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Il segreto per non perdere la testa? Fare la nonna!

L’importanza dei nonni per le giovani generazioni
Molti lavori accademici mostrano gli effetti positivi che i nonni producono per il fatto di prendersi cura dei nipoti. Sembrano esserci vantaggi per tutti. I nipoti, oltre a farsi viziare dai nonni, beneficiano del rapporto con questi in termini di migliori risultati scolastici e abilità cognitive (Arpino e Bordone, 2012). Le generazioni intermedie “approfittano” dell’aiuto dei nonni nella cura dei propri figli per conciliare più facilmente famiglia e lavoro (vedasi Arpino, Figli e nipoti sono piezze e’core) e decidere con piu serenità di avere un figlio in più (vedasi Meroni, Nonni in Europa ). Infine, anche l’economia nel suo complesso beneficia dei nonni che guardano i nipoti perché ciò permette una maggiore partecipazione delle giovani donne al mercato del lavoro. In pochi, però, si sono interessati agli effetti del “fare i nonni” sui nonni stessi.
Fare la nonna fa male alla salute?
La scarsa letteratura esistente si è focalizzata sulle nonne, poichè sono loro a farsi carico della cura dei nipoti nella maggior parte dei casi. L’evidenza mostra quasi sempre un effetto negativo di “fare la nonna” su diversi aspetti legati a salute e benessere. Tuttavia, questi lavori hanno per lo piú dato attenzione a casi di nonne a cui è affidata la piena custodia dei nipoti. Ma in prevalenza le nonne sono complementari ai genitori e in tale ambito il nostro lavoro analizza l’effetto del prendersi cura dei nipoti sulle capacità cognitive delle nonne.
Use-it-or-lose-it
In un contesto di invecchiamento della popolazione, diventa sempre più importante identificare i fattori che possano aiutare il mantenimento delle abilità cognitive in età avanzate. La cosiddetta teoria “use-it-or-lose-it” (traducibile come “se non lo usi lo perdi”) suggerisce che il cervello umano mantiene le proprie capacità cognitive se queste vengono usate, mentre una mancanza di stimoli può accelerarne il processo degenerativo.
Diversi studi (per esempio Engelhardt et alii, 2010) hanno mostrato come una vita attiva (nel senso di partecipazione al mercato del lavoro, coinvolgimento in attività quali volontariato, gruppi religiosi o politici, circoli ricreativi, corsi per la terza età) abbia un effetto positivo sulle capacità cognitive degli anziani in rapporto ai loro coetanei non (o meno) attivi.
Seguendo questo filone di ricerca, consideriamo il prendersi cura dei nipoti tra le attività stimolanti per il cervello. Molti nonni, infatti, sono soliti aiutare i nipoti nello studio; altri leggono favole, raccontano storie, o giocano con i nipoti, magari anche utilizzando le nuove tecnologie. Ipotizziamo, quindi, che prendersi cura dei nipoti con una certa regolarità (seppure senza sostituirsi ai genitori) possa aiutare il mantenimento delle capacità cognitive.
Una selezione negativa delle nonne?
I dati della Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe (SHARE) sembrano suggerire che prendersi cura dei nipoti, lungi dall’essere positivo per le capacità cognitive delle nonne, sia al contrario negativo. Infatti, la Figura 1 mostra che le nonne che si prendono cura quotidianamente (o quasi) dei nipoti riportano livelli più bassi nei vari test considerati (peggiori prestazioni cognitive).
Questi risultati, però, non sono dovuti ad un effetto negativo di fare la nonna per sé ma piuttosto ad una “selezione negativa” di queste. Vale a dire, le nonne che si prendono cura frequentemente dei nipoti hanno altre caratteristiche associate negativamente alle capacità cognitive: sono in media più anziane, meno istruite e meno coinvolte in attività lavorative e sociali.
La figura 2 mostra i risultati di un modello a variabili strumentali sugli stessi dati. Controllando in questo modo per l’effetto selezione (e cioè depurando i risultati dell’azione delle altre variabili di cui si diceva), prendersi cura dei nipoti risulta avere un chiaro impatto positivo su almeno uno dei test cognitivi considerati (abilità verbale). Per le altre dimensioni, comunque, non troviamo differenze significative tra le donne che curano i nipoti quotidianamente e le altre.
Data l’elevata partecipazione delle nonne alla cura dei nipoti in molti paesi, i nostri risultati sono incoraggianti: fare la nonna non fa male. Anzi, quando vi è un effetto statisticamente significativo, questo è positivo! Pertanto, i nonni che non lavorano, né partecipano ad attività sociali possono compensare (probabilmente solo in parte) gli scarsi stimoli cognitivi prendendosi cura dei propri nipoti.
Per saperne di più
Arpino B., Bordone V. (2012) Does Grandparenting Pay Off? The Effect of Childcare on Grandparents´ Cognitive Functioning. European Demographic Research Papers, 4. Vienna: Vienna Institute of Demography of the Austrian Academy of Sciences.

Engelhardt H., Buber I., Skirbekk V., Prskawetz A. (2010). Social involvement, behavioural risks and cognitive functioning among older people. Ageing & Society, 30 (5), 77

La scarsa letteratura esistente si è focalizzata sulle nonne, poichè sono loro a farsi carico della cura dei nipoti nella maggior parte dei casi. L’evidenza mostra quasi sempre un effetto negativo di “fare la nonna” su diversi aspetti legati a salute e benessere. Tuttavia, questi lavori hanno per lo piú dato attenzione a casi di nonne a cui è affidata la piena custodia dei nipoti. Ma in prevalenza le nonne sono complementari ai genitori e in tale ambito il nostro lavoro analizza l’effetto del prendersi cura dei nipoti sulle capacità cognitive delle nonne.

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