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Divorziare da stranieri (e non solo) in Italia

In un panorama di progressivo consolidamento dell’Italia come paese di immigrazione e di sostenuta crescita del ricorso al divorzio, anche i divorzi con almeno un coniuge straniero o di origine straniera registrano alcuni interessanti cambiamenti. Conti e Guarneri, tenendo conto anche dei “nuovi cittadini”, raccontano quanto si divorzia e soprattutto chi divorzia.

Un quadro in trasformazione

In un panorama di progressivo consolidamento dell’Italia come paese di immigrazione e di sostenuta crescita del ricorso al divorzio, è necessario tenere conto anche della instabilità coniugale delle coppie in cui entrambi o almeno uno dei coniugi abbia origine straniera. Chi sposa un cittadino italiano può richiedere la cittadinanza per matrimonio e può quindi capitare frequentemente che un matrimonio con almeno un coniuge di origine straniera finisca in un divorzio in cui uno o entrambi i coniugi abbiano acquisito la cittadinanza italiana.

Siccome i dati ufficiali si concentrano sui divorzi avvenuti in Italia, bisogna tener conto delle maggiori difficoltà che comporta il percorso italiano in cui occorrono due passaggi per porre fino al matrimonio. E’ quindi ipotizzabile che le le coppie, potendo scegliere, abbiano preferito sciogliere l’unione all’estero adottando quello che viene definito come forum shopping ovvero il ricorso al tribunale con i tempi e i costi più favorevoli. Le modifiche legislative introdotte nel 2014 e nel 2015 (Decreto-legge 132/2014 e legge 55/2015) tuttavia hanno semplificato le procedure e i costi (soprattutto in assenza di figli minori) e hanno ridotto l’intervallo tra separazione e divorzio, rendendo “meno svantaggioso” divorziare nel nostro Paese.    

Più divorzi per stranieri e nuovi italiani

L’andamento dei divorzi delle coppie con almeno un coniuge straniero (o di origine straniera) è necessariamente legato anche all’evoluzione del fenomeno della nuzialità degli stranieri in Italia e alla numerosità della loro presenza. Oggi quasi 2 matrimoni su 10 coinvolgono almeno uno sposo straniero (34.185 nel 2019); di questi circa il 70% è rappresentato da coppie miste. Tra gli esposti al rischio di divorziare in Italia vanno poi inclusi anche coloro che si sono sposati all’estero e poi si sono trasferiti in Italia.

I divorzi verificatisi in Italia che hanno visto coinvolto almeno un coniuge straniero o di origine straniera sono passati dai 2.093 dell’anno 2000 agli 11.532 del 2018. Naturalmente in questo periodo la presenza straniera nel nostro Paese non solo è cresciuta, ma è diventata più complessa radicandosi sul territorio. Tuttavia la divorzialità che interessa i cittadini stranieri o con background straniero sembra essere in espansione. Per avere un’idea nel 2000 c’erano 1,6 divorzi ogni mille residenti stranieri, nel 2018 2,2 per mille. Naturalmente il rapporto non tiene conto di molti aspetti tra i quali quello dell’acquisizione di cittadinanza, ma serve a comprendere che l’incremento non è legato solo all’aumento della presenza straniera. Entrano in gioco altri fattori quali la stabilizzazione sul territorio e l’integrazione che portano i cittadini di origine straniera a vivere i diversi fenomeni demografici in Italia: dal matrimonio alla nascita dei figli, al divorzio. L’accelerazione osservabile negli ultimi anni è in larga parte legata all’aumento generalizzato dei divorzi come conseguenza della riduzione dei tempi per poterne fare richiesta. Tuttavia, la quota dei divorzi con almeno un coniuge straniero o di origine straniera sul totale dei divorzi, in quasi 20 anni, è più che raddoppiata (dal 5,6% al 13,0%) (Figura 1).

La flessione osservabile nel 2013 potrebbe essere in parte riconducibile alla norma introdotta nel 2009 per scoraggiare i matrimoni di comodo (misti tra stranieri e italiani). Tale modifica legislativa è stata poi ritenuta costituzionalmente illegittima a metà 2011 (sentenza della Corte Costituzionale n.245/2011); questo blocco ha fatto sì che vi sia stato un rallentamento sostanziale nei matrimoni con almeno uno straniero seguito da un successivo parziale recupero che potrebbe essersi anche ripercosso sull’instabilità coniugale.

Chi divorzia?

Focalizzando l’attenzione sul 2018, i paesi di cittadinanza maggiormente rappresentati per i divorziati stranieri sono il Marocco (20,5% sul totale dei divorziati stranieri), l’Albania (13,2%), la Romania (10,7%), Tunisia (9,2%) ed Egitto (7,0%). Se, invece, consideriamo i paesi di cittadinanza delle divorziate straniere in cima alla graduatoria vi è Romania (14,3%) seguita da Marocco (6,8%), Brasile (6,4%), Albania (5,9%), Cuba (5,4%) e Ucraina (4,9%).

All’interno del collettivo fin qui considerato la tipologia maggiormente rappresentata è quella delle coppie in cui un coniuge è italiano dalla nascita e l’altro italiano acquisito o straniero (“coppie miste”) (Figura 2). Questa tipologia, tuttavia, tra 2000 e 2018, denota un progressivo ridimensionamento (dal 92,7% all’83,7% sul totale dei divorzi con almeno un coniuge straniero o di origine straniera).

Nei divorzi da coppie miste, 2 su 3 riguardano coppie con marito italiano per nascita e moglie straniera o italiana per acquisizione; tale quota si presenta molto stabile nel tempo e del tutto coerente con la tipologia più frequente di matrimoni misti celebrati nel nostro Paese (nel 2019 il 9,7% del totale delle nozze è stato tra uno sposo italiano e una sposa straniera).

Nel corso degli anni la quota di persone di origine straniera che divorziano in Italia è aumentata, soprattutto tra le donne. La quota di donne straniere che ha divorziato nel 2018 è pari al 6,1% e quella di italiane per acquisizione al 3,5%. Nel 2008 le quote erano rispettivamente l’1,2% e il 3,2%. Salta agli occhi che in passato, all’opposto di quanto avviene oggi, la divorzialità era maggiore per le donne che avevano acquisito la cittadinanza rispetto a quella delle straniere. Nei divorzi conclusi nel 2018, la durata media del matrimonio è di 13 anni se la moglie è straniera e di 16 se  la moglie ha acquisito la cittadinanza italiana

La questione è complessa, connessa alle dinamiche migratorie e matrimoniali nonché alle modifiche legislative (sull’immigrazione, sull’acquisizione di cittadinanza e sul divorzio). Negli anni a venire sarà interessante monitorare l’instabilità coniugale delle coppie con almeno un coniuge straniero; un collettivo che per sua natura si presenta particolarmente dinamico e suscettibile a modifiche sia nella sua struttura (cambiamenti in primis nelle collettività maggiormente presenti in Italia) sia nella propensione a sposarsi e, infine, a porre termine alla propria unione.

Per saperne di più

Istat (2021), Matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi. Anno 2019, Statistiche Report, 18 febbraio 2021.

Istat – Banche dati Serie Storiche e I.Stat

*Nota

Le opinioni qui espresse sono quelle degli autori e non coincidono necessariamente con quelle dell’Istituto di appartenenza.

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