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Dalla triennale alla magistrale: continua la “fuga dei cervelli” dal Mezzogiorno d’Italia

Guardando alla geografia della mobilità degli studenti meridionali negli anni accademici dal 2014/15 al 2017/18 nel passaggio dalla laurea triennale a quella magistrale, Massimo Attanasio, Marco Enea e Alessandro Albano rilevano che la fuga, già evidente nel passaggio dalle superiori all’università, continua anche in seguito: gli atenei del Mezzogiorno continuano a perdere iscritti potenziali a favore degli atenei del Centro-Nord.

Con l’entrata in vigore della legge 270/2004, che ha visto la sua prima applicazione nell’anno accademico 2008/09, il percorso universitario in Italia è stato spezzato in due per quasi tutti i percorsi di studio¹: vi è prima una laurea di primo livello (o triennale) cui può seguire, se gli studenti lo vogliono, una laurea di secondo livello (o magistrale). Questo passaggio richiede una nuova iscrizione, ed è proprio sfruttando i dati amministrativi che queste iscrizioni generano che è possibile studiare la mobilità dei laureati, qui indicati talvolta rispetto alla loro provenienza (laureati triennali) e talaltra rispetto alla loro destinazione, verso una certa laurea magistrale (LM). Considereremo qui la mobilità studentesca tra macro-regioni e tra atenei.

Come per lo studio della mobilità geografica al momento dell’iscrizione a una laurea di primo livello (Attanasio, Enea e Priulla 2019) si analizzano qui i micro dati dell’Anagrafe Nazionale Studenti (ANS) del MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca), relativamente alle coorti di immatricolati, negli aa. 2011/12 e 2014/15, a cui corrispondono iscrizioni alla LM negli anni 2014/15 e 2017/18. Questa analisi per coorte supera le limitazioni date dagli archivi dei singoli atenei, i quali non sono in grado di seguire le carriere degli studenti se questi cambiano ateneo. L’iscrizione alla LM è certamente un buon predittore del conseguimento della LM, visto che il numero di abbandoni è inferiore al 4% nei due anni, mentre, da un altro lato, considerare il conseguimento del titolo come variabile di interesse avrebbe comportato la scelta di coorti meno recenti. Consideriamo qui solo i laureati entro 3 anni accademici per confrontare le due coorti, tenendo conto che il tasso di laurea entro 3 anni, per la prima coorte, è pari al 28% (64.653 su 227.870) e, per la seconda coorte, pari al 34% (75.031 su 222.577). Per la prima coorte tale percentuale sale al 45% quando includiamo anche i laureati entro 4 anni, mentre, per la seconda coorte, questo dato non è ancora disponibile.

La tabella 1 mostra i flussi tra macroregioni nel passaggio alla LM con una matrice Origine-Destinazione per le due coorti.

La tabella mostra che il numero totale di laureati triennali passa da 65 a 75 mila circa, con una crescita del 16%, cui corrisponde un incremento degli iscritti alla LM da 31 a 37 mila (+20%). Ciò si riflette in ogni macroregione, ma l’incremento maggiore si registra nelle Isole i cui tassi passano dal 41,2% della coorte del 2011 al 46.5% nel 2014 recuperando un po’ della distanza con il Nord.

Questo dato ha certamente una valenza positiva, ma non deve troppo rassicurare perché, tra i laureati triennali isolani che si iscrivono alla LM, solo il 69.4% nella coorte del 2011 e il 68.4% in quella del 2014 prosegue il percorso universitario nella stessa macroregione, mentre il 30% nel 2011 e il 31.1% nel 2014 del totale sceglie un ateneo del Centro-Nord, e quasi lo stesso fenomeno, pur se un po’ meno accentuato, si osserva nel Sud.

Adesso vediamo quali sono gli atenei che, alla LM, hanno un saldo negativo tra i laureati triennali in ingresso (quelli che provengono da altri atenei) e in uscita (i propri, che però proseguono gli studi in un ateneo diverso). (fig.1 e fig.2)

L’attrazione esercitata dagli atenei nei confronti dei laureati triennali è misurata dai valori positivi (verso l’alto) mentre, ovviamente, l’espulsione dei laureati triennali verso altri atenei è misurata dai valori negativi (verso il basso).

Gli atenei con saldo negativo, com’era prevedibile, hanno quasi tutti sede nel Mezzogiorno. Fanno eccezione gli atenei di Perugia e di Genova (per entrambe le coorti) e di Roma Tre (solo nella coorte del 2014). Ragionando in termini assoluti, troviamo gli atenei meridionali più grossi: l’Università di Bari è il primo ateneo per perdite in entrambe le coorti (23 studenti in entrata e 157 in uscita nel 2011 e 20 in entrata e 208 in uscita nel 2014), e, se si considera anche il Politecnico il saldo, già negativo, del capoluogo pugliese si aggrava. Molto elevato è anche il numero degli studenti siciliani in uscita, gli atenei di Palermo e Catania rientrano tra le 12 università coi peggiori saldi negativi in entrambe le coorti mentre l’Università di Messina solo nella coorte del 2014. Per il 2011, Federico II (Napoli) è 4° per saldo negativo poiché, nonostante le uscite, riesce ad attirare laureati dagli atenei circostanti (58 studenti in entrata e 165 in uscita). Nel 2014 essa passa in seconda posizione per un aumento delle uscite (51 studenti in entrata e 226 in uscita).

Da un altro lato,le università più attrattive sono tutte nel Centro-Nord: Bologna, Torino e il Politecnico di Torino, Roma Sapienza, la Cattolica (tutte le sedi) e Padova (AISP, 2019). Il totale di laureati triennali del Sud e delle Isole che si iscrivono alla LM in un ateneo del Centro-Nord è pari a 1204 nel 2011 e 1738 nel 2014, di questi circa il 50% si iscrive alla LM in uno dei 6 atenei appena citati. In particolare il polo torinese rappresenta la meta più in voga (18.5% nel 2011 e 16.4% nel 2014), seguito dal polo milanese (14.7% nel 2011 e 15.7% nel 2014). Infine si nota che le aree sociale e scientifica sono il tallone d’Achille degli atenei del Mezzogiorno.

In conclusione, la fuga dal Mezzogiorno è molto forte, perché alla perdita all’immatricolazione, che va dal 22,5% per il Sud al 24,7% per le Isole nel 2014, si aggiunge quella forse ancora più allarmante dalla triennale alla magistrale, che va dal 23,5% per il Sud al 31,2% per le Isole per chi prosegue della medesima coorte. Questa “seconda” mobilità appare, rispetto alla “prima”, ancor più indirizzata verso gli atenei dislocati nei poli produttivi del Paese, sembra confermare che il contesto produttivo sia la spinta più forte verso l’emigrazione.

Ringraziamenti

Questo articolo è stato finanziato dal Miur nell’ambito del programma PRIN 2017 “From high school to job placement: micro-data life course analysis of university student mobility and its impact on the Italian North-South divide.”, n. 2017HBTK5P

Bibliografia 

AISP (2019), Rapporto sulla popolazione. L’istruzione in Italia, De Santis G., Pirani E., Porcu M. (a cura di), Il Mulino, Bologna.

Attanasio M., Enea M., Priulla A. (2019) Ma quali atenei scelgono i diplomati del Mezzogiorno d’Italia? Neodemos

¹ Ma con alcune eccezioni, di lauree rimaste “a ciclo unico”, come ad esempio Giurisprudenza e Medicina.

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