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La fecondità in Italia tra ripresa e declino

L’Istat ha recentemente pubblicato i risultati della rilevazione degli iscritti in anagrafe per nascita nel 2008. Tra i risultati più importanti spiccano la ripresa della fecondità dai minimi di metà anni ’90, il continuo invecchiamento delle madri, il crescente impatto delle nascite da genitori stranieri, le differenze territoriali.
Ma riesaminiamo questi dati da una prospettiva per generazioni, confrontando tra loro le donne nate nel 1950, ’60 e ’70. [1]

Fuori dal tunnel, ma non tutti

La ripresa della fecondità nelle regioni del nord e del centro è legata a due fattori (figura 1). Il primo è il recupero delle nascite rinviate a dopo i trent’anni dalle donne nate a fine anni ’60 e negli anni ’70, come si evince dall’andamento dei tassi di fecondità post-30 delle coorti del 1970 e del 1975. Infatti, se le donne nate nel 1950 hanno avuto solo il 25% dei loro figli dopo i 29 anni e quelle del 1960 il 39%, per le nate nel 1970 questa proporzione sarà intorno al 60%.
Raffrontando il numero medio di figli messi al mondo dalle donne nate nel 1970 e nel 1950, le prime a 30 anni avevano 0,7 figli in meno delle loro sorelle maggiori, ma questa differenza si riduce a meno 0,3 figli a 50 anni.
L’altro fattore determinante è il costante aumento delle nascite da genitori stranieri nell’ultimo decennio, di intensità tale da accrescere significativamente i tassi di fecondità sotto i trent’anni nelle generazioni più giovani, dato il profilo per età molto giovane delle madri straniere.
Lo si nota in particolare per la coorte del 1985, per cui il 48% della fecondità complessiva tra 19 e 23 anni deriva dalle nascite con madre straniera, e del 1980, per cui il 24% della fecondità complessiva tra 24 e 28 anni deriva dalle stesse (i dati sui nati stranieri per età della madre sono disponibili solo dal 2004, per cui attualmente è possibile analizzare soltanto un segmento limitato della vita riproduttiva di ciascuna generazione).

Nelle regioni del Mezzogiorno (figura 2) invece l’impatto di questi due fattori è ancora debole: il posticipo delle nascite è ancora in corso (l’età media al parto è intorno ai 29 anni per la generazione del ’70 contro i 32 circa per la stessa generazione nelle regioni settentrionali, la quota di figli avuti dopo i 30 anni in questa generazione sarà verosimilmente intorno al 45%) e i nati da madri straniere sono una percentuale ridotta del totale.

Complessivamente nelle regioni del centro-nord il numero medio di figli messo al mondo dalle donne nate nel 1970, ivi compreso il contributo delle madri straniere, si attesterà un po’ al di sopra di 1,3 figli ciascuna. Un valore spaventosamente basso, molto inferiore a quello che garantirebbe il rimpiazzo generazionale dei genitori con i figli (e cioè 2 figli per donna), ma nettamente superiore a quanto prospettato pochi anni orsono. Per le nate dopo il ’70, grazie al crescente contributo delle donne straniere e ad una maggiore possibilità di conciliare lavoro e famiglia, la fecondità potrebbe risalire sino a 1,4 figli per donna.
Nelle regioni meridionali la spirale discendente invece non si arresterà a breve, passando dai due figli messi al mondo dalle donne nate nel ’60 a 1,7 e 1,5 rispettivamente per le generazioni del 1970 e del 1975. Per le generazioni nate negli anni ’80 ci si avvia, probabilmente, ad una convergenza, specialmente in alcune regioni, con i livelli del nord del paese, ma con modelli di famiglia che restano diversi, e senza il contributo compensativo delle donne immigrate.

Un confronto con l’Europa

Nel complesso le donne italiane nate nel 1970 avranno intorno a 1,5 figli ciascuna, uno dei livelli più bassi in Europa (tabella 1). L’Italia resta lontana non solo dai paesi dell’Europa scandinava e occidentale, dove anche tra le donne più giovani il rapporto tra generazioni è intorno al livello di sostituzione, ma anche da quelli dell’Europa centrale e meridionale. L’unico paese con una discendenza per la coorte del 1970 sui livelli dell’Italia è la Spagna, nazione che condivide con noi molte caratteristiche sociali e culturali.

Stima del numero medio di figli per donna in alcuni paesi europei, generazioni del 1950, 1960 e 1970

Paese 1950 1960 1970*
Europa settentrionale
Danimarca 1,9 1,9 2,0
Finlandia 1,9 1,9 1,9
Norvegia 1,9 2,1 2,1
Svezia 2,0 2,0 2,0
Europa Occidentale
Francia 2,1 2,0 1,9
Paesi Bassi 1,9 1,8 1,8
Regno Unito 1,9 1,9
Europa Centrale
Austria 1,9 1,7 1,6
Svizzera 1,8 1,7 1,6
Europa Meridionale
Grecia 2,0 1,8 1,6
Italia 1,9 1,6 1,5
Portogallo 2,1 1,8 1,7
Spagna 1,7 1,5

Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Istat per l’Italia, INSEE per la Francia, EUROSTAT per tutti gli altri paesi.
* Stima.

Conclusioni

In assenza di politiche adeguate di sostegno alle famiglie con figli e di conciliazione tra lavoro e maternità è difficile che la situazione cambi nel futuro prossimo e che l’Italia possa uscire dal tunnel della bassa fecondità. Le famiglie italiane, e specialmente le donne, si ritrovano con grandi pesi e pochi aiuti  (cfr. i recenti articoli di Tanturri e Saraceno su Neodemos e di Del Boca e Rosina su La Voce)
Inoltre, affinché il contributo dei nati stranieri non sia solo numerico, ma possa anche giovare alla crescita della società nel suo complesso, occorrerebbero adeguate politiche di integrazione, che invece oggi scarseggiano. Ma questo è un altro articolo …

[1] I valori per la generazione del 1970 sono frutto di stime dell’autore basate sull’ipotesi che le tendenze attuali proseguano nel tempo. In ogni caso, poiché la fecondità post-38 è marginale rispetto al totale, un eventuale scostamento sarà minimo.

Per saperne di più

Istat (2010). Natalità e fecondità della popolazione residente: caratteristiche e tendenze recenti – Anno 2008. Statistiche in breve. Diffuso il 18 marzo 2010.
http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20100318_00/

* Università di Messina

Links

Del Boca e Rosina http://www.lavoce.info/articoli/-famiglia/pagina1001565.html

Saraceno Perché è così difficile avere dati certi sui nidi in Italia?

Tanturri I piedi d’argilla della famiglia “tuttofare”

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