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Il costo delle riforme in tempo di crisi

La riforma dell’Isee (l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente), che rappresenta l’indicatore con cui è misurato il benessere economico familiare, è emblematica di quanto sia difficile – ovunque e in generale, ma in particolare nel nostro Paese – attuare una qualche azione redistributiva, che cerchi di aiutare chi ha realmente bisogno. A meno che non si incrementino le risorse e, conseguentemente, anche la platea dei beneficiari.
Ma nell’attuale fase storica le risorse sono scarse ed è ineludibile, oltre che condivisibile, l’istanza di valutare in modo più rigoroso del passato la condizione economica dei soggetti, perché l’obiettivo deve essere quello di tutelare coloro che sono maggiormente svantaggiati e penalizzare l’indebita fruizione di servizi e prestazioni da parte di chi si dichiara magari bisognoso, ma in realtà non lo è. Il nuovo Isee¹ riesce in questo intento? Migliora, cioè, la qualità della spesa sociale, oppure semplicemente la ridimensiona?

Il caso del diritto allo studio universitario

Rispondere a questa domanda, evitando generiche affermazioni di principio, significa misurare gli effetti redistributivi che l’Isee esercita nei diversi ambiti in cui trova applicazione. Con riferimento al diritto allo studio universitario, la risposta è semplice: l’Isee non penalizza i bisognosi, ma migliora la qualità della spesa. Non è detto che questa conclusione valga per tutti gli ambiti, pur se appare probabile, ma in questo lo è. Per comprenderlo occorre focalizzare l’attenzione sulla composizione, piuttosto che sulla dimensione, di coloro che nel nuovo regime sono esclusi dal beneficio della borsa di studio. Quanti sono, ma soprattutto chi sono?

Vincitori e perdenti: quanti?

Schermata 2016-01-18 a 18.15.46Utilizziamo i dati relativi agli studenti toscani, che domandano una borsa di studio. Nel 2015/2016 sono circa 17,5 mila studenti. Di questi circa 3,5 mila sono esclusi per motivi economici e altri mille per motivi di merito, per cui i borsisti si riducono a circa 13 mila. La quota di esclusi per motivi economici è quindi pari al 20 per cento, mentre lo scorso anno era pari al 14 per cento: il nuovo Isee è quindi più selettivo.
Se limitiamo l’analisi agli studenti che sono contemporaneamente presenti negli ultimi due anni accademici (pre e post riforma Isee), osserviamo che, con le nuove regole, perdono il diritto al sussidio monetario 14 studenti su 100 che ieri erano idonei.
Tredici, dei cento, per superamento della soglia patrimoniale, mentre il restante uno per cento per superamento della soglia prevista nella condizione economica generale (reddito, patrimonio e dimensione familiare congiuntamente considerati). Si può discutere a lungo se tale percentuale sia alta o bassa: nelle attuali condizioni della finanza pubblica un certo ridimensionamento della torta rischia di essere inevitabile, ma in ogni caso il modo migliore per formarsi un giudizio è andare a vedere chi sono gli esclusi.

Vincitori e perdenti: chi?

Schermata 2016-01-18 a 18.15.52Ebbene, gli esclusi sono o proprietari di seconde case (76 per cento) o, nel restante 24 per cento dei casi, proprietari di un’unica casa ma “di prestigio”, cioè con rendita catastale quasi doppia (609 euro) rispetto al valore medio (321 euro) di coloro che domandano la borsa. Gli esclusi hanno inoltre una ricchezza mobiliare (42 mila euro) che è due volte superiore a quella (19 mila) degli altri richiedenti. Il nuovo Isee quindi individua gli aventi diritto alla borsa in modo più rigoroso che non in passato.

Quando i beneficiari contano più del beneficio

Tutto bene, quindi? Naturalmente no. Fioccano le proteste e le manifestazioni. Invece che ragionare sul valore della prestazione erogata e richiedere che il valore dei benefici sia commisurato ai costi di mantenimento, il dibattito verte prevalentemente sulla dimensione della platea dei beneficiari. Meglio poco a tanti, che tanto a pochi è una regola di sicuro successo. La giustizia distributiva è però un’altra cosa.

¹ La riforma dell’ISEE, delineata nel decreto “Salva Italia” (n.201/2011) ed introdotta col decreto n.159 del 5 dicembre 2013, interviene a modificare le tre componenti fondamentali che concorrono al valore dell’indicatore: reddito, patrimonio e scala di equivalenza. In particolare è la condizione patrimoniale a subire una rilevante rivalutazione.

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