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Doppio cognome: siamo davvero pronti?

A partire dal dicembre 2016, una sentenza della Corte Costituzionale dà ai genitori il diritto di attribuire il doppio cognome al neonato purché siano entrambi d’accordo. Ma qual è la reale portata di questo cambiamento? Che cosa scelgono i genitori? Alice Margaria, ci aiuta a riflettere su questo tema in attesa di un prossimo auspicabile intervento legislativo.

Una sentenza dà diritto al doppio cognome

A partire dal dicembre 2016, l’attribuzione del doppio cognome sin dalla nascita – o, meglio, l’aggiunta del cognome materno a quello paterno – è divenuta una possibilità anche in Italia, seppur limitata al caso in cui ci sia accordo tra i genitori. Si tratta, tuttavia, di un diritto di creazione giurisprudenziale: infatti, non è stato il Parlamento, bensì i giudici ad avercelo conferito.

Con una sentenza storica (n. 286 del 21 dicembre 2016), la Corte Costituzionale ha infatti sancito l’incostituzionalità della norma che prevede l’automatica trasmissione del solo cognome paterno nella parte in cui non ammette deroghe neppure a fronte di una richiesta concorde dei genitori. Oltre ad essere espressione di una superata concezione patriarcale della famiglia non più coerente con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna, la regola del patronimico – afferma la Corte – pregiudica una corretta formazione della personalità del figlio, il quale ha il diritto ad essere identificato, sin dalla nascita, con il cognome di entrambi i genitori testimoniando in maniera più completa e fedele le sue origini famigliari.

In attesa dell’intervento legislativo

Pur facendo un importante passo avanti – innanzitutto decidendo di poter decidere senza il timore di interferire con la discrezionalità del Legislatore – l’intervento della Corte Costituzionale non riesce ad essere risolutivo. La portata innovativa di questa pronuncia rimane, infatti, circoscritta ad un caso specifico: ovvero a quello in cui i genitori – di comune accordo – desiderano attribuire il doppio cognome ai figli. Pertanto, anche qualora fossero d’accordo, continua a non essere possibile per i genitori trasmettere il solo cognome materno sin dalla nascita; in mancanza di una volontà concorde, inoltre, si applicherà il regime tradizionale e al figlio verrà attribuito il solo cognome paterno, in attesa di un indifferibile intervento legislativo che – nonostante il sollecito anche della Corte europea dei diritti umani nel 2014 – non si è ancora palesato.

Diritto o obbligo?

Sono state molteplici le proposte di legge che si sono succedute dagli anni Ottanta del secolo scorso sino ai giorni nostri ma nessuna è finora giunta alla definitiva approvazione. L’ultima ad essere stata esaminata (ed approvata dalla Commissione Giustizia del Senato qualche giorno prima dello scioglimento delle Camere), ovvero il ddl n. 1628 eliminava ogni forma di automatismo e, ispirandosi al modello francese, offriva ai genitori tre diverse alternative: l’apposizione del solo cognome paterno, del solo cognome materno o del doppio cognome, stabilendone anche l’ordine. Solo in caso di disaccordo tra i genitori, prevedeva l’apposizione del doppio cognome, in ordine alfabetico.

Premesso che nessun modello normativo è in grado di garantire la piena uguaglianza tra uomo e donna in materia di trasmissione del cognome, vale la pena riscontrare che neppure l’ipotesi di rimettere la scelta del cognome all’autonomia dei genitori – sebbene consenta di superare i profili di discriminazione dell’attuale regola – va esente da critiche: nel caso in cui la scelta genitoriale ricada sul solo cognome paterno, infatti, sarà il diritto del figlio ad acquisire segni di identificazione rispetto a entrambi i genitori ad essere danneggiato. In base a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, quindi, l’unica soluzione capace di garantire sia l’uguaglianza uomo-donna sia la piena e completa realizzazione del diritto all’identità personale del figlio consisterebbe nell’imposizione di entrambi i cognomi – proprio come in Spagna, emblema del modello del doppio cognome. La previsione di un obbligo – e non di una mera facoltà o diritto – si giustificherebbe inoltre in un’ottica di legislazione promozionale, volta a trasformare i costumi sociali verso l’effettiva parità tra uomo e donna in materia di trasmissione del cognome.

Nuovo diritto, vecchia mentalità?

