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Rapporti tra genitori e figli adulti in Italia e Svezia

La frequenza dei contatti faccia-a-faccia tra genitori e figli adulti può essere utilizzato come indicatore di solidarietà tra generazioni e come misura indiretta di scambio di aiuti di cura. Questa frequenza ci collega in maniera complessa all’età in cui i figli “escono di casa”, e se ne può avere sentore dal confronto tra il caso italiano (con uscita tardiva) e quello svedese (con uscita, invece, precoce).

Uscita di casa e rapporti tra genitori e figli adulti

Una permanenza prolungata all’interno della famiglia di origine può fornire l’occasione per instaurare rapporti familiari più stretti, condividendo con i genitori interessi e valori comuni. Tale percorso di condivisione può comportare non solo rapporti più intimi, ma anche lo sviluppo di responsabilità e atteggiamenti circa l’importanza dei legami familiari.
Però le norme sociali tendono a definire l’età socialmente accettata per acquisire l’indipendenza residenziale, e violare tali norme potrebbe comportare tensioni tra le generazioni, perché da un lato i genitori sviluppano forti aspettative circa il percorso di vita dei figli, e dall’altro i figli possono percepire una co-residenza prolungata come un fallimento nel raggiungimento della loro indipendenza. In questo senso, la durata di co-residenza può essere percepita come “troppo” o “troppo poco” estesa a seconda del comportamento dei coetanei.
Si può allora pensare di prendere come “norma” l’età mediana¹ di uscita di casa all’interno di diversi gruppi sociali, suddivisi in base alla regione, alla coorte di nascita e al sesso, e definire così una variabile “DMG”, Differenza tra l’età dei uscita di casa e l’età Mediana all’interno del Gruppo di appartenenza.

Italia

Il contesto italiano è caratterizzato da periodi estesi di co-residenza intergenerazionale e da frequenti contatti tra genitori e figli adulti. Utilizzando i dati dell’indagine ISTAT “Famiglie e soggetti sociali” (2003 e 2009), si nota che l’età mediana di uscita di casa è pari a 26 anni per gli uomini e 23 per le donne. Una volta raggiunta l’indipendenza residenziale, oltre il 60% degli italiani visita i propri genitori più di una volta a settimana.


grafico1_tosiIl grafico 1 mostra la relazione tra età di uscita di casa, prossimità residenziale e frequenza dei contatti successivi. Gli uomini che lasciano la casa tardi sono più propensi a vivere vicino alla famiglia di origine (l’85% vive a non più di 16km) e a mantenere contatti frequenti coi propri genitori (più del 70% visita i genitori più di una volta a settimana), in confronto a coloro che hanno lasciato la casa genitoriale precocemente (il 60% vive a non più di 16km e il 50% visita i genitori frequentemente). Tra le donne circa il 50% di coloro che hanno lasciato il nido familiare in età giovane mantiene contatti frequenti con i propri genitori. Tale proporzione cresce fino al 70% per coloro che sono usciti attorno all’età normativa (valore 0), per poi decrescere al 63% tra coloro che sono usciti di casa più tardi. Insomma: le donne che seguono la norma sociale sono più propense a mantenere legami forti coi genitori. Dato che la frequenza delle visite tra genitori e figli è condizionata dalla distanza residenziale, è importante notare che le analisi multivariate hanno evidenziato risultati simili.

Svezia

Rispetto ai giovani italiani, gli svedesi (prendendo i dati dallo “Swedish Level of Living Survey” 2000 e 2010) tendono ad acquisire l’indipendenza residenziale ad una età più bassa (l’età mediana è 19 anni per le donne e 20 per gli uomini) e successivamente tendono a mantenere contatti intergenerazionali meno frequenti (il 40% visita i genitori almeno una volta a settimana). Inoltre, in Italia l’età di uscita di casa è piuttosto eterogenea (il 90% della sua distribuzione è compreso in 16 anni), mentre in Svezia i giovani lasciano il nido famigliare ad una età più standardizzata (il 90% della distribuzione è compreso in 8 anni). grafico2_tosiData questa omogeneità, è difficile pensare che i figli che escono di casa tardi sviluppino atteggiamenti e comportamenti diversi rispetto ai loro coetanei. Tuttavia, come evidenziato nel grafico 2, anche in Svezia, come in Italia (sia pure su livelli inferiori) il tempo trascorso nella famiglia di origine è positivamente correlato alla frequenza dei contatti tra genitori e figli maschi. Circa il 30% dei figli adulti che hanno lasciato la famiglia d’origine tre o quattro anni prima rispetto all’età normativa visita i propri genitori almeno una volta a settimana, contro il 55% di coloro che sono usciti di casa in età più avanzata. Per quanto riguarda le figlie adulte, invece, la relazione tra la durata della co-residenza e i contatti successivi risulta meno chiara e significativa.

Contesti diversi, ma con aspetti in comune

In conclusione si può affermare che la durata della co-residenza intergenerazionale tende a promuovere i contatti genitori-figli nella vita successiva, attraverso un processo di condivisione di valori e norme “pro-famiglia”. Sebbene Italia e Svezia siano due contesti estremamente diversi per politiche di welfare e cultura dei legami familiari, i meccanismi con cui la solidarietà tra generazioni si sviluppa e si mantiene lungo il corso di vita risultano simili. Tuttavia in Italia, dove le responsabilità familiari sono incentrate sulle donne, i rapporti tra genitori e figlie adulte sembrano soggetti ad aspettative normative più forti riguardo all’età “giusta” per uscire di casa. In Svezia, invece, i contatti genitori-figlie sembrano essere influenzati solo marginalmente dalla durata della co-residenza intergenerazionale.

Per saperne di più

Billari, F. C., e Liefbroer A. C. (2007), Should I Stay or Should I Go? The Impact of Age Norms on Leaving Home, Demography, Vol.44, n.1, pp.181-198.

Billari, F.C., Philipov, D., e Baizán, P. (2001), Leaving Home in Europe. The Experience of Cohorts Born Around 1960, International Journal of Population Geography, Vol.7, n.5, pp.339-356.

Leopold, T. (2012), The Legacy of Leaving Home: Long-Term Effects of Coresidence on Parent-Child Relationships, Journal of Marriage and Family, Vol.74, n.3, pp.399-412.

Reher, D.S. (1998). Family Ties in Western Europe: Persistent Contrasts. Population and Development Review, Vol.24, n.2, pp.203-234.

¹ Si definisce mediana quel termine che, nella successione ordinata dei valori, occupa la posizione centrale, ovvero quel termine che è preceduto e seguito dal 50% dei valori osservati: in questo caso l’età alla quale metà dei giovani sono usciti di casa.

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