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Restare figli più a lungo, diventare nonni più tardi

L’allungamento della vita media, la bassissima fecondità e il posticipo della maternità, hanno cambiato anche le età a cui avvengono comunemente alcune transizioni nei diversi ruoli familiari (si diventa nonni sempre più tardi; mentre si rimane figli molto più a lungo) e la possibilità inedita di assumere più ruoli contemporaneamente (es. nonno e figlio): Questo interessante studio di Carla Facchini ci permette di saperne di più.

Posticipazione degli eventi life-marker e mutamenti dei ruoli familiari

Come è noto, dal Secondo Dopoguerra a oggi la speranza media di vita è salita da 63,7 a 81,4 anni per gli uomini e da 67,2 a 85,5 per le donne; al tempo stesso, è crollata la fecondità e l’età media a cui si diventa madri per la prima volta è passata da 25 anni a 32,4 (Istat, 2025). 

Questi mutamenti hanno coinvolto anzitutto i grandi anziani da un lato e i giovani adulti dall’altro, ma si sono ripercossi anche sulle generazioni contigue, ossia a quelle che dei primi sono figli e, delle seconde, genitori, non solo modificando l’età di transizione nei diversi ruoli familiari, ma anche rendendo più incerte alcune transizioni. Obiettivo di questo contributo è evidenziare alcuni dei mutamenti più rilevanti a questo riguardo, utilizzando i dati che emergono dall’Indagine Istat 2016 ‘Famiglie, soggetti sociali e cicli di vita’. 
Anzitutto, il decremento della natalità e la posticipazione delle età in cui si diventa genitori (Facchini, 2023), comporta che, attualmente, solo il 70% circa dei 40-44enni sia diventato genitore e che, anche tra i 50enni, tale condizione riguardi meno dell’80%. Se per i 40enni si può ipotizzare che possa esservi, negli anni immediatamente successivi, un qualche recupero della genitorialità, per quanto riguarda i 50enni tale recupero sembra invece improbabile e, comunque, assai contenuto. Quello che però, in questa sede, più interessa rimarcare è che i mutamenti nella genitorialità comportano che, attualmente, sia nonno meno del 40% dei 60-64enni, poco più del 60% dei 65-74enni e che, anche tra gli over 75, si superi di poco il 70%. In quest’ultima classe di età, solo una piccola minoranza è riuscita a diventare anche bisnonno: il 12,6%.

Si diventa, quindi, nonni sempre più tardi. E, presumibilmente, a fronte di una percentuale crescente di adulti che ‘non’ hanno figli, una quota crescente di anziani, pur avendo avuto figli, nonno non lo diventerà mai. Ma ancora più consistente è stato l’impatto sulle diverse classi di età dell’aumento della speranza di vita, per restare nella condizione di “figlio”.


Come evidenzia il grafico 2, la fortissima contrazione della mortalità sotto i 70 anni1 ha comportato che, attualmente, fino ai 25 anni, la quasi totalità dei soggetti abbia ancora in vita sia la madre che il padre; dopo tale età, la percentuale comincia a diminuire, ma solo per quanto riguarda i padri che, comunque, sono ancora presenti nel 70% dei casi per i figli 40-44enni e nel 35% dei casi per i 50-54enni. Ancora più prolungata la permanenza in vita delle madri, dovuta sia alla loro maggiore longevità, sia al fatto che le donne sono di norma la componente più giovane della coppia coniugale. Ha la madre ancora in vita non solo la grande maggioranza degli adulti (il 90% dei 40-44enni, quasi il 70% dei 50-54enni), ma anche una parte non piccola di persone ‘quasi’ anziane (il 30% dei 60-64enni), o anziane (il 10% dei 65-74ennni). Vale a dire che si rimane ‘figli’ molto più a lungo di quanto non avvenisse ancora pochi decenni fa.

Se si leggono questi dati assieme a quelli relativi al diventare genitori e al diventare nonni, il risultato (grafico 2) è, da un lato, che fino a 45-49 anni sono più numerosi quanti hanno almeno un genitore ancora in vita2 rispetto a quelli che hanno almeno un figlio; dall’altro che, fino ai 55 anni, sono più numerosi quanti sono ancora figli di quelli che sono già nonni: il 73,7% contro il 10,1% tra i 50-54 anni, il 55% contro il 25,5% tra i 55-59enni. Solo a partire dai 60-64 anni i due dati si invertono, pur rimanendo ancora vicini (il 34,4% contro il 41,8%). 

Il risultato è che, rispetto a pochi decenni fa, non solo si diventa nonni sempre più tardi, ma si rimane ‘figli’ sempre più a lungo.

Essere contemporaneamente nonni e figli

Rispetto a questi mutamenti, è sembrato interessante rilevare come si intreccino i due ruoli di nonno e di figlio, costruendo una variabile che, a partire da queste, prevede 4 modalità: ‘né l’uno né l’altro’, ‘solo figlio/a’, ‘solo nonno/a’, ‘sia l’uno che l’altro’.

