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I figli degli immigrati stranieri crescono: quanti restano stranieri in patria?*

In vista della scadenza referendaria, Salvatore Strozza e Flavio Biascucci provano a fornire alcune valutazioni sui figli degli immigrati stranieri che sono tuttora stranieri in patria, segnalando la necessità della riforma della legge sulla cittadinanza per garantire una società multietnica e multiculturale inclusiva e a bassa conflittualità.

Qual è il numero potenziale di figli di immigrati stranieri alla nascita?

I figli degli immigrati stranieri crescono di numero e di età, diventando via via più numerosi e più di frequente maggiorenni. I dati delle rilevazioni correnti consentono di osservare l’evoluzione nel tempo degli stranieri immigrati a meno di 18 anni, che per semplicità definiamo come minori al seguito (anche se in una quota nettamente minoritaria si tratta di minori non accompagnati), e dei nati in Italia da entrambi i genitori stranieri, che sono secondo la nostra legislazione anch’essi stranieri (Fig. 1). Nel primo caso si tratta del collettivo che va a comporre le cosiddette generazioni decimali, cioè l’insieme dei figli degli immigrati nati all’estero e arrivati a meno di sei anni (generazione 1,75), tra sei e dodici anni (generazione 1,50) e tra tredici e diciassette anni (generazione 1,25). Nel secondo caso siamo invece in presenza della seconda generazione in senso stretto (o delle generazioni successive), visto che si tratta di nati in Italia da genitori che molto probabilmente sono nati all’estero e, in ogni caso, sono ancora stranieri al momento della nascita del figlio. 

I dati sulle iscrizioni anagrafiche per trasferimento di residenza dall’estero ci consentono di osservare come il flusso in entrata dei minori stranieri sia cresciuto a partire dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso con un’accelerazione significativa negli anni Novanta e un aumento davvero straordinario nel primo decennio di questo secolo. Se negli anni Ottanta le iscrizioni anagrafiche di minorenni stranieri provenienti dall’estero erano meno di 10 mila all’anno, nel biennio 2007-2008 sfiorano gli 80 mila arrivi annui. Si tratta del picco massimo, negli anni seguenti il numero si riduce tenendosi comunque al di sopra delle 35 mila registrazioni all’anno, per tornare intorno alle 70 mila iscrizioni annue nel periodo post-Covid. Tra il 1980 e il 2024 gli arrivi di minori stranieri sono stati complessivamente più di 1,5 milioni, cifra che possiamo definire come il numero potenziale massimo di giovani delle generazioni decimali. Naturalmente il numero effettivo dei residenti in Italia è inferiore a questa cifra per via delle partenze e dei decessi. Costituisce però un punto di riferimento visto che non si dispone di statistiche capaci di fornire una valutazione attenta di questo collettivo. 

Anche i nati da genitori entrambi stranieri hanno avuto un’evoluzione simile a quella degli arrivi dall’estero di minori stranieri. Qualche migliaia negli anni Ottanta, già alla fine del decennio seguente raggiungono le 20 mila unità all’anno per crescere considerevolmente negli anni Dieci di questo secolo e toccare il massimo nel 2012, con quasi 79 mila nascite da genitori entrambi stranieri. Come per gli italiani, anche per gli stranieri le nascite diminuiscono nel periodo seguente scendendo a poco meno di 50 mila nell’ultimo anno disponibile. Nell’intero periodo considerato (1986-2024) i nati stranieri possono essere stimati in circa 1,6 milioni, cifra che rappresenta il numero potenziale massimo di giovani di seconda generazione stranieri alla nascita (sono esclusi gli oltre 700 mila figli di coppie miste, che secondo la legislazione nazionale sono italiani alla nascita). In sintesi, ad inizio 2025 il numero massimo potenziale di bambini, ragazzi e giovani adulti di seconda generazione e delle generazioni decimali stranieri alla nascita supera i 3 milioni.

Diventare italiani: solo uno su tre ce l’ha fatta! 

Quanti di questi giovani di origine straniera sono diventati italiani? È difficile dirlo con precisione visto che non si dispone di dati analitici per l’intero periodo considerato. Le acquisizioni di cittadinanza da parte di stranieri con meno di 20 anni si aggiravano intorno alle 10-20 mila all’anno verso la fine del primo e l’inizio del secondo decennio di questo secolo. Solo in seguito il numero si è accresciuto, per via delle acquisizioni per iure comunicatio (Strozza, Conti e Tucci, 2021), raggiungendo un massimo nel 2016 (circa 80 mila) che è stato successivamente sfiorato anche nel biennio 2022-2023 (Fig. 2). Sulla base del totale delle acquisizioni registrate nel 2024 (oltre 217 mila) e ipotizzando che la quota relativa agli under 20 sia uguale a quella media osservata nei due anni precedenti distintamente per genere (37,8% tra gli uomini e 35,3% tra le donne), è possibile ipotizzare che per l’anno passato quasi 80 mila minori di 20 anni hanno ottenuto il passaporto italiano. Nell’intero periodo considerato (2008-2024), gli under 20 diventati italiani sono stati all’incirca 800 mila, si può supporre meno di un milione dagli anni Novanta ad oggi. 

