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Gli italiani per una società aperta o chiusa? L’indagine Voices on Values

Trattamento equo delle persone, libertà d’espressione, di stampa, di organizzarsi e di religione sono i principi fondanti delle società aperte. Ma come si pongono gli italiani e le italiane di fronte a questi valori? In questo articolo Federico Quadrelli presenta i risultati dell’indagine europea “Voices of Values” utile per comprendere se gli Italiani siano favorevoli ad una società aperta oppure chiusa.

Sempre più spesso capita di leggere o ascoltare dichiarazioni da parte di esperti che con eccessiva disinvoltura utilizzano, in base alla sensibilità politica che li contraddistingue, concetti complessi come quelli di “fascismo”, “comunismo”, “razzismo” e – per questo particolare momento storico e politico – soprattutto quello di “populismo”, come vere e proprie “clave retoriche” contro gli avversarsi o gli interlocutori¹. L’esperienza ci insegna però che la realtà sociale è molto più articolata di quanto non si pensi, e che queste “etichette” sono insufficienti a spiegare i diversi atteggiamenti.

In questo articolo vengono illustrati i dati italiani di una ricerca europea dal titolo “Voices on values²” proprio sui valori di riferimento di cittadini , che ha coinvolto sei Paesi – Germania, Italia, Grecia, Polonia, Ungheria e Francia – grazie al sostegno di OSEPI (the Open Society European Policy Institute), D|Part (un think tank tedesco coordinatore del progetto) e CILD (la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili), che ha curato il lavoro per l’Italia.

La ricerca, il concetto di “società aperta” e la sua rilevazione

La ricerca – basata su dati quantitativi e qualitativi – porta un contributo originale al dibattito sulla “società aperta”, concetto elaborato dal filosofo tedesco Karl Popper³, qui definita come un insieme di principi/valori tipici delle democrazie liberali che fanno riferimento esplicito ai principi costituzionali e alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europa: trattamento equo delle persone, libertà d’espressione, di stampa, di organizzarsi, di religione e così via.

Con un questionario identico per tutti e sei i Paesi si è cercato di misurare l’importanza che i cittadini attribuiscono ai valori fondanti delle democrazie liberali. In ogni Paese si è aggiunta poi una sezione specifica per quel particolare contesto nazionale. Nel caso italiano, per esempio, il focus è stato sul tema “migrazione e accoglienza” che è particolarmente rilevante nel dibattito pubblico[4].

La parte di analisi qualitativa ha coinvolto invece testimoni privilegiati – esponenti del mondo della politica nazionale e internazionale, dell’associazionismo, della stampa e, per il caso italiano, anche della Chiesa[5].

Gli italiani e la società aperta

Ma quanto sono importanti i valori di una società aperta per gli italiani e le italiane? Vedendo come si è evoluto recentemente il quadro politico nazionale saremmo tentati di rispondere che tali valori non sono poi così rilevanti. Dai dati però emerge un quadro più complesso e meno scontato.

Da una parte i cittadini italiani dimostrano di essere ancora particolarmente affezionati ai principi costituzionali e presentano alti valori d’apertura a prescindere dal sesso, dal livello d’istruzione, dall’età e dell’orientamento politico. La Figura1, nello specifico, riporta il giudizio espresso su alcune delle “qualità” della società aperta così come configurate nella ricerca “Voices on values”: la somma delle modalità “assolutamente e abbastanza importante” copre quasi la totalità dei valori espressi per ogni singolo item. La libertà d’espressione è l’elemento delle società aperte considerato di maggiore importanza (il 54% dice che è assolutamente importante) mentre l’equo trattamento dei nuovi arrivati è quello che presenta il valore maggiore degli “abbastanza rilevante” (56%).

Allo stesso tempo, però, si registrano anche alti livelli di propensione alla chiusura. In modo speculare, infatti, la Figura 2 riporta i valori relativi alle risposte sul giudizio di alcuni item collegati al concetto di società chiusa. Così, alla domanda quanto sono importanti questi elementi per definire una buona società, si osserva che il 40% ritiene assolutamente importante che arrivi il minor numero possibile di migranti, il 49% che tutti vivano secondo i valori italiani e le norme locali. Interessante poi è il giudizio relativo alla concessione della cittadinanza a chi non ha un parente italiano. Il 27% e il 38% dicono rispettivamente che limitare la concessione della cittadinanza sia assolutamente o abbastanza importante per definire una “buona società”.

Se messi davanti a una scelta…

Nel questionario vengono misurati anche i “trade-off” tra un principio e altre opzioni/scelte. Ad esempio, una delle domande mirava a misurare la propensione alla “sacrificabilità” del principio di equo trattamento dei nuovi arrivati rispetto al fatto che lo Stato intervenisse per garantire “il benessere economico dei soli cittadini” e per assicurare la “tenuta della coesione sociale”.

La figura 3 indica che se messi davanti a questa scelta la maggioranza reputa che l’equo trattamento dei nuovi arrivati sia un principio sacrificabile rispetto alla garanzia del proprio benessere economico e alla tenuta della coesione sociale

L’ambivalenza

In conclusione i dati raccolti con la ricerca “Voices on values” descrivono la situazione italiana come ambivalente. A differenza dei casi analizzati negli altri paesi, italiane ed italiani presentano i più alti valori di adesione ai principi della società aperta e, al tempo stesso, il più forte sostegno dato a principi assimilabili a visioni di chiusura.

Gli italiani e le italiane sembrano sostenere senza esitazione i principi fondanti delle democrazie liberali a tutela dei propri diritti, ma sembrano riluttanti ad estenderne i benefici a chi proviene “da fuori”, tanto da essere disposti a sacrificarli per difendere il proprio benessere. Non bastano i concetti di “razzismo” o “populismo” per spiegare alcuni atteggiamenti/propensioni. E, forse, sono anche categorie che non aiutano a inquadrare bene questa “ambiguità” verso la società aperta.

per saperne di più

¹ Su questo hanno scritto, tra gli altri, i politologi inglesi Roger Eatwell e Matthew Goodwin (2018), National Populism: The Revolt Against Liberal Democracy, Pelican books, London.

² voicesonvalues.dpart.org

³Karl Popper (1945), The Open Society and its Enemies. The spell of Plato. Routledge, London, n. 4, p.226

[4] La rilevazione è stata fatta fino a poco prima delle elezioni politiche italiane quando però era già chiara la tendenza da parte dell’elettorato rispetto all’offerta politica del momento. Il campione è rappresentantivo.

[5] Alcune delle interviste realizzate per l’indagine, con Liliana Segre, Cecile Kyenge e Don Massimo Biancalani, sono state pubblicate, in italiano, sul sito di accessibili al seguente link

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