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Stranieri e mercato del lavoro

I cittadini stranieri rappresentano ormai una componente molto rilevante del mercato del lavoro italiano (oltre il 10%), ma il processo di integrazione è lento e difficoltoso, e gli stranieri sono spesso confinati in comparti e  posizioni a bassa qualifica, sia nei servizi sia nell’industria.

Chi fa i lavori più umili?
Ce lo confermano i dati della Rilevazione Continua sulle Forze Lavoro (RCFL) dell’Istat. Se ci si limita ai principali paesi di provenienza, si può costruire la Figura 1 in cui spicca, appunto, la concentrazione dell’occupazione straniera in lavori a bassa specializzazione [1], sebbene con alcune significative differenze in base alla provenienza.
Certo, le quote della Figura 1 sono “sporcate” da alcuni elementi non tenuti sotto controllo, come ad esempio l’età, il sesso, l’area di residenza, il grado di istruzione degli stranieri rispetto agli italiani. Ma se, con un opportuno modello (logistico), si calcola la probabilità di svolgere un lavoro non qualificato [2] al netto di tutti questi elementi di disturbo, i risultati che si ottengono rafforzano le tendenze di fondo emerse dall’analisi descrittiva: ceteris paribus uno straniero manifesta una probabilità decisamente superiore a un italiano di svolgere un lavoro a bassa qualifica (figura 2).
Ci sono naturalmente alcune eccezioni: ad esempio, i cittadini dei Paesi a sviluppo avanzato (PSA) appaiono avvantaggiati rispetto agli italiani, mentre i cinesi hanno un rischio relativo praticamente uguale a quelli degli italiani, probabilmente grazie all’elevato numero di attività autonome imprenditoriali. Ma per gli altri stranieri il rischio di svolgere un lavoro a bassa qualifica è, rispetto agli italiani, almeno doppio, e spesso ancora più alto.

Un affare (anche e forse soprattutto) di donne
Anche le differenze di genere risultano rilevanti. Si può notare, infatti, come sia significativo lo svantaggio delle donne straniere rispetto alle italiane in quanto le difficoltà di pieno inserimento nel mercato del lavoro della popolazione immigrata si accentuano per le donne.
La figura 2 mostra, inoltre, delle fortissime differenze di genere. Per gli ucraini, ad esempio, il rischio di svolgere un’occupazione a bassa qualifica rispetto agli italiani è “solo” 3 per gli uomini e ben 50 volte per le donne.

Bibliografia
Albisinni M., Pintaldi F., Sabbadini L.L., «Il mercato del lavoro degli immigrati», in Barbagli M. (a cura di), 1° Rapporto sugli immigrati in Italia, Ministero dell’Interno, 2007, pp.186-217.
Cardone P.E., Stranieri e Mercato del Lavoro: un’analisi basata sull’indagine Forze di Lavoro (RCFL), tesi di laurea magistrale, Facoltà di Ingegneria dell’Informazione, Informatica e Statistica, Sapienza Università di Roma, 2013.
Gabrielli G., Salaris L., «L’altra faccia della medaglia. Sottoccupazione, segregazione e sottoinquadramento dei lavoratori stranieri in Italia» http://neodemos.it , 2013.


[1] Le professioni qualificate comprendono i gruppi I, II e III della “Classificazione delle professioni 2001”; le attività del commercio e dei servizi i gruppi IV e V; gli operai, i gruppi VI e VII; le professioni non qualificate, il gruppo VIII. La classificazione Istat delle professioni è consultabile on line all’indirizzo http://professioni.istat.it.
[2] La categoria dei lavori a medio-alta qualifica comprende i gruppi professionali VII e VIII della classificazione ISTAT. Le variabili di controllo inserite nel modello sono:  genere, età, titolo di studio e tipologia familiare, area territoriale, categoria professionale, tempo pieno o parziale, tipologia contrattuale, stabilità della carriera lavorativa.

 

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