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Germania: c’è il Covid-19, ma l’Angelo Sterminatore riposa

Il singolare paradosso dei pochissimi decessi per Covid-19 in Germania, è messo in risalto da Alessandro Cavalli, che avanza l’ipotesi che il conteggio venga fatto con metodi diversi da quelli standard. Ma ciò che preoccupa, osserva Cavalli, è l’assenza di una coordinata strategia europea per combattere il virus con i vari paesi che procedono in ordine sparso.

L’articolo di Massimo Livi-Bacci¹ fa riferimento, tra l’altro, alla diversa incidenza delle fasce anziane della popolazione per spiegare la diversa incidenza della mortalità da Coronavirus. Questo però non spiega la diversità tra Italia e Germania che hanno una piramide per età molto simile. Vale la pena esplorare questa differenza.

Matthias Rüb è il corrispondente da Roma della Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), il più autorevole quotidiano della Germania Federale. L’altro ieri (10 marzo) ha pubblicato un editoriale in prima pagina dal titolo: “E se l’Italia fosse sulla strada giusta?”. Ieri, il titolo era “Italia sigillata”.  Anche il berlinese Tagesspiegel di ieri si chiede, seguito da altri giornali tedeschi, come mai i dati sull’incidenza dei contagi e sulla mortalità per o con Coronavirus tra Italia e Germania sono così divergenti, anche se lo stato di salute della popolazione italiana è mediamente migliore di quella tedesca? L’interrogativo riguarda anche le misure prese dal governo italiano per fronteggiare l’emergenza: come mai gli altri governi dell’UE non sembrano affrontare la stessa minaccia con misure altrettanto drastiche? Pensano che l’Italia sia più vulnerabile al virus? Oppure, si stanno comportando in modo irresponsabile?

La risposta italiana è stata insufficiente e tardiva, come la pensano alcuni da noi, oppure adeguata o addirittura eccessiva?

Matthias Rüb ha parole di apprezzamento per la strategia del governo italiano, coerente con un modo democratico di affrontare l’emergenza, diverso dai divieti assoluti che solo regimi autoritari, come quello cinese, sono in grado di imporre ai loro cittadini, un modo che deve contemperare rispetto della libertà e contenimento del rischio. Forse, fra qualche settimana, gli altri governi europei, di fronte al dilagarsi incontrollato dell’epidemia, dovranno riconoscere che avrebbero fatto meglio a seguire l’esempio italiano. La risposta italiana può essere stata eccessiva, quella degli altri paesi insufficiente e tardiva. Si vedrà qual’è stata la risposta adeguata rispetto alla valutazione della gravità del rischio.

In realtà, forse, anche fra qualche settimana o qualche mese, sarà difficile sapere chi è stato troppo prudente e chi lo è stato troppo poco. In effetti, di fronte ai dati di oggi 12 marzo che danno per l’Italia più di 12000 infettati (e 827 morti) contro i quasi 2000 infettati e 3 morti della Germania, non è facile spiegare differenze così marcate se non si tiene conto del tempo, della straordinaria dinamicità del fenomeno che i dati riescono difficilmente a rincorrere e, soprattutto, della variabilità delle modalità di rilevazione dei dati e della pratica di sottoporre quote della popolazione al test della presenza del virus, il famoso tampone. Dato che dal punto di vista dei sintomi l’influenza da Coronavirus (e anche le sue complicazioni polmonari) non si differenzia da una comune influenza, se il test del tampone non è praticato a tutti i ricoverati con gli stessi sintomi, non si riuscirà mai a sapere con certezza di che virus un paziente è ammalato o deceduto. Inoltre, non tutti gli infettati mostrano sintomi e non tutti i sintomi rivelano la presenza del virus. Un conto è morire con il virus e un conto è morire per il virus, un conto è se il virus è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e un conto se ne è stata la causa. In Europa, si usano metri diversi per misurare gli stessi fenomeni. Qualche giornale avanza l’ipotesi che in Italia si faccia il tampone anche post mortem per accertarne la causa, mentre altrove i morti si lasciano in pace.

Rüb non manca di sottolineare come di fronte all’emergenza, migratoria o sanitaria, che colpisce un paese, la risposta solidaristica a livello europea sia sempre latitante. Che si tratti di accogliere rifugiati, richiedenti asilo, o semplici migranti, oppure di governare la diffusione di virus che non conoscono i confini, ogni stato pretende di cavarsela da solo e l’Europa è assente. Purtroppo, nonostante l’OMS, ogni paese ha il suo modo di contare le cause delle malattie e delle morti. Neppure su questo riusciamo a metterci d’accordo.

Note

¹Massimo Livi Bacci, Covid-19: Gravissimo, ma non è l’Angelo Sterminatore, Neodemos, 10 Marzo 2020,

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