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Pausa di riflessione o fine di un ciclo?

Dopo anni di crescita tumultuosa l’immigrazione straniera in Italia sembra ora destinata a segnare il passo. Se già il calo degli ingressi di cittadini non comunitari, segnalato dall’Istat per l’anno 2011, aveva lasciato intendere l’avvio di un nuovo corso, nuovi elementi a supporto dell’ipotesi di una generale stagnazione del fenomeno emergono dalla stima dei presenti proposta dalla Fondazione Ismu nell’ambito del XVIII Rapporto sulle Migrazioni.
Stranieri? Né irregolari né in aumento
In esso, attraverso l’integrazione del contenuto informativo di diverse fonti, si giunge a quantificare in 5,4 milioni la stima della popolazione straniera presente in Italia al 1° gennaio 2012, per circa il 90% dei casi con dimora abituale (residenza) in un comune italiano. Gli irregolari, scesi al livello di 6 ogni 100 presenti – un minimo mai osservato in passato e certo non estraneo ai venti di crisi – sono stimati in 326mila unità, 117mila in meno rispetto al 2010; mentre sarebbero 245mila coloro che soggiornano regolarmente in Italia senza risultare iscritti in alcuna anagrafe.
Nel complesso, le valutazioni ISMU al 1° gennaio 2012 segnano un crollo sul fronte della crescita dei presenti che, dal già modesto +69mila realizzato nel 2010 (dopo le centinaia di migliaia in più cui ci si era abituati negli anni precedenti), scenderebbe per l’anno 2011 al minimo storico di +27mila; anche se da un primo resoconto dell’ultima fotografia censuaria si ricavano elementi che spingerebbero ad andare persino oltre la semplice ipotesi di stagnazione del fenomeno migratorio.
Infatti, l’impressione che si ricava dall’elaborazione dei dati provvisori di censimento è che i registri anagrafici, sui quali ci si è sempre basati per il conteggio degli stranieri residenti, diano luogo a una sovrastima del totale degli iscritti. Un surplus che, alla data censuaria del 9 ottobre 2011 potrebbe determinare (secondo la valutazione prudenziale proposta da ISMU) un taglio di circa 400mila unità, quasi del tutto localizzate al Centro-nord. Tenuto conto di ciò, la stima complessiva degli stranieri presenti in Italia al 1° gennaio 2012 potrebbe scendere dai 5,43 milioni inizialmente ipotizzati a 5,02 milioni. Un ridimensionamento che si allinea con l’opinione secondo cui i riflessi della crisi economica non solo avrebbero rallentato i nuovi flussi migratori, ma potrebbero aver altresì favorito un certo numero di rientri al paese di origine o di spostamenti verso nuove destinazioni internazionali (Blangiardo, 2012a).
Il caso Lombardo, che forse anticipa il quadro nazionale
In tal senso è interessante osservare come l’indagine dell’Osservatorio Regionale per l’Integrazione e la Multietnicità (ORIM) svolta in Lombardia a metà del 2011 abbia messo in luce, quand’anche limitatamente all’area oggetto di copertura dell’indagine stessa, una non marginale diffusione dei progetti di rientro/spostamento all’estero nei successivi dodici mesi: circa un immigrato su dieci ha manifestato tale intenzione, con il 5,4% orientato al rientro in patria e il 5,1% a uno spostamenti altrove (Blangiardo, 2012b). In particolare, l’indagine lombarda ha evidenziato differenze significative nelle intenzioni di rientro/spostamento in relazione alla condizione professionale – si osservano le punte massime per i soggetti in mobilità o disoccupati e le minime per gli imprenditori e gli occupati stabili e regolari – così come rispetto al tipo di professione: più elevata per le mansioni di basso livello dei servizi e dell’assistenza domestica e minima per le attività dell’area socio-sanitaria. Anche l’anzianità della presenza gioca un ruolo importante nel condizionare le intenzioni di abbandono del nostro paese: è soprattutto per chi vive in Italia da meno di due anni che la rinuncia al progetto migratorio si configura come scelta relativamente più plausibile. In sintesi, tutto lascia intendere come il fenomeno dei rientri indotti dall’attuale crisi sia tuttora vivo e potenzialmente in grado di accrescersi qualora le condizioni del mercato del lavoro dovessero ulteriormente aggravarsi.
Stranieri più stabili e più anziani
In ogni caso, se anche non vi è dubbio che i flussi migratori abbiano subito i contraccolpi della recente crisi economica e occupazionale, ciò non significa che il fenomeno della presenza straniera in Italia abbia perso vitalità e importanza nel sistema paese. L’impressione è che la comparsa della crisi abbia più che altro accelerato la transizione verso un modello di immigrazione meno “d’assalto” e più conseguente a progetti di vita “maturi e consapevoli”; una nuova prospettiva in cui emerge il ruolo centrale della famiglia immigrata, quale motore del radicamento e dei processi di integrazione nella società ospite. Se poi guardiamo al futuro, ciò che emerge dai dati delle previsioni più accreditate non è solo la crescita del numero di residenti stranieri (che peraltro procede per inerzia e con evidenti fattori di decelerazione), ma sono soprattutto le trasformazioni strutturali che la accompagnano. Tra queste, ancor più che lo spostamento del peso della potenziale forza lavoro su fasce di età più matura, assume un particolare rilievo la straordinaria crescita della componente anziana. Una crescita che potrà avere importanti riflessi sugli equilibri del sistema previdenziale, nel cui ambito il fenomeno dell’invecchiamento “importato” – ossia l’ingresso nelle età anziane di soggetti nati altrove (e che hanno alle spalle una carriera lavorativa e contributiva generalmente ridotta), si preannuncia quantitativamente rilevante e indubbiamente difficile da gestire, coniugando i vincoli dell’efficienza contabile con gli irrinunciabili principi della solidarietà. 

Riferimenti bibliografici
Blangiardo G.C. (2012a), Se tre indizi (statistici) possono fare una prova, Il Sole 24 Ore, 21 maggio, p.9.
Blangiardo G.C. (a cura di) (2012b), L’immigrazione straniera in Lombardia, L’undicesima indagine regionale, Fondazione Ismu, Regione Lombardia, Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità, Milano, www.orimregionelombardia.it
 

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