L’attenzione verso i matrimoni misti è cresciuta molto nel mondo occidentale, soprattutto a partire dagli anni Novanta. In Francia, ad esempio, nessuna ricerca statistica era stata prodotta sul fenomeno prima di una specifica indagine Ined-Insee condotta nel 1992.
I matrimoni celebrati annualmente nei quali uno solo dei coniugi è francese (“mariages mixtes”) erano attorno al 5% a metà anni Settanta. L’incidenza ha poi raggiunto l’8% a fine anni Ottanta, ed è recentemente salita sopra il 15%. Rispetto alla situazione italiana, nella quale prevale nettamente il caso di coniuge italiano e sposa straniera (Figura 1), l’assortimento risulta invece molto più equilibrato in Francia: lo sposo è autoctono nel 56% dei matrimoni misti francesi, mentre si sale all’80% in Italia. Gli stranieri più coinvolti nei mariages mixtes sono coloro che provengono dal Nord-Africa (è questo il caso che attira il maggior interesse dei mass media), seguiti da nazionalità europee. Ma molto comuni sono anche i matrimoni con asiatici.
Interessanti sono, infine, le ricadute sulla fecondità. Nel contesto di un paese, come la Francia, nel quale il numero medio di figli per donna è particolarmente elevato rispetto agli altri paesi occidentali, l’aumento maggiore negli ultimi anni è stato proprio quello relativo ai bambini nati da coppie miste, che costituiscono attualmente oltre l’11% delle nascite totali (con un incremento di oltre il 50% negli ultimi dieci anni). Minore è stata invece la crescita dei nati da genitori entrambi stranieri o entrambi francesi. Quella dei figli è una questione cruciale per i matrimoni misti e il loro successo. Come messo in evidenza da un dossier sull’argomento uscito su L’Express il 9 maggio 2002: anche per chi possiede un “esprit large”, la differenza tra culture richiede la ricerca quotidiana di un equilibrio. “La rupture se joue presque toujours autour de l’éducation des enfants”[1].