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Stereotipi di genere: abituiamoci a guardare più a fondo

La recente indagine Istat sugli stereotipi di genere sollecita il commento di Alessandra Minello, che rileva come questi siano più diffusi tra le persone con bassi livelli di istruzione, tra gli anziani e tra i residenti nel Mezzogiorno, e che strategie specifiche di contrasto al fenomeno debbono essere pensate per questi gruppi sociali.

Istat il 25 novembre – giornata internazionale contro la violenza di genere – ha pubblicato un rapporto sugli “Stereotipi di genere e immagine sociale della violenza sessuale“.
Al rapporto è stato dato ampio spazio nei media. La parte sugli stereotipi, seppur passata in sordina rispetto a quella sulla violenza, offre interessanti spunti di riflessione.
Un terzo circa dei rispondenti ritiene che sia più importante per gli uomini avere successo nel lavoro, poiché essi debbono provvedere alle necessità economiche della famiglia e sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche.
Inoltre, dal rapporto emergono tre aspetti di cui si è sentito parlare poco e che sono invece cruciali. La diffusione degli stereotipi – che pure è simile per uomini e donne – è nettamente più marcata al Sud, fra le persone con basso titolo di studio e fra gli anziani.
Ovviamente servirebbero analisi più approfondite, ma questi aspetti pongono la questione in una prospettiva interessante. Il rapporto ha, infatti, l’obiettivo dichiarato di definire il contesto culturale del paese e capire quale sia stato l’impatto delle politiche attuate per prevenire la violenza, che si accompagna alla diffusione degli stereotipi.
È quindi fondamentale puntare il faro sui gruppi sociali dove gli stereotipi di genere sono più diffusi. Sono, infatti, quelli su cui le azioni di prevenzione e di sensibilizzazione fatte finora hanno avuto meno impatto. Le grandi trasformazioni sociali – che pure sono avvenute anche nell’Italia meridionale, fra i ceti meno istruiti e fra gli anziani (categorie che ovviamente possono tra loro sovrapporsi) – non sono state evidentemente accompagnate da un cambiamento della stessa intensità nella visione dei ruoli del maschile e del femminile.
Occorre perciò trovar strumenti adatti a sensibilizzare questi gruppi con nuove strategie, anche per il ruolo centrale che possono avere nell’indirizzare i cambiamenti sociali. Si pensi, ad esempio, al ruolo cruciale che hanno i nonni nel trasmettere idee e valori ai nipoti che in grande numero, in Italia, sono affidati alle loro cure.
Ora che il 25 novembre è passato e che i riflettori sul problema si sono già spenti, è il momento di iniziare a riflettere a mente lucida, e a pensare a strategie efficaci per costruire un futuro che sia per tutti libero da stereotipi.

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