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Le generazioni nella globalizzazione

La globalizzazione è un fenomeno che interseca diverse discipline e segna le condizioni di vita dei cittadini nei vari ambiti della quotidianità. È, al tempo stesso, un concetto complesso e multidimensionale che implica una serie di processi diversi e connessi. Suscita, infatti, valutazioni e sentimenti contrastanti.

Visioni differenti sulla globalizzazione

Proprio per questa sua complessità gli studiosi non sono giunti a una definizione univoca e condivisa. Vi sono differenze di vedute anche per quanto riguarda l’inizio storico della globalizzazione e quindi in che misura sia un fenomeno nuovo. Certo è che con il suo sviluppo si espandono e si intensificano le relazioni nella società mondiale. Internet, in questo, ha svolto un ruolo fondamentale, cosi come le politiche neoliberiste che hanno ridefinito le relazioni nel mercato globale.

Sugli effetti della globalizzazione si sono confrontate visioni distinte. Approcci contrapposti e quindi conflittuali: da un lato i globalisti e, dall’altro, gli anti-global. I primi valutano con favore la globalizzazione, i secondi mostrano sintonia con il movimento critico della globalizzazione.

E gli italiani che ne pensano?          

Allora, viene da chiedersi come è vissuta la globalizzazione in Italia. Se si abbraccia un’ottica generazionale vi sono differenze nel modo in cui viene valutata? A questo fine una recente ricerca Demos-Coop¹, fornisce dati utili. L’impatto della globalizzazione è stato “misurato” articolando il concetto in cinque dimensioni: 1) la cultura nazionale e 2) quella locale, 3) la politica, 4) l’economia e 5) l’ambiente².

Si tratta di ambiti fortemente sollecitati dai processi legati ad essa³. L’idea di base è che il carattere della cultura nazionale e locale ha perso specificità a causa di spinte alla omogeneizzazione. Nel tempo si è resa sempre più evidente la debolezza dello stato e delle politiche nazionali in uno scenario dai confini mondiali. L’economia globale si riflette nell’equilibrio del sistemi produttivi interni a ogni paese. Infine, il deterioramento ambientale, è per definizione senza confini, come ricorda il problema del global warming.

Fra i tratti che più segnano il mondo globale la dimensione ambientale si colloca al primo posto. Circa 7 italiani su 10 (69%)[4] vedono crescenti difficoltà nell’affrontare problemi come il riscaldamento del pianeta. Il secondo posto è occupato dalla dimensione economica. Il 59% degli intervistati ritiene che l’economia dei singoli stati dipenda sempre più dall’andamento del mercato mondiale. A seguire si colloca la dimensione politica: metà degli italiani (50%) sostiene che gli stati nazionali abbiano perso quote di sovranità, che finiscono progressivamente nelle mani di organismi sovranazionali. Infine, la dimensione della cultura locale (48%) e nazionale (46%): l’Italia e le altre nazioni stanno perdendo la loro identità, e gli stili di vita nel mondo diventano progressivamente più simili.

Ma la visione cambia tra le generazioni

Queste dimensioni non sono percepite allo stesso modo tra le diverse generazioni. E’ importante evidenziare la distanza tra giovani e adulti. I cambiamenti portati dalla globalizzazione sono avvertiti soprattutto da questi ultimi. In particolare, la generazione di transizione[5] (quanti hanno un’età compresa tra 37 e 51 anni) riconosce, più delle altre, nell’omologazione della cultura nazionale e locale un effetto della globalizzazione; la generazione dell’impegno (62-71 anni) sottolinea invece la perdita di sovranità degli stati-nazionali; quella dell’identità (52-61 anni) indica in primo luogo la dipendenza dell’economia nazionale dal mercato globale. Quest’ultima generazione, insieme a quella dell’impegno, percepisce in misura maggiore il degrado ambientale come uno degli effetti che più segnano il mondo globale.

I più giovani, la cosiddetta generazione della rete (15-24 anni) e quella del millennio (25-36 anni), fanno invece osservare orientamenti diversi dagli adulti. Valutano questi cambiamenti, riconducibili alla globalizzazione, di minore impatto. Forse, il fatto stesso che i ventenni e i trentenni di oggi siano nati e cresciuti nel mondo globale li porta a considerare “normale” lo scenario nel quale sono immersi. Non avendo sperimentato il mondo “pre-globale”, se così si può dire, tendono a dare per scontato i tratti del presente. Mentre le varie generazioni di adulti, molto probabilmente, avendo vissuto il cambiamento e disponendo di un termine di confronto ne colgono maggiormente le differenze.