Come evidenzia il grafico 3, fino a 54 anni la grande maggioranza dei soggetti è ‘solo’ figlio/a, pochi non sono né figli, né nonni, pochissimi quelli che sono solo nonni o che ricoprono entrambi i ruoli. Anche nella classe d’età successiva dei 55-59enni, il gruppo più numeroso continua ad essere costituito da chi è ‘solo figlio’, ma comincia ad essere affiancato dal gruppo di chi non è ‘né figlio, né nonno’; inoltre, cominciano ad essere significative le percentuali sia di chi è ‘solo nonno’, sia di chi gioca entrambi i ruoli nello stesso momento. Tale tendenza si accentua tra i 60-64enni, tra i quali il gruppo più numeroso diventa quello costituto da chi non ricopre nessuno dei due ruoli; ciò che, però, sembra più interessante è che la percentuale di chi è ‘solo nonno’ non è molto superiore a quella di chi è ‘solo figlio’ (il 28,6%, contro il 21,2%) e che vi è un 13,2% che assomma entrambi i ruoli. Poi, a partire dai 65 anni, se la percentuale di chi è ‘solo nonno’ diventa progressivamente maggioritaria come è logico, rimane comunque consistente (attorno al 30%) la percentuale di chi non ricopre nessuno dei due ruoli; decisamente minoritaria e decrescente è, invece l’incidenza degli altri due gruppi.

In estrema sintesi, quindi, possiamo affermare che, da un lato, non solo i giovani, ma anche le generazioni ‘mature’ e anziane vedono una posticipazione delle transizioni nei ruoli familiari e, dall’altro, che si assiste ad una maggiore presenza di situazioni, precedentemente inusuali, in cui il ruolo di ‘nonno’ e quello di ‘figlio’ sono sovrapposti.

Molti sono gli interrogativi che nascono da questi risultati: cosa comportano questi mutamenti ‘strutturali’ per l’identità delle persone? In particolare, cosa significa, per i sessantenni, essere ancora “figli” e non essere invece “nonni”, come forse ci si sarebbe prospettati? O il rendersi conto che, anche se si hanno avuto figli, non necessariamente si diventerà nonni? Oppure, cosa significa diventare orfani a 60-70 anni, quando la perdita dei genitori si intreccia con l’uscita dal mondo del lavoro e con l’affacciarsi del “proprio” invecchiamento? 

O, ancora, nel caso in cui si ricoprano entrambi i ruoli, come conciliare il sostegno nella cura dei nipoti che può essere chiesto dai figli e dalle figlie per permettere un loro ‘sereno’ inserimento lavorativo e la richiesta di supporto che può provenire dai genitori ‘grandi anziani’? Questi interrogativi diventano particolarmente stringenti in un Paese, come il nostro, in cui il sistema di welfare si basa largamente sulla solidarietà familiare, e la presenza di servizi sia per l’infanzia sia per chi non è autosufficiente è decisamente inadeguata (Magaraggia e Benasso, 2019; Facchini, 2024). 

Complessivamente, i mutamenti in atto non ridisegnano solo una nuova mappa del corso della vita (Laslett, 1992), ma anche i ruoli familiari stessi, ponendo i soggetti nella duplice necessità di confrontarsi con ruoli ben diversi da quelli che avevano, alla loro età, i propri genitori (ammesso che fossero arrivati all’età che hanno ora i figli…) e di elaborare, in assenza di consolidati modelli di riferimento, relazioni del tutto inedite e per nulla scontate.

Per saperne di più

Facchini C. (2023), I giovani tra permanenza nella famiglia di origine e nuovi modelli familiari. Vincoli economici e mutamenti culturali, Città in controluce, n.41-42, pp. 5-35.

Facchini C. (2024), Les personnes agées: entre solidarité de couple et solidarité intergenerationelle, in P.Pitaud (a cura di), Vieillir en institution ou a domicile, Editions érès, Toulouse, pp. 31-75

Istat (2025), Indicatori demografici anno 2024, Istat, 31 marzo 2025.

Laslett P. (1992), Una nuova mappa del corso di vita, Il Mulino, Bologna.

Magaraggia S., Benasso S., (2019), In Transition … Where to? Rethinking Life Stages and Intergenerational Relations of Italian Youth, Societies, 9 (1), 7, https://doi.org/10.3390/soc9010007

Note

1Nel 2024, a 70 anni risultavano ancora in vita l’84,8% degli uomini, il 91% delle donne; a 80 rispettivamente il 64,9% e il 77,6%, a 90 il 26,7% e il 40,9% (http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=19053). 

2A tal fine, si è costruita una variabile che, a partire dalle due variabili di base – ‘padre’ in vita e ‘madre in vita’ – dicotomizza tra chi ha o meno almeno un genitore in vita e la si è denominata ‘figlio’. 

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