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I decessi in Europa durante la pandemia di COVID-19

Difficile dubitare che il 2020 e il 2021 saranno ricordati come gli anni della pandemia di COVID-19, con l’aumento della mortalità in tutti i paesi del mondo. Da aprile 2020 Eurostat sta raccogliendo e pubblicando i dati relativi ai decessi ad intervalli settimanali per quasi tutti i paesi europei, non solo per gli ultimi due anni ma anche per quelli precedenti, per consentire di quantificare l’incremento registrato durante i mesi di pandemia. Un insieme informativo che consente a Corrado Bonifazi, Daniele De Rocchi, Frank Heins e Giacomo Panzeri di analizzare e confrontare l’impatto della pandemia in alcuni paesi europei.

Il 2020 è l’anno dell’arrivo del virus SARS-CoV-2, responsabile della pandemia mondiale di COVID-191 Un evento che ha riportato alla memoria l’influenza spagnola di un secolo fa, anche se rispetto ai primi decenni del XX secolo sono radicalmente cambiate le circostanze che hanno permesso all’epidemia di propagarsi così rapidamente2. La prima guerra mondiale, con i relativi spostamenti delle truppe, aveva infatti creato un terreno estremamente favorevole alla diffusione di un virus trasmissibile da persona a persona. Malnutrizione, sovraffollamento e condizioni igieniche precarie nelle trincee e nelle retrovie avevano poi contribuito a facilitarne la propagazione.  Cent’anni dopo, è stata l’elevata mobilità delle popolazioni, che coinvolge praticamente tutti i paesi del pianeta, a consentire al virus SARS-CoV-2 di propagarsi e diffondersi. Anche se, rispetto ai tempi della spagnola, si è stati in grado di individuare in una settimana l’agente patogeno e in meno di un anno di sviluppare diversi vaccini efficaci, la pandemia è ancora fuori controllo in gran parte del mondo ed è difficile intravederne, a più di un anno dal suo avvio, la fine.

La diffusione del COVID-19

 Il 31 dicembre 2019 vengono riscontrati in Cina casi di una malattia ignota, simile alla polmonite. Una settimana dopo, il 7 gennaio, da Pechino viene comunicato che la causa è stata individuata in un nuovo ceppo virale della famiglia di SARS e MERS3, denominato 2019-nCov. Quattro giorni dopo viene confermata la prima vittima sul territorio cinese. Il coinvolgimento diretto del vecchio continente viene accertato in Francia il 24 gennaio: tre persone di ritorno dalla Cina, una a Bordeaux e due a Parigi, risultano positive al virus. Il primo caso di contagio avvenuto in Europa viene registrato il 27 gennaio in Germania mentre, due giorni dopo, a Roma vengono ricoverati due turisti cinesi positivi al nuovo virus. Il giorno successivo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiara l’emergenza globale di salute pubblica che implica l’adozione di misure di prevenzione coordinate a livello mondiale.

Per permettere di misurare l’andamento della mortalità, Eurostat ha iniziato dal mese di aprile a mettere a disposizione i dati, costantemente aggiornati, sui decessi settimanali, per genere, per 37 paesi europei4. In questo articolo, utilizzando tali informazioni, sono state calcolate le variazioni percentuali5 tra i decessi settimanali cumulati a partire dalla prima settimana del 2020 e quelli del quinquennio 2015-20196 (in media) con l’intento di stimare l’eccesso registrato in alcuni paesi europei7.

Gli effetti della prima ondata

Nella Figura 1 è possibile osservare gli andamenti delle variazioni percentuali nel numero di decessi cumulati dall’inizio del 2020 a metà aprile del 2021 con il quinquennio 2015-2019. Valori positivi indicano ovviamente un aumento del numero dei decessi rispetto al periodo di riferimento, mentre valori negativi denotano una diminuzione.

L’inizio del 2020 è stato caratterizzato in tutti i paesi da un numero di decessi inferiore agli anni precedenti almeno per le prime otto settimane8. Unica eccezione è la Grecia che sperimenta un leggero incremento già a partire dalla quarta settimana dell’anno. Andamento che però rimane tendenzialmente stabile nelle successive settimane di diffusione del COVID-19, con un incremento intorno al +3%.

In Italia nei primi due mesi del 2020 si osserva un numero di decessi inferiore agli anni precedenti di circa il 5%. Dalla 8a settimana invece (24 febbraio-1° marzo) il nostro paese registra un’impennata nei valori che, nell’arco di due settimane, fa sì che il vantaggio si azzeri e si inizi a registrare un aumento sempre maggiore. L’Italia è il primo paese europeo a registrare una forte crescita del numero dei decessi e a sperimentare la prima ondata della pandemia. A causa della rapida propagazione del virus, martedì 10 marzo viene proclamato in Italia il primo lockdown nazionale con il divieto per la popolazione di uscire dalle proprie abitazioni se non per esigenze lavorative, motivi di salute e per procurarsi generi e servizi di prima necessità.