I diritti hanno sempre il limite di rifarsi all’autonomia dei singoli. Quando si riconosce un diritto, quindi, il rischio che prevalga comunque una cultura patriarcale persiste. L’esperienza italiana ne è un chiaro esempio: c’è infatti chi ha parlato di un vero e proprio “flop” alludendo all’esiguo numero di coppie che hanno scelto di avvalersi della novità introdotta dalla Corte Costituzionale. Nel Comune di Milano, ad esempio, solo 151 famiglie (3%) hanno chiesto e ottenuto l’apposizione del doppio cognome nei primi sette mesi di applicazione della sentenza.¹ A Genova, la novità è stata accolta con una cautela addirittura superiore: fino a novembre 2017, infatti, soltanto 50 coppie avevano esercitato il nuovo diritto.²

Pur in assenza di dati che fanno luce sui motivi sottostanti la non-scelta di derogare alla regola del patronimico, il pressoché inesistente esercizio del diritto al doppio cognome sembra potersi attribuire, almeno in parte, oltre che ad una mancanza di informazione tra i cittadini, ad una resistenza di matrice culturale che assume forme ed intensità diverse, passando da una mancata messa in discussione di un vero e proprio retaggio storico che, avendo origini nel diritto romanistico, è ormai fortemente radicato nel costume sociale tanto da essere considerato ‘naturale’ fino alla consapevole e deliberata scelta di obbedire alla regola.

Lo stesso rischio, tuttavia, si pone anche a fronte di un sistema che impone un obbligo. In Spagna, come anticipato sopra, i figli assumono – per legge – il primo cognome di entrambi i genitori. A seguito di una recente riforma, la regola che prevedeva l’anteposizione del cognome paterno a quello materno ha lasciato spazio all’autonomia dei genitori, i quali hanno la facoltà di scegliere l’ordine dei cognomi entro tre giorni dalla nascita. In realtà, già prima di questa riforma, era possibile posporre il cognome paterno a quello materno ma era necessario, a tal fine, seguire una procedura lunga e complessa. Nonostante un progressivo aumento delle richieste, nel 2016 soltanto 2,953 famiglie si sono avvalse di questa possibilità; e, considerato che la Spagna registra all’incirca 420,000 nascite ogni anno, si tratta pur sempre di una ristretta minoranza.³ C’è pertanto chi sostiene che anche il modello spagnolo – pur prevedendo l’obbligo del doppio cognome – è in grado di garantire un’uguaglianza solo parziale, in quanto – nei fatti – quello che resta nel tempo tende ad essere – ancora una volta – il cognome paterno.

La resistenza a riconoscere l’uguaglianza tra i genitori

Sebbene sia importante riflettere ed interrogarsi sul contenuto di un’eventuale legge in materia, è altresì fondamentale ‘relativizzare’ gli effetti che una nuova legge potrebbe avere, almeno nel breve termine. Anche in materia di cognome dei figli (così come lo era stato, per esempio, in materia di unioni civili), il persistente silenzio del Legislatore è soltanto la punta dell’iceberg sotto il quale si cela una società divisa tra tradizione, da un lato, e tutela dei diritti fondamentali, dall’altro. La vicenda italiana – anche alla luce di quella spagnola – ci mostra, infatti, che l’ostacolo più difficile da sormontare non è necessariamente la lentezza dell’iter parlamentare ma, piuttosto, il sostrato culturale che sta dietro questa lentezza e che ha fatto sì che, fino ad oggi, il nostro Parlamento accantonasse la questione del cognome dei figli. Più che per una carenza tecnica, dunque, la legge sembra arenarsi per un impedimento di carattere sostanziale: la resistenza a riconoscere la piena parità tra padre e madre. Sarà interessante vedere se e come, nella pienezza delle sue funzioni, il nuovo Parlamento sarà in grado di garantire la protezione di un diritto fondamentale, ampiamente riconosciuto nel panorama europeo e sancito anche a livello internazionale.

Note

¹ M. Mingoia, Milano il doppio cognome ai figli è un flop. Solo il 3% dei genitori lo richiede, Il Giorno, 23 agosto 2017.

² D. Alfonso, A Genova soltanto 50 coppie scelgono il doppio cognome, La Repubblica, 20 novembre 2017,

³ H. Strange, Spain to scrap ‘sexist’ double barrelled names policy, The Telegraph, 30 giugno 2017.

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