue criticità, che con la scarsità di risorse monetarie e umane attuali rischiano di rimanere irrisolte. Riprenderanno i progressi della sopravvivenza che, negli ultimi trent’anni, hanno allungato la nostra vita di 2 mesi per ogni anno trascorso? E come si attrezzerà la nostra società sempre più “vecchia” per rendere la vita meno difficile per gli anziani, per le persone con disabilità, per quelle con patologie cognitive o che vivono in solitudine?

Infine, l’ambiente, che è condizionato dalla presenza umana e dalla mobilità: due aspetti di immediato interesse della demografia. Il nostro paese si mostra distratto: eppure l’Italia soffre di molte fragilità. È superpopolata nelle fragili zone costiere, arida in vaste aree dell’interno, con aree urbane e periurbane afflitte dall’inquinamento, esposta a rischi plurimi per il riscaldamento globale, l’aumento del livello del mare, l’accresciuta frequenza di fenomeni metereologici straordinari. A Sharm el-Sheik, nelle due settimane di lavori della COP 27, a parte la fugace presenza di rappresentanti del governo all’inizio, le trattative sono state seguite non da un ministro – magari quello dell’Ambiente… – ma da un bravo ambasciatore. 

A triste riprova, ancora una volta che alla politica italiana poco interessano i fenomeni che si distendono nel lungo periodo – anche quelli che possono avere conseguenze negative, o catastrofiche – ma che distraggono da ciò che avviene hic et nunc. Ma questo lo sapevamo.

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