In Italia, la crescita della curva inizia a rallentare solo intorno alla 15a settimana (6-12 aprile), dopo circa un mese quindi, e raggiunge l’apice in prossimità della diciassettesima (20-26 aprile). Dopo aver toccato un picco massimo di incremento del 18,5%, il rapporto tra i decessi del 2020 e dei cinque anni precedenti comincia a diminuire scendendo sotto quota 10% a metà del mese di ottobre (42a settimana), per tornare però a superarla dopo solo qualche settimana.

Cronologicamente, la Spagna segue l’Italia in termini di aumento dei decessi registrando una crescita ancor più repentina, che rallenta e si arresta intorno alla 17a settimana (20-26 aprile), raggiungendo, in termini di variazione tra 2020 e i cinque anni precedenti, un picco massimo più elevato (+26%). La successiva diminuzione è per alcune settimane simile a quella italiana con le due curve che decrescono quasi parallelamente.

Il Regno Unito ha subito, dopo la Spagna, il maggior incremento di decessi dall’inizio della pandemia, confrontati con i valori dei precedenti cinque anni, ma, rispetto a quest’ultima e all’Italia, ha sperimentato questo aumento due settimane più tardi, protraendo la crescita della curva fino alla diciottesima settimana e arrivando ad una variazione massima di +21,2% nella ventunesima (18-24 maggio). Anche le restrizioni alla popolazione sono arrivate più tardi con la raccomandazione di non uscire dalle proprie abitazioni emanata il 16 marzo, mentre il lockdown nazionale è stato imposto solo il 24 marzo.

Andamenti simili vengono registrati in Francia, Belgio e Paesi Bassi, anche se con aumenti di minore intensità e con inizi della crescita posticipati di un paio di settimane rispetto all’Italia. Va sottolineato come nei primi due paesi siano state adottate misure di lockdown simili a quelle di Italia e Spagna per quasi due mesi, mentre in Olanda la fase di chiusura è stata più leggera, senza l’obbligo ma con solo la raccomandazione di rimanere nelle proprie abitazioni.

In Svezia l’aumento del numero dei decessi è iniziato ancora più tardi raggiungendo un massimo del 9,1%, in assenza per altro di misure restrittive rigide come è avvenuto in altri paesi.

Profili diversi presentano la Germania e la già ricordata Grecia. Nel primo caso, in particolare, nei mesi in cui gli altri paesi hanno subito forti aumenti del numero dei decessi, non veniva praticamente registrata alcuna variazione, con una curva che si manteneva in prossimità dello zero, pur non essendo stato adottato un lockdown totale a livello nazionale e si fosse agito solo a livello regionale, con la raccomandazione di uscire unicamente per motivi urgenti ed essenziali.

Nel momento in cui il Regno Unito, per ultimo, raggiunge il picco di aumento e inizia ad osservarsi un trend decrescente, sembra concludersi, nella terza settimana di maggio, la prima ondata della pandemia in Europa.

La seconda ondata

In tutti i paesi descritti, dopo aver raggiunto un picco tra aprile e maggio, si osserva una diminuzione delle variazioni del numero di decessi cumulati rispetto al valore di riferimento: è la fase di transizione. Le misure di distanziamento sociale e di contenimento della pandemia mostrano i loro effetti e si realizza un assorbimento dello choc di mortalità. Tuttavia si tratta di un assorbimento parziale in termini sia di intensità, visto che nessun paese riesce a recuperare completamente l’incremento registrato, che temporali, dato che nelle settimane successive si osserverà un nuovo peggioramento generale. Durante la fase di transizione, coincidente con i mesi estivi, i sistemi sanitari dei vari paesi sono infatti riusciti a riprendere il controllo della situazione, ma l’interruzione delle misure di contenimento ha determinato un aumento dell’esposizione al rischio di contagio, conducendo inevitabilmente, nell’autunno, all’inizio di una seconda ondata della pandemia.

A partire dalla 41a settimana del 2020 (5-11 ottobre), le curve di quasi tutti i paesi rappresentati hanno infatti interrotto la discesa e l’eccesso di decessi rispetto al periodo di riferimento ha ripreso nuovamente ad aumentare.

Francia, Belgio e Italia sono i paesi che per primi sperimentano un nuovo netto aumento della variazione percentuale, evidenziando l’importanza e l’utilità dei provvedimenti di distanziamento sociale varati nei mesi della prima ondata. Nel nostro paese l’andamento crescente dei decessi si è protratto fino alla fine del 2020: l’eccesso rispetto al quinquennio di riferimento è aumentato di 5 punti percentuali toccando il 15% nella 52a settimana. Le nuove misure di distanziamento sociale differenziate per regione, in vigore dal 6 novembre 2020 (45a settimana), sembrano mostrare i loro effetti nelle prime settimane del nuovo anno con la curva che torna a diminuire.

