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Tre riflessioni sul quoziente familiare

Il quoziente familiare è un modo di tassazione del reddito periodicamente suggerito in Italia come strumento di aiuto alla famiglia. E’ un coefficiente con cui si divide il reddito totale del nucleo familiare, prima di applicare le aliquote dell’imposta progressiva sul reddito. L’imposta così ottenuta deve essere nuovamente moltiplicata per tale coefficiente per avere l’imposta totale dovuta dal nucleo familiare.
In Francia tale coefficiente è pari a 2 per una coppia senza figli; a 2,5 per una coppia con 1 figlio; a 3 per una coppia con 2 figli; 4 per una coppia con 3 figli, ecc. Anche altri paesi, tra cui ad esempio USA e Germania, adottano la tassazione familiare, con la tecnica dello splitting: i contribuenti sommano i redditi della coppia e, prima di applicare le aliquote e gli scaglioni dell’imposta sul reddito, li dividono per un coefficiente fisso, pari a 2, che non cambia al variare del numero di figli. Il confronto tra tassazione individuale del reddito, adottata in Italia dopo una celebre sentenza della Corte Costituzionale del 1976, e tassazione familiare, scelta da Francia, Germania e USA, può essere condotto considerando più aspetti: le possibilità che si hanno in ciascun sistema di eludere il fisco, gli incentivi alla fecondità, la progressività dell’imposta e, soprattutto, gli incentivi all’offerta di lavoro dei coniugi. Nel dibattito italiano, il principale argomento dei sostenitori del quoziente francese è il vantaggio fiscale, in termini di riduzione di imposta, che questo strumento assicura ai nuclei numerosi e quindi -si dice- l’incentivo alla fecondità. Gli argomenti contro questo strumento sono però altrettanto rilevanti e sicuramente più numerosi.


Problemi di gettito

In primo luogo, è necessario precisare che il passaggio dalla tassazione individuale alla tassazione familiare comporta, ceteris paribus, una perdita di gettito, stimata tra il 2 e il 3 per cento . Questo accade perché la divisione del reddito per un coefficiente, qualsiasi esso sia, abbatte l’imponibile e, per conseguenza, il gettito ottenibile con una data imposta progressiva. Il gettito potrebbe essere “recuperato” solo aumentando le aliquote marginali. Escludendo una revisione verso l’alto delle aliquote marginali e ammettendo l’opportunità di destinare risorse pubbliche a sostegno della famiglia, si tratta di capire se questo tipo di riforma possa favorire le nascite; in altri termini è opportuno chiedersi se lo strumento tributario sia adatto a raggiungere tale obiettivo, rispetto, ad esempio, al potenziamento dei servizi pubblici per l’infanzia. Per altro, il vantaggio fiscale ai nuclei numerosi può essere assicurato anche con le detrazioni per carichi familiari mantenendo la tassazione individuale, ovvero lasciando inalterata la struttura dell’imposta sul reddito e aumentando l’ammontare delle detrazioni. Le detrazioni, inoltre, sono diversificabili in base al livello di reddito dei contribuenti e quindi possono essere più consistenti per i nuclei che oltre ad essere numerosi sono anche bisognosi.


A chi ha, sarà dato?

Questa considerazione permette di introdurre il secondo svantaggio del quoziente francese. Nel passaggio dalla tassazione individuale a quella familiare, infatti, si assicurerebbe un vantaggio ai nuclei familiari più ricchi. In pratica, il fatto di dividere il reddito per un coefficiente che non varia al variare del reddito riduce automaticamente la progressività dell’imposta (a meno di una revisione in alto delle aliquote marginali). Nel grafico che segue è riportata una simulazione del vantaggio teorico derivante dal passaggio dalla tassazione individuale a quella familiare per alcune famiglie tipo, distinte per reddito complessivo e per ripartizione del reddito tra i coniugi . In particolare, la linea azzurra indica il vantaggio (nullo) che la riforma attribuirebbe ai nuclei il cui reddito è perfettamente equiripartito. La linea rosa indica i nuclei monoreddito, per i quali la quota di reddito del secondo coniuge è pari a zero, e che trarrebbero un vantaggio tanto più alto quanto più alto è il loro reddito. La linea blu rappresenta i nuclei in cui il secondo coniuge ha un reddito pari ad un terzo, mentre la linea gialla quelli per i quali tale quota è pari a un quarto. Anche in questi due casi, pur se con andamento della curva più irregolare, si evidenzia un vantaggio sostanziale per le fasce di reddito alte.

Women go home!

Il terzo svantaggio della tassazione familiare (che si adotti il quoziente francese o lo splitting tedesco) è che non distingue se uno stesso reddito è percepito da uno o più soggetti e, quindi, non incoraggia il secondo coniuge ad offrire lavoro. Per capire meglio, se si ipotizza un’imposta con le stesse aliquote e scaglioni, l’ammontare dovuto da due coniugi, entrambi lavoratori, con il sistema a tassazione individuale è inferiore a quanto dovuto da un unico contribuente che guadagni la stessa somma da solo e con il coniuge a carico. Con la tassazione familiare, invece, l’imposta dovuta è la stessa nei due casi. Se si considera che, in Italia, la donna è il coniuge che ha il reddito inferiore nel 90 per cento dei nuclei , è evidente che il passaggio dalla tassazione individuale e progressiva (che assicura a chi ha un reddito più basso un carico tributario inferiore) ad una tassazione progressiva familiare (che assegna l’aliquota sul complesso del reddito del nucleo) comporterebbe una riduzione dell’incentivo ad offrire lavoro che il nostro sistema tributario ora accorda alle donne. Un “effetto collaterale” di questo tipo appare particolarmente controindicato se si ricorda che il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro in Italia è di poco superiore al 40 per cento, che la media europea è superiore al 50 per cento e che l’obiettivo posto a Lisbona per il 2010 è il 60 per cento.

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