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Toh, una nuova sanatoria!

Un’altra regolarizzazione

Dopo aver introdotto, con il pacchetto sicurezza, nuove norme per contrastare l’immigrazione irregolare, e di fatto peggiorando anche la condizione di chi è già regolarmente presente nel paese (v. L. Prencipe, “Sicurezza e immigrazione”), il governo Berlusconi ha dato il via, con il decreto anti-crisi, a una nuova sanatoria per colf e badanti.La tempistica ricorda quanto già avvenuto con la Bossi-Fini ed era largamente prevedibile, visto che, secondo le stime dell’Ismu, gli irregolari erano già 650 mila all’inizio del 2008. E non era certo pensabile che si potesse scaricare, dall’oggi al domani, su un sistema giudiziario in perenne difficoltà come il nostro, un problema di queste dimensioni, come di fatto implica il nuovo reato di  ingresso e soggiorno illegale.

I provvedimenti introdotti confermano, nella sostanza, quel modello della “regolarizzazione ricorrente” che dagli anni ottanta caratterizza l’approccio italiano all’immigrazione. Nella scorsa legislatura, la proposta di legge Amato-Ferrero (v. C. Bonifazi e M. Livi Bacci, “Una nuova legge sull’immigrazione“) era anche un tentativo di trovare un modo più efficace e razionale per gestire i flussi di immigrazione regolare, evitando il ricorso a continue sanatorie. Un tema che, purtroppo, appare ormai relegato ai margini dell’agenda politica del paese, nonostante il continuo riformarsi di un vasto bacino di irregolarità non possa certo essere esclusivamente attribuito agli scarsi controlli e all’inadeguatezza della normativa, ma vada piuttosto ricercato nella strutturalità delle cause dell’immigrazione (v. C. Bonifazi, “L’immigrazione è solo un problema di sicurezza?”).

 

Non tutti sanno che in questi anni l’immigrazione in Italia è cresciuta come in Germania negli anni del boom economico

Attualmente il rapporto tra fattori attrattivi e flussi migratori è meno diretto e visibile di quanto non avvenisse nel secondo dopoguerra, ma non per questo è diventato meno intenso. Se, ad esempio, confrontiamo la dinamica del fenomeno in Italia, dall’inizio degli anni novanta ad oggi, con quella registrata in Germania, dall’avvio del sistema di reclutamento dei lavoratori stranieri nel 1955 sino alla chiusura delle frontiere nel 1973, la similitudine degli andamenti appare veramente sorprendente (Tab. 1). Anche perché, se la crescita del fenomeno, in termini assoluti e relativi, è sostanzialmente analoga nei due paesi, radicalmente diverso è il quadro di politica migratoria che ne ha fatto da sfondo. In Germania si era, infatti, in presenza di una politica attiva di reclutamento tramite accordi bilaterali, mentre in Italia la crescita è avvenuta attraverso ripetute regolarizzazioni e senza un preciso orientamento favorevole all’arrivo dei lavoratori stranieri.

Non solo, ben diverso è stato anche il contesto economico in cui questo aumento della presenza straniera si è realizzato. In Germania, infatti, tra il 1951 e il 1972 il Pil pro capite è cresciuto a un tasso medio annuo del 5,1%, mentre in Italia lo stesso indicatore è aumentato dell’1,5% annuo tra il 1993 e il 2001 e di appena lo 0,1% nel primo quinquennio del decennio in corso. Nel nostro paese si è quindi realizzato un aumento della popolazione straniera di dimensioni simili a quelle registrate in Germania durante il golden period delle migrazioni europee per lavoro, nonostante la crescita economica sia stata in questi anni contenuta e siano mancate politiche attive di reclutamento. Ciò sta a indicare che quell’intensità del fenomeno migratorio che nelle società industriali è stata raggiunta nelle fasi di forte crescita economica e in contesti politici largamente favorevoli, nelle economie post-fordiste può avvenire anche in assenza di questi due elementi.

 

A quando una politica complessiva dell’immigrazione?

Di conseguenza un vero controllo delle dimensioni del fenomeno non può che passare da un superamento o da una riduzione dei fattori strutturali che sono alla base della domanda di lavoratori stranieri. Una domanda che per le sue caratteristiche può, infatti, restare intensa anche in presenza di una congiuntura economica non particolarmente brillante o decisamente sfavorevole come l’attuale, basti solo pensare al lavoro di cura per gli anziani disabili, la cui domanda è poco o nulla influenzata dall’andamento dell’economia (v. F. Ongaro e C. Boccuzzo, “Quali e quanti gli anziani disabili del prossimo futuro?”). Se il paese non inizia a costruire un politica complessiva dell’immigrazione[1], che tenga adeguatamente conto del ruolo e della necessità del lavoro straniero in diversi settori della nostra economia, si può esser certi che, assorbito l’effetto della regolarizzazione in corso, fra qualche tempo saremo destinati a ritrovarci con un bacino di irregolarità tanto vasto da poter essere affrontato solo con una nuova sanatoria. Pronti, in definitiva, a partire per un altro giro e un’altra corsa.

 

Tab. 1. Popolazione straniera in Germania (1955-1975) e in Italia (1992-2009) (valori assoluti in migliaia, percentuali sul totale della popolazione residente).

 

Germania Italia
Anni Popolazione straniera Anni Popolazione straniera
v.a. % N. ind (1955=100) v.a. % N. ind (1992=100)
1955 492,9 0,9 100 1992 (a) 356,2 0,6 100
1961 686,2 1,2 139 1998 991,7 1,7 278
1967 1806,7 3,0 367 2004 1990,2 3,4 559
1973 3966,2 6,4 805 2009 3900,0 6,5 1095

Note: (a)  dato censuario ottobre 1991.

 

Fonte: per la Germania Frey e Mammey, Impact of migration in the receiving countries: Germany, CICRED/IOM, Geneva, 1996, per l’Italia dati Istat.


[1] Si veda C. Bonifazi, F. Heins, M. Vitello e S. Strozza, Progetto Idea: policy summary per l’Italia, http://www.irpps.cnr.it/eventi/idea1.pdf

 

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