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Il comportamento riproduttivo nei quartieri di Napoli

La dicotomia Nord-Sud, che sintetizza in modo efficace le nette e ben note differenze economiche e sociali tra le due grandi ripartizioni geografiche italiane, rimane comunque una semplificazione della realtà al cospetto di una più o meno ampia variabilità di situazioni territoriali che rimandano al relativismo dell’ultimo romanzo di Pirandello “Uno, nessuno e centomila”.
Nord e Sud non più così lontani
La stessa distinzione nelle migrazioni interne tra le regioni settentrionali a saldo migratorio positivo e quelle meridionali a saldo migratorio negativo è stemperata dagli spostamenti di più breve raggio negli stessi ambiti territoriali che coinvolgono grandi, medie e piccole città con ruoli variabili di attrazione e/o repulsione. Con riguardo ai comportamenti riproduttivi, si sono prima attenuate e poi praticamente annullate le differenze nell’intensità e nel calendario della fecondità delle donne meridionali e settentrionali. Si tratta di processi evolutivi che, pur scontando un importante sfasamento temporale (mentre nel Centro-Nord il numero medio di figli per donna, dopo aver toccato livelli bassissimi, è leggermente cresciuto negli ultimi quindici anni, nel Mezzogiorno ha continuato il suo lento ma inesorabile declino), potrebbero far pensare a un processo di possibile omologazione dei comportamenti, in una prospettiva di analisi estremamente aggregata. Al variare della scala territoriale è però possibile notare differenze non trascurabili e fare emergere specificità di comportamenti anche all’interno di collettivi e contesti particolari.
Napoli al microscopio
Un caso certamente interessante è quello del comune di Napoli che, come molte grandi città del Pianeta, ha al suo interno profonde contraddizioni e diverse identità culturali, sociali ed economiche. Senza dubbio rilevanti sono pure le differenze tra i 29 quartieri o le 10 municipalità (cfr. fig. 1) per quanto concerne le caratteristiche e i comportamenti demografici. Infatti, le analisi condotte con riferimento alla metà del decennio passato (intorno al 2006) mostrano l’esistenza di realtà differenziate sintetizzabili nella contrapposizione tra i quartieri periferici, che hanno una proporzione di anziani in alcuni casi davvero molto bassa (a Pianura e a San Pietro a Patierno meno del 10%, ma a Ponticelli, Piscinola, Chiaiano e Scampia è solo di poco superiore a tale limite) e una quota di giovani particolarmente elevata (a San Pietro a Patierno e Ponticelli è più del 20%), e i quartieri immediatamente ad Ovest del centro storico in cui l’invecchiamento demografico ha raggiunto livelli superiori alla media nazionale. Sembrano due mondi distinti, il primo caratterizzato da una certa vivacità demografica, forse connessa anche a passate e recenti immigrazioni, e il secondo da un processo d’implosione naturale, probabilmente dovuto a una riproduttività nettamente al di sotto del livello di sostituzione. A metà strada tra queste due realtà si collocano gli altri quartieri, quelli del centro storico e quelli a Nord e ad Est di esso.
Fecondità per quartiere
Senza dubbio, l’intensità della fecondità all’interno della città partenopea (in media poco oltre 1,4 figli per donna) è abbastanza variabile tanto che si va da poco più di 1,1 figli per le donne nella quinta municipalità fino a quasi 1,7 per le residenti nella sesta municipalità (tab. 1). La differenza tra il valore massimo e quello minimo diventa sensibilmente più ampio ampia e sfiora un figlio per donna se l’esame viene condotto per quartiere: a San Giovanni a Teduccio e a Barra il tasso di fecondità totale (TFT) si aggira intorno a 1,7-1,8 figli per donna, mentre a San Giuseppe risulta al di sotto di un figlio. Anche al Vomero, all’Arenella, a Vicaria, Porto e Chiaia i livelli di fecondità sono bassissimi, al di sotto di quell’1,2 figli per donna che è stato il minimo storico registrato nel 1995 dal nostro Paese. Non c’è pertanto alcun dubbio che le differenze interne alla città siano di sicura rilevanza segnalando la presenza di modelli riproduttivi abbastanza differenti tra le donne residenti nelle varie realtà cittadine. È nell’area orientale della città che si osservano i livelli di fecondità più alti a cui si contrappongono i valori bassissimi della zona collinare, intorno alla quale diversi sono i quartieri occidentali e del centro storico che fanno registrare una intensità della riproduttività al di sotto della media cittadina (fig. 2).
Interessante è anche l’esame dell’età media al parto (indice sintetico della cadenza della fecondità) che per l’intero comune è di 30,6 anni, a metà strada tra il valore regionale (30,3 anni) e quello nazionale (31 anni) e tutto sommato in linea con entrambi. Ma anche in questo caso le differenze tra municipalità e, ancor di più, tra quartieri sono senza dubbio degne di nota: nella sesta, settima e ottava municipalità è meno di 30 anni, mentre nella quinta sfiora i 34 anni e nella prima è di quasi 32,5 anni; nei quartieri di San Giovanni a Teduccio, Scampia, Miano, San Pietro a Patierno e Barra l’età media al parto delle donne residenti si aggira intorno ai 28,5-29,5 anni, mentre in quelli del Vomero, Arenella e San Giuseppe oscilla tra i 33 e i 34 anni. Un campo di variazione così ampio che non si osserva nemmeno tra le province italiane (da 29,8 a 32,5 anni nel 2006) e che conferma l’importanza delle differenze nei modelli riproduttivi tra le diverse componenti della città. Sono le donne residenti nelle zone Est e Nord del comune, quelle con la fecondità più elevata, ad avere l’età media al parto più giovane, contrapposte a quelle residenti nell’area collinare che hanno una fecondità minore e tardiva (fig. 2).
I figli … erano piezz’e core
In sintesi, sembra esserci una distinzione netta tra alcuni quartieri del centro storico, della zona collinare e di quella occidentale, dove prevale una fecondità tardiva e caratterizzata dal modello del figlio unico, da altri quartieri per lo più periferici e dell’area orientale del comune, che conservano livelli riproduttivi più elevati e precoci. Coesistono aspettative e possibilità riproduttive anche sensibilmente differenti che solo in parte l’articolazione territoriale riassume nei valori medi. Ci sono sicuramente donne che si recano tuttora nel piccolo museo dedicato a Santa Maria Francesca (ai Quartieri Spagnoli di Montecalvario) per accomodarsi sulla cosiddetta “sedia della fertilità” e chiedere l’intercessione della Santa per il concepimento, allo stesso tempo ci sono però sempre più donne e coppie che progettano il loro futuro senza figli o con al massimo un figlio unico. Le differenze tra un quartiere e l’altro, a volte abbastanza ampie, sono un ulteriore segnale dell’esistenza di più città all’interno della stessa città e della necessità che gli amministratori locali ne tengano adeguatamente conto nella programmazione delle politiche sociali e sanitarie.
Per saperne di più:
Strozza S., Cipriani A., Forcellati L., “Caratteristiche e comportamenti demografici dei residenti nei quartieri di Napoli”, Rivista economica del Mezzogiorno, a. XXVIII, n. 1-2, 2014, pp. 31-68.

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