Dai giovani, il mondo globale viene visto come apertura a nuove opportunità sotto il profilo economico, professionale e culturale. La generazione della rete guarda con più fiducia alla globalizzazione (51% contro il 30% della popolazione nel suo assieme). Ovviamente, sono anzitutto gli studenti (50%), e tra questi la “generazione Erasmus” che ha sperimentato la mobilità in un contesto dai confini molto più ampi rispetto alla esperienza dei loro genitori. Gli adulti, che affrontano le incertezze della vita quotidiana e preoccupati per il futuro dei figli, invece, guardano con particolare disincanto la globalizzazione. Ad avere poca o nessuna fiducia sono soprattutto la generazioni dell’identità e quella della transizione (76 e 74% contro il 70% della media). Il dato cresce poi tra i disoccupati (80%) e le casalinghe (78%). Si tratta di due categorie sociali diverse, accomunate però dal disorientamento di fronte ai cambiamenti globali. Entrambe nutrono aspettative di protezione da parte delle istituzioni pubbliche. Infatti, più delle altre, percepiscono la debolezza dello stato e della politica nazionali nel quadro globale (58% vs 50% della media).

La ricerca Demos-Coop registra, inoltre, una relazione tra livello di s/fiducia nella globalizzazione e alcune dimensioni che la caratterizzano. Coloro che accordano poca o nessuna fiducia alla globalizzazione ritengono in misura maggiore che le comunità nazionali stiano perdendo identità culturale e potere politico. Mentre l’economia globale e il deterioramento ambientale appaiono più trasversali.

Altra relazione da considerare è quella tra livello di s/fiducia e valutazione di un incremento/diminuzione della disuguaglianza sociale in Italia e nel Mondo. Circa otto cittadini su dieci ritengono si stia sviluppando un allargamento della forbice della disuguaglianza (rispettivamente 80% in Italia e 76% nel mondo). Coloro che ritengono vi sia una diminuzione di tali disuguaglianze evidenziano una fiducia nella globalizzazione decisamente più elevata di quanti vedono un aumento della disuguaglianza (43% vs. 28% per quanto riguarda l’Italia e 49% vs. 27% se riferita al mondo).

Sotto il profilo generazionale l’aumento delle differenze sociali, vengono considerate maggiormente dalle generazioni di transizione e dell’identità (più di otto su dieci). Quella che sembra percepire meno il problema della disuguaglianza, sia a livello nazionale che mondiale, sono i giovani della rete.

Questa generazione è dunque il segmento sociale, che guarda al mondo (globale) con sentimenti molto più contenuti sia di incertezza che di solitudine – ben descritti nelle pagine del lavoro di Bauman[6]. Nell’assieme, i giovani della Rete nutrono una particolare fiducia verso il futuro (69% vs 48% della media).

Gli orientamenti dei più giovani sono dovuti, probabilmente, a due diversi «effetti» che al momento si cumulano. In parte quello del «corso della vita». Ma entrando nel mondo degli adulti assumendo nuovi ruoli sociali e facendo nuove esperienze, questi atteggiamenti, almeno in certa misura, si stempereranno.

L’altro è l’«effetto generazione». I giovani della rete sono, per certi aspetti, una «generazione»: si sono socializzati nel mondo digitale e nello scenario globale. Se davvero si configureranno come una «generazione» questi orientamenti di apertura verso la realtà globale resterà anche nelle altre fasi della loro vita. Solo il tempo, e la ricerca, ci dirà se e in che misura questo orientamento persisterà in questa coorte.

 

 

Note

¹Osservatorio sul Capitale Sociale, interviste mixed-mode (Cati – Cami – Cawi). Periodo 16-23 ottobre 2017, (N=1309).

²La batteria utilizzata era la seguente: Mi può dire quanto ritiene vere le seguenti affermazioni che riguardano la globalizzazione? Scala 1-10 (1= per niente vere e 10= totalmente vere).

  1. Le nazioni stanno perdendo la loro cultura e tradizioni, e gli stili di vita nel mondo diventano sempre più omogenei [dimensione culturale nazionale]
  2. Si stanno perdendo la cultura e le tradizioni locali e nel contesto italiano gli stili di vita diventano sempre più omogenei [dimensione culturale locale]
  3. Gli stati nazionali stanno in parte perdendo il loro potere che finisce sempre più nelle mani di organismi politici come l’Unione Europea o altre organizzazioni internazionali [dimensione politica]
  4. L’economia dei singoli stati dipende sempre più dall’andamento del mercato globale [dimensione economica]
  5. E’ sempre più difficile affrontare problemi come l’inquinamento o l’effetto serra, per questo la situazione ambientale diventa sempre più grave [dimensione ambientale]

³Steger, M.B. (2017), Globalization. A Very Short Introduction, Oxford, Oxford University Press.

[4] Valori % di quanti esprimono una valutazione uguale o superiore a 8 (in una scala da 1 a 10) al lordo dei non rispondenti.

[5] Le classi generazionali sono state riprese dal report Istat, Le trasformazioni demografiche e sociali: una lettura per generazione (2016). Leggi il  report

[6] Bauman, Z. (2000), La solitudine del cittadino globale, Milano, Feltrinelli.

 

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