Pertanto, si può ritenere che in poco meno di 35 anni, cioè dall’entrata in vigore della legge n. 91 del 1992, meno di un terzo del numero massimo potenziale di bambini, ragazzi e giovani adulti di seconda generazione e delle generazioni decimali che erano stranieri alla nascita ha avuto accesso alla cittadinanza italiana prima di compiere i vent’anni. Quelli rimasti stranieri saranno però meno di 2 milioni, visto che una parte non ci sarà più (emigrati e deceduti). Si tratta comunque di un collettivo davvero numeroso di giovani italiani stranieri in patria. 

Giovani stranieri in patria: numerosi quanto quattro generazioni di nati 

I dati disponibili non consentono di contabilizzare questo collettivo. Ad inizio 2022 in base ai risultati del censimento permanente (Tab. 1) su 5 milioni di stranieri i minori di 18 anni sono oltre 1 milione, di cui 240 mila nati all’estero (e quindi immigrati) e più di 800 mila nati in Italia. Si tratta pertanto di giovanissimi di seconda generazione o delle generazioni decimali, visto che pure quelli nati all’estero sono arrivati in Italia da minorenni. Ma anche una parte importante dei quasi 1,3 milioni di giovani stranieri di 18-34 anni sono di seconda generazione (in vero meno di 40 mila) o, più di frequente, delle generazioni decimali (cifra non disponibile e difficile da stimare). 

Se consideriamo anche i nuovi italiani, cioè gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza, è possibile notare come al censimento permanente risultino residenti in Italia circa 1,2 milioni di under 35 nati in Italia che alla nascita erano stranieri, dei quali meno del 30% diventati italiani. Se si considera poi che i nati da entrambi i genitori stranieri tra il 1986 e il 2021 sono stati circa 1,46 milioni se ne deduce che la frazione effettivamente residente all’inizio del 2022 dei potenziali componenti della seconda generazione è pari a quasi l’84%. Se immaginiamo una proporzione simile anche per i potenziali giovani delle generazioni decimali arrivati da stranieri nel periodo 1980-2021 (circa 1,3 milioni, cifra che però si riduce a 1,17 milioni limitando la finestra temporale al sotto-periodo 1998-2021) si arriva ad una stima di poco inferiore a 1,1 milioni (o, in modo più cauto, quantomeno 0,97 milioni) di minorenni arrivati da stranieri e ancora residenti in Italia. Visto che i nuovi italiani under 35 nati all’estero sono quasi 250 mila (ipotizzando che tutti i 207 mila di 18-34 anni siano arrivati da minorenni) si può ritenere che circa i tre quarti dei giovani delle generazioni decimali all’inizio del 2022 non sono ancora diventati italiani. 

In sintesi, risiedono in Italia all’inizio del 2022 circa 1,6 milioni di giovani under 35 di seconda generazione (circa 850 mila) o delle generazioni decimali (circa 750 mila) che non hanno ancora la cittadinanza italiana. Si tratta di un numero rilevante e di una frazione importante dei giovani italiani che di fatto sono stranieri in patria. La cifra corrisponde all’incirca alla numerosità di circa 4 generazioni di nati degli anni più recenti.

Il referendum: un’occasione per riformare dal basso la legge sulla cittadinanza 

Negli ultimi tre anni, come abbiamo già osservato in precedenza, circa 235 mila under 20 sono diventati italiani, ma questo non cambia in modo significativo la situazione appena delineata. Una riforma della legge n. 91 del 1992 nella direzione di una riduzione dei tempi richiesti per l’accesso alla cittadinanza italiana consentirebbe a una parte non trascurabile di questi giovani di essere riconosciuti come cittadini del Paese a cui di fatto appartengono e a cui sentono di appartenere. Ridurre da 10 a 5 anni la durata della residenza necessaria per accedere alla cittadinanza consentirebbe di allineare l’Italia a diversi altri paesi europei di immigrazione. La cosiddetta regola dei cinque anni per tutti (si vedano le conclusioni del volume di Strozza, Conti e Tucci, 2021), a meno di condizioni più favorevoli, renderebbe in tempi più ragionevoli gli immigrati di prima generazione e quelli di seconda e delle generazioni decimali parte integrante della realtà in cui hanno scelto di vivere, in cui sono nati e/o dove sono andati a scuola ed hanno stabilito relazioni amicali ed affettive, contribuendo a costruire una società multietnica e multiculturale inclusiva e a bassa conflittualità. Il prossimo referendum potrebbe rappresentare un’occasione straordinaria per sapere come la pensano gli italiani su questa importante tematica e per indirizzare il legislatore verso una riforma della legge sulla cittadinanza aderente al modo di sentire del Paese, sempre che alcuni partiti non boicottino questo importante esercizio di democrazia. 

* Questo articolo è pubblicato anche in un volume curato da Elena de Filippo dal titolo Traiettorie. Storie di cittadinanza di ragazzi e ragazze con background migratorio, Cooperativa sociale Dedalus, Napoli. Solo le conclusioni sono state integrate.

Per saperne di più

Strozza S., Conti C., Tucci E. (2021), Nuovi cittadini. Diventare italiani nell’era della globalizzazione, Il Mulino, Bologna.

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