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Ma le “morti bianche” sono più di quelle registrate dall’INAIL

Il rischio è una caratteristica costante del lavoro: le varie norme che tutelano il lavoratore hanno però il compito di contenerlo e di ridurre il più possibile il numero degli infortuni, soprattutto i più gravi, quelli mortali.
Morti bianche: in calo, ma …
In Italia, il fenomeno delle “morti bianche”, seppure in calo rispetto agli anni precedenti, continua a essere allarmante e a richiamare l’attenzione della stampa nazionale, oltre che di quella locale. Un aspetto poco considerato è però la sottostima dei casi INAIL, già evidenziata negli anni ’90 dall’Associazione Ambiente e Lavoro1, e confermata anche da studi successivi effettuati in Toscana2. Attualmente, la collaborazione instauratasi tra il Registro di Mortalità Regionale (RMR) toscano istituito presso il Centro Studi Prevenzione Oncologica (CSPO) dal 1987 e il Centro Regionale Infortuni e Malattie Professionali (CERIMP), di recente istituzione, prevede un incrocio sistematico annuale tra i dati INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni su Lavoro) e RMR (Registro di Mortalità Regionale). Dal volume “Morti per causa anno 2006” 3 , il RMR ha anche iniziato a pubblicare i dati sugli infortuni mortali da lavoro (non da incidente stradale) sui residenti in Toscana. Si tratta di tutte le morti provocate da un evento violento accaduto in un luogo di lavoro, cioè in fabbriche, cantieri, aziende agricole, cave, miniere o altri luoghi di lavoro così come sono stati indicati nella scheda ISTAT dal medico che ha constatato il decesso.
Sono stati identificati 449 decessi per infortunio da lavoro non da incidente stradale avvenuti in Toscana nel periodo 2000-2005, di cui 187 presenti in entrambi gli archivi, 61 solo in quello INAIL e 201 solo in quello RMR. Per il 96% dei decessi identificati solo nell’archivio INAIL le informazioni riportate sul certificato di decesso non potevano consentire di attribuire l’evento a incidente da lavoro. I casi che invece sono stati identificati solo dall’archivio RMR si presume che siamo accaduti prevalentemente a soggetti non tutelati dall’INAIL: anziani, forze armate, polizia, bambini. La gran parte di quelli accaduti in soggetti ultra-64enni risultano avvenuti in un’azienda agricola per ribaltamento di trattore, e si presume che gli infortunati fossero pensionati, proprietari o dilettanti. A questi casi si adatta male la tradizionale definizione di infortunio mortale da lavoro in chiave assicurativa, ma non si può certo negare che siano avvenuti in occasione di un’attività lavorativa e questa informazione ha una grande importanza in sanità pubblica per la programmazione di mirati interventi di prevenzione. Nei dati dell’ultimo triennio risultano anche 2 infortuni in bambini: in base alle informazioni presenti sul certificato di decesso, sono da attribuire a un’impropria presenza dei minori in un ambiente di lavoro piuttosto che a episodi di lavoro minorile.
Complessivamente l’86% dei decessi non da incidente stradale risulta desumibili dal RMR e per il 56% dall’INAIL: il RMR presenta quindi un’elevata completezza e sensibilità nell’individuazione degli infortuni mortali, ma la sua specificità è comunque limitata dal fatto che la selezione degli eventi avviene sulla base del luogo dell’infortunio piuttosto che sulla base dell’occasione di lavoro, come invece accade per i casi registrati dall’INAIL.
I morti da lavoro sulle strade
Un’analoga stima di completezza non è stata possibile per gli infortuni mortali da lavoro per incidente stradale, perché nel RMR non è possibile distinguere gli infortuni legati al lavoro da quelli di altra natura. Incrociando comunque i due archivi si è evidenziato che dei 324 decessi da infortunio stradale (prevalentemente in itinere) identificati dall’INAIL, 234 erano presenti come incidenti stradali anche nell’archivio RMR, benché normalmente non identificati come accaduti in occasione di lavoro.
Nel prossimo futuro per stimare ancora meglio la dimensione del fenomeno infortunistico, presso il CERIMP, sarà disponibile un’ulteriore fonte informativa, quella della stampa quotidiana, integrata da alcune informazioni provenienti dai servizi di Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro delle Aziende USL.
Da quanto rilevato si conferma l’importanza, ben nota dalla letteratura scientifica, di affiancare al sistema di registrazione dell’ente assicuratore almeno il sistema dei registri di mortalità, per integrare e completare la conoscenza del fenomeno infortunistico mortale da lavoro in aree di lavoro marginale, in possibili zone di evasione dall’obbligo assicurativo, in fasce di lavoratori non coperte dall’assicurazione, nonché per evidenziare eventi accidentali mortali che non dovrebbero comunque mai accadere, quali quelli dei bambini in ambiente lavorativo.
1Associazione Ambiente e Lavoro (1997) Indagine conoscitiva sulla sicurezza e l’igiene del lavoro c/o la Commissione Lavoro del Senato il 3 marzo 1997, Dossier Ambiente, 40(Suppl): 112-25.
2 Cf. Baldasseroni A, Chellini E, Zoppi O, Giovannetti L. (2001) “Infortuni lavorativi mortali: stime basate su più fonti informative”, La Medicina del Lavoro, 92: 239-48. Chellini E, Baldasseroni A, Giovannetti L, Zoppi O. (2002) “La rilevazione degli infortuni mortali sul lavoro attraverso il Registro di Mortalità Regionale: i risultati dello studio toscano 1992-96”, Epidemiologia e prevenzione, 26(1): 11-17. Baldasseroni A, Chellini E, Mantero S, Giovannetti L. (2005) “Occupational injuries in Italy”, International Journal of Occupational and Environmental Health, 11: 77-81. Mantero S, Baldasseroni A, Chellini E, Giovannetti L. (2005) “Infortuni mortali lavorativi: aggiornamento dei dati di un registro di mortalità”, La Medicina del Lavoro, 96(3): 238-42.
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