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Il voto degli insoddisfatti

I risultati delle ultime elezioni hanno sorpreso molti osservatori, anche perché, come avviene  ormai da alcuni anni, le previsioni basate sui sondaggi non sono andate molto vicine al vero. Le analisi successive, come sempre avviene in questi casi, sono state intense, e hanno considerando anche aspetti demografici, come ad esempio il voto dei giovani (v., tra gli altri, Un Grillo nella testa dei giovani). Ma, forse, può valere la pena considerare la distribuzione territoriale del voto in relazione anche con un aspetto sin qui poco considerato: la soddisfazione o insoddisfazione per la propria situazione economica.

Il Popolo dell’insoddisfazione
A conti fatti, l’insoddisfazione economica pare (geograficamente) intercettata meglio dal voto per il Popolo della Libertà, che non da quello per tutti gli altri partiti, compreso il movimento di Grillo, notoriamente rivolto ad un elettorato “in protesta”.
Nella figura 1 è rappresentata la relazione tra percentuale di preferenze ottenute dal Pdl nelle scorse consultazioni politiche (Camera, fonte Ministero dell’Interno) e la soddisfazione economica media delle regioni considerate. La variabile “soddisfazione economica” è espressa come percentuale di individui di 14 anni o più che si sono definiti “molto soddisfatti” o “abbastanza soddisfatti” della loro situazione economica nel 2012 (ISTAT, Indagine multiscopo sulle famiglie italiane).
I dati sono aggregati a livello regionale e, a questo livello, si nota una significativa relazione inversa: al crescere della soddisfazione economica corrisponde un calo del successo elettorale del Pdl.
L’ex “Forza Italia”, quindi, ha conservato un notevole appeal nelle regioni economicamente più insoddisfatte. Si tratta dell’unico partito per il quale è emersa una relazione di questo tipo. Lo stesso Movimento Cinque Stelle, ad esempio, calamita naturale del cosiddetto “voto di protesta”, sembra avere avuto un consenso più trasversale: nella figura 2 si vede infatti che non c’è alcune relazione tra i voti al Movimento Cinque Stelle e la soddisfazione economica media degli intervistati dall’Istat.
In definitiva, la variabile “soddisfazione economica” sembra essere un predittore migliore per il successo elettorale del partito di Berlusconi piuttosto che per quello di qualunque altra formazione politica. Certo, le correlazioni “ecologiche” (basate cioè sui valori medi di una certa area territoriale e non sui dati individuali) sono sempre pericolose: con esse possono emergere relazioni “apparenti”, che non valgono a livello individuale, così come può capitare  il caso contrario: relazioni che pure esistono a livello individuale non sempre risaltano nei dati ecologici.
E tuttavia si tratta di una indicazione che potrebbe, forse, meritare in futuro maggiori analisi e approfondimenti.

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