In Spagna la seconda ondata della pandemia sembra aver avuto un impatto più limitato, ma i valori sono rimasti comunque elevati. In Francia nel mese di dicembre si è raggiunto un eccesso di decessi del 10% rispetto al quinquennio precedente. Un aumento che, all’inizio dell’autunno, ha portato il governo francese ad istituire un lockdown generale dal 28 ottobre fino al 14 dicembre; i risultati di questa misura di distanziamento sociale si possono vedere dall’appiattimento della curva a partire dalla 50a settimana, il che indica come dalla fine del 2020 il numero dei decessi sia tornato allo stesso livello del quinquennio di riferimento.

Andamento simile a quello italiano si osserva in Belgio, con un incremento dei decessi che raggiunge il suo massimo nella 52a settimana facendo registrare un aumento del 15% rispetto alla media 2015-2019, medesimo valore raggiunto durante la prima ondata nella 19a settimana (4-10 maggio 2020). La discesa della curva è però più rapida di quella del nostro paese, e riporta l’eccesso di decessi attorno al 10%, in linea con quanto si registrava nel paese nel periodo estivo.

Nei Paesi Bassi e in Svezia l’impatto della seconda ondata ha caratterizzato anche l’inizio del 2021. L’andamento nei due paesi a partire dall’ultimo trimestre dello scorso anno è molto simile, le due curve rimangono parallele sia nella crescita sia nella successiva discesa. Nei Paesi Bassi per circoscrivere l’emergenza sono state adottate misure a livello nazionale con alcune restrizioni riguardanti la chiusura di attività ricreative come teatri e cinema e la parziale chiusura di negozi e centri commerciali, nonché la raccomandazione di non ricevere in casa più di due ospiti e di uscire da soli o con persone appartenenti al proprio nucleo familiare; la Svezia invece ha continuato a non introdurre restrizioni alla circolazione della popolazione. Questa strategia è stata contestata da chi riteneva che se si fosse seguita la strada adottata in altri paesi europei l’eccesso nel numero di decessi sarebbe potuto essere minore9, anche se va riconosciuto come, insieme a Germania e Grecia, la Svezia abbia evidenziato l’eccesso di decessi più contenuto rispetto ai paesi analizzati.

Germania e Grecia che, durante la prima ondata, avevano registrato limitate variazioni nel numero di decessi rispetto al periodo di riferimento, nella seconda presentano un aumento continuo che si interrompe solo alla fine del 2020 nel primo e all’inizio del 2021 nel secondo paese. Nel Regno Unito, invece, si osserva un deciso aumento dei decessi all’inizio del 2021 con la curva che supera il 15% nell’eccesso dei decessi, una delle variazioni percentuali più elevate.

In effetti, a metà aprile 2021, i nove paesi considerati in termini di incremento complessivo di decessi delineano tre situazioni diverse, anche se per effetto, come si è visto, di percorsi differenti. Spagna, Regno Unito e Italia sono i tre paesi più colpiti con un incremento nell’ordine del 15%; un livello di aumento medio attorno al 10% caratterizza Belgio, Paesi Bassi e Francia; mentre Svezia, Grecia e Germania presentano l’incremento più contenuto, con valori di circa il 5%. Si tratta evidentemente di un bilancio ancora parziale, visto che la pandemia è tutt’altro che conclusa, ma delinea differenze importanti che andranno approfondite per stabilire le ragioni di impatti così diversi.


Fonte figura 1 – ec.europa.eu


1 Dal numero dei morti alla mortalità – Neodemos 11/05/2021

2 Migrazioni di virus a cura diCorrado Bonifazi, Maria Eugenia Cadeddu, Cristina Marras

3 Severe Acute Respiratory Syndrome e Middle East Respiratory Syndrome, rispettivamente.

4 Eurostat – Deaths by week and sex, ultimo accesso ai dati effettuato il 28 aprile 2021.

5 Un tipo di dati che abbiamo utilizzato per l’Italia in un precedente articolo, La mortalità durante la pandemia di COVID-19 nei Sistemi Locali del Lavoro – Neodemos 17/06/2020
e nel IRPPS Working Paper 127 ‘La mortalità nei Sistemi Locali del Lavoro durante la prima ondata della pandemia di COVID-19’ []

7 Utilizzando dati cumulati, per il 2021 i valori sono stati sommati a quelli del 2020, mentre, al denominatore, si sono via via aggiunte le medie settimanali dei 5 anni presi a riferimento. 

8 Le differenze osservate fra i paesi europei in queste prime settimane sono probabilmente in parte dovute agli effetti delle influenze stagionali durante il periodo di osservazione o durante il periodo di confronto 2015-2019.

9 Claeson M., Hanson S. The Swedish COVID-19 strategy revised. The Lancet, 2021.