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Il miglior inizio. Disuguaglianze e opportunità nei primi anni di vita

Nel commentare i risultati dell’indagine IDELA sviluppata da Save the Children, Christian Morabito e Giorgio Tamburlini sottolineano che le disuguaglianze nello sviluppo del bambino affiorano già nei primissimi anni di vita. Tuttavia, è possibile contrastare tali disuguaglianze attraverso due fattori modificabili nel breve periodo da specifici interventi di sostegno:l’offerta di servizi educativi di qualità e il sostegno alle competenze genitoriali.

Nel settembre del 2019, Save the Children ha pubblicato il rapporto “Il miglior inizio – Disuguaglianze e opportunità nei primi anni di vita”. Il rapporto illustra i risultati di una indagine pilota condotta in 10 città e province italiane – Brindisi, Macerata, Milano, Napoli, Palermo, Prato, Reggio Emilia, Roma, Salerno e Trieste – realizzata in collaborazione con il Centro per la Salute del Bambino di Trieste, e la partecipazione dell’Istituto degli Innocenti e dell’Università di Macerata.

L’indagine ha coinvolto 653 bambini di età compresa tra 3 anni e mezzo e 4 anni e mezzo, ai quali, sono stati sottoposti i quesiti dello strumento IDELA (International Development and Early Learning Assessment), sviluppato da Save the Children International, il quale valuta quattro aree di competenze e sviluppo del bambino: fisico-motorio, linguistico, matematico e socio-emozionale. Sono stati inoltre compilati 627 questionari da parte dei genitori dei bambini coinvolti, con informazioni riguardanti la condizione socioeconomica delle famiglie, la composizione, il paese di nascita, la frequenza al nido dell’infanzia o altri servizi, le attività svolte dai genitori assieme ai figli.

Le disuguaglianze affiorano già nei primi anni di vita e riflettono le condizioni socio-economiche

I risultati dell’indagine IDELA confermano ciò che numerosi studi effettuati a livello internazionale¹ hanno rilevato, ovvero che le disuguaglianze nello sviluppo del bambino affiorano durante i primi anni di vita e ben prima dell’ingresso nella scuola dell’obbligo, e sono associate, in particolare, al livello socioeconomico ed educativo dei genitori. Nel dettaglio, i bambini con almeno un genitore che non ha conseguito alcun titolo di studio rispondono in modo corretto al 38% delle prove e dei quesiti previsti dall’indagine IDELA (Fig. 1). Una percentuale molto simile si riscontra per i bambini con almeno un genitore con licenza elementare o media, 40%. Tale percentuale aumenta al 46% e al 52% rispettivamente quando almeno uno dei genitori possiede un titolo di istruzione secondaria superiore o un diploma universitario.

Inoltre, i bambini con madre disoccupata o che si dedica a un lavoro di cura non retribuito rispondono rispettivamente in modo appropriato al 38% e al 43% dei quesiti (Fig. 2). Una percentuale notevolmente inferiore rispetto a quella dei bambini la cui madre svolge un lavoro manuale (48%), un lavoro da impiegata (51%) o da dirigente, imprenditrice o libera professionista (55%).

Limportanza degli asili nido

I risultati dell’indagine confermano inoltre quanto evidenziato da studi condotti sia in altri paesi che in Italia² e cioè che la frequenza di un nido d‘infanzia rappresenta un significativo determinante dello sviluppo per i bambini in condizione di svantaggio socioeconomico: tra i bambini appartenenti a famiglie di basso livello socio-culturale, infatti, quelli che hanno frequentato l’asilo nido hanno risposto in modo appropriato al 44% delle domande contro il 38% dei bambini che non lo hanno frequentato (Fig. 3). Determinante è la durata della frequenza dell’asilo nido. I bambini appartenenti a famiglie in svantaggio socioeconomico che hanno frequentato il nido per tre anni, infatti, hanno risposto appropriatamente al 50% delle domande, a fronte del 43% per coloro la cui frequenza è stata tra i 12 e i 24 mesi e del 38% per un solo anno o meno (una percentuale del tutto simile a quella di chi non ha frequentato il nido).

