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La famiglia in disordine: il modello francese

L’Europa si ritrova ormai con un livello di fecondità molto basso (1,5 figli per donna, e ancor meno nei paesi meridionali), e s’interroga sulla crisi della famiglia, sulla discriminazione delle donne nel mondo del lavoro e sull’eventuale riconoscimento delle coppie di fatto. La Francia, invece, col tipico “orgoglio” transalpino, annuncia sulla stampa nazionale il picco delle nascite, 800 mila nel 2006, e il record europeo della fecondità, con un numero medio di figli per donna che si avvicina al fatidico 2,07, il livello di sostituzione delle generazioni.

Una politica attenta alla famiglia

Prima degli altri Paesi europei, la Francia ha capito l’importanza del rapporto tra vecchie e nuove generazioni quando, all’inizio del secolo scorso, si è trovata davanti al problema della denatalità. Per bilanciare l’invecchiamento della popolazione, lo Stato fece allora ricorso all’immigrazione e sviluppò – perfezionandola nel secondo dopoguerra – una forte politica di aiuti alle famiglie. Oltre a concessioni pecuniarie per i figli già nati, che non si interrompono, pur diminuendo progressivamente, fino ai 18 anni, i genitori francesi godono di molti altri vantaggi forniti dalla Caf, la Caisse d’allocations familiales (www.caf.fr): all’ottavo mese di gravidanza, le mamme ricevono il “premio alla nascita”, 855 euro e, se sono sole, viene loro proposta l’allocation parent isolé (sostegno alle madri sole) che varia in funzione del reddito e del numero dei figli.
Ma forse, a fare la differenza, non sono i singoli aiuti ai genitori, talvolta persino meno generosi che altrove: in Francia, ad esempio, il congedo legale di maternità è di 14 settimane, contro le 20 dell’Italia. Il segreto dell’alta natalità francese risiede quasi certamente in una combinazione di aiuti statali, riduzione di tasse, infrastrutture e servizi, ma anche in un modello familiare particolarmente malleabile. In Francia le leggi, che corrono più veloci delle mentalità, oltre ad aver abolito la distinzione tra figlio naturale e legittimo, hanno riconosciuto la famiglia monoparentale e istituito il Pacs, il patto civile di solidarietà, che ha permesso alle coppie omosessuali ed eterosessuali di sancire la loro unione e di accedere ad una serie di diritti civili per il convivente.
Negli ultimi 30 anni, secondo le cifre dell’Insee, L’Istituto nazionale di statistica e di studi economici, mentre il numero di matrimoni è crollato del 30%, i divorzi sono triplicati, e questo ha portato alla forte crescita delle famiglie monoparentali, oggi pari a circa 3 milioni. Risultato: quasi la metà dei bambini francesi nasce fuori dal matrimonio senza provocare scandali, neppure negli ambienti conservatori. La prova è che gli elettori dell’uomo della destra gollista non hanno avuto nulla da ridire di fronte alla famiglia poco tradizionale del nuovo presidente. Nicolas Sarkozy, 52 anni, divorziato e risposato, è stato immortalato in compagnia dei due figli di lei, i due figli di lui e del piccolo Louis, figlio di entrambi. Tutto questo, 40 anni fa non sarebbe stato possibile.
Donne francesi: lavoratrici e madri
Questo modello familiare, consolidatosi sotto la presidenza di Giscard d’Estaing del 1974-1981 (con l’istituzione del divorzio per mutuo consenso, la legge Simone Veil sull’aborto, il passaggio della maggiore età da 21 a 18 anni e un’attiva politica sociale), si è progressivamente caricato di una forte valenza simbolica, incoraggiando le giovani mamme a non rinunciare alla carriera. Secondo l’Insee, la Francia detiene oggi il record delle madri in attività, con il 60 per cento di loro presenti nel mercato del lavoro.
Le cifre di cui si vanta la Francia riposano principalmente sul comportamento delle donne. Come in tutti i paesi industrializzati, la prima gravidanza sopraggiunge tardi, intorno ai 30 anni (rispetto ai 26 del 1997), ma le francesi, a differenza delle italiane, recuperano il ritardo e arrivano rapidamente ad avere il secondo e talvolta anche il terzo figlio. Come riportato dal settimanale Le Nouvel Observateur, il numero di queste nascite, dette dai demografi “tardive”, è triplicato dal 1980 e solo una donna su dieci rimane senza figli – contro una su quattro in Germania, ad esempio.
La parte delle immigrate
Gli osservatori stranieri hanno la tendenza ad attribuire l’elevata fecondità alle molte immigrate. Circa un bambino su cinque, secondo l’Insee, nasce da almeno un genitore straniero. Ma il fenomeno è contenuto perché, come spiega France Prioux (Institut National des Etudes Démographiques), «se è vero che la fecondità delle famiglie immigrate è elevata, quella delle seconde generazioni, nate in Francia, si avvicina invece al modello delle famiglie di origine francese».

Secondo l’inchiesta condotta da Le Nouvel Observateur e pubblicata il 1° marzo 2007, la regione che presenta le cifre record della fecondità è la Seine-Saint-Denis, il dipartimento a ovest di Parigi, dove il 40% delle nascite proviene da madri straniere, destinate però presto a cambiare cittadinanza. Sì, perché i genitori stranieri di un bambino nato in Francia che abbia almeno 13 anni, oppure che sia residente nel Paese dall’età di 8 anni, possono ottenere la nazionalità francese. E’ sicuramente per questo che l’apporto degli stranieri al tasso di natalità è relativamente basso, nonostante una fecondità elevata per le immigrate da meno tempo.

In Francia la nazionalità si fonda sul principio dello ius solis (basta nascere sul territorio francese per acquisire la nazionalità), e non solo su quello dello ius sanguinis (la nazionalità si eredita da uno dei due genitori). Con le leggi sul ricongiungimento familiare sono arrivati, negli ultimi 30 anni, circa dieci milioni di stranieri. Questo fenomeno è all’origine dei numerosi matrimoni misti (20 per cento del totale) e delle nascite da almeno un genitore straniero (19 per cento).
Questa è anche una preoccupazione per almeno una parte della società francese (18 per cento degli elettori) incarnata nel programma di governo dell’estrema destra. Quello che per il leader del Front National è uno «sfacelo morale» che sta portando alla «sostituzione della popolazione», per la psicoanalista Elisabeth Roudinesco (autrice di La famiglia in disordine, Meltemi, 2006), è invece il risultato di un inevitabile, vitale e funzionante adeguamento ai tempi, una riconfigurazione della famiglia tradizionale, e un modello vincente sul piano demografico, che attraversa tutti gli strati della società.
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