Al pari dell’asilo nido, la qualità del tempo che i genitori dedicano ai figli, anche in questo caso confermando i risultati di studi condotti a livello internazionale³, rappresenta un fattore protettivo per lo sviluppo dei bambini. È la qualità del tempo che le madri (ed anche i padri) trascorrono con i propri figli, inteso come la capacità di strutturare la relazione con i propri figli, focalizzandola su attività strutturate che implicano interazioni attive che contribuiscono all‘early learning environment, ad incidere in modo significativo sul loro sviluppo, più che il tempo in sé.

Dalla ricerca emerge che i bambini provenienti da famiglie in svantaggio socioeconomico, ma che leggono almeno due volte a settimana libri per l’infanzia con i genitori, rispondono in modo appropriato al 42% delle domande, a fronte del 37% di quelli che non leggono quasi mai con la propria mamma o papà (Fig. 4). Differenze che risultano significative in ciascun ambito dell’indagine: in lettura e scrittura, e in matematica e problem solving, il gap è di circa 5 punti percentuali, mentre per quanto riguarda l’ambito fisico-motorio e socio-emozionale la differenza supera rispettivamente i 7 e gli 8 punti.

Conclusioni

La ricerca conferma che le diseguaglianze che appaiono già nei primissimi anni di vita non sono inevitabili. Come ci insegnano le neuroscienze, le basi neurobiologiche delle competenze sia cognitive che non cognitive risentono in modo particolarmente forte delle opportunità offerte dall’ambiente in cui il bambino cresce in questo primo periodo della vita. Tra queste opportunità assumono un peso particolare sia la qualità delle relazioni e interazioni tra bambini e i loro caregiver, sia la frequenza di strutture educative di qualità, entrambi fattori modificabili nel breve periodo da politiche pubbliche e interventi di sostegno. Nonostante questo, in Italia, solo 1 bambino su 10 può accedere a un asilo nido pubblico, e 1 su 5 a un nido qualsiasi, con picchi negativi in regioni come Calabria e Campania, dove solo il 2,6% e il 3,6% dei bambini frequenta un nido pubblico. Uno scenario in cui le ripercussioni negative riguardano soprattutto i minori provenienti da famiglie economicamente svantaggiate e che hanno dunque maggiori difficoltà nell’accedere ai nidi[iv].

Lo studio nel suo complesso rappresenta un forte richiamo ai policy maker, sia a livello centrale che locale, affinché investano sia nell’offerta (accessibilità logistica ed economica) di servizi educativi precoci, come peraltro raccomandato da tutte le organizzazioni internazionali e dalla comunità scientifica, sia in interventi e programmi di sostegno alle competenze genitoriali e all’home learning environment, quali ad esempio i programmi di promozione della lettura condivisa. Il contrasto efficace alle diseguaglianze e alla povertà educativa è possibile.

Note

¹ Heckman J (2000. ‘Policies to foster human capital’, NBER Working Papers, N. 7288; Save the Children (2017). Building Brains. Early Stimulation for Children from Birth to Three; Almond D., Currie J., Duque D. (2018). ‘Childhood Circumstances and Adult Outcomes: Act II.’, Journal of Economic Literature, 56(4), 1360–1446.

² Heckman J. e Masterov D.V. (2007). ‘The productivity argument for investing in young children’, NBER Working Papers, N.13016; OCSE (2011). ‘Does Participation in Pre-Primary Education Translate into Better Learning Outcomes at School?’, Pisa in Focus Series; Heckman J., Pinto R. e Savelyev P. (2013). ‘Understanding the Mechanisms through Which an Influential Early Childhood Program Boosted Adult Outcomes’, American Economic Review 103 (6): 2052–86.

³ Waldfogel J. (2004). ‘Social Mobility, Opportunities, and the Early Years’, CASE paper (88). Centre for Analysis of Social Exclusion, London School of Economics and Political Science, London, UK; Alushaj A. e Tamburlini G. (2018). ‘Tempo materno, tempo di nido e sviluppo del bambino: le evidenze’, Medico e Bambino; Del Bono E., Francesconi M., Kelly Y e Sacker A. (2014). ‘Early Maternal Time Investment and Early Child Outcomes’, University of Essex Discussion Paper Series.

[iv] Istituto degli Innocenti, 2017.

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