Negli ultimi anni la popolazione immigrata evidenzia, al suo interno, una crescente presenza di anziani, se tale processo testimonia un positivo radicamento nel nostro paese, costituirà anche una sfida per il sistema sociale, dato che, di norma, gli immigrati hanno storie lavorative doppiamente deboli. Come scrive Carla Facchini, le loro modeste retribuzioni e la loro frequente discontinuità contributiva comporteranno, infatti, che, da anziani, saranno fortemente esposti al rischio di povertà.
L’incidenza degli immigrati sulla popolazione tardo-adulta e anziana
Molte sono le analisi e le considerazioni circa la crescente incidenza tra i minori di persone nate in altri paesi o, comunque, da genitori nati in altri paesi, ossia di seconda generazione. Decisamente minore è, invece, l’attenzione verso gli stranieri presenti nelle età anziane, nonostante la loro crescente rilevanza. Basti citare alcuni dati. Nel 2004, ossia venti anni fa, gli ‘stranieri’ di 60-69 anni erano poco meno di 35.000, quelli di 70-79 anni meno di 19.000 e gli over 80 meno di 9.000 (tabella 1).

La loro incidenza sulla popolazione complessiva di pari fascia di età era quindi pari, rispettivamente, a circa lo 0,7%, lo 0,4% e lo 0,3% (grafico 1).

Già nel 2014, la situazione si era modificata: gli stranieri di 60-69 anni erano oltre 180.000, quelli di 70-79 oltre 57.000, gli over 80 circa 16.500, pari, rispettivamente al 2,5%, all’1% e allo 0,4% della popolazione residente in pari fascia di età.
Altrettanto forte il mutamento negli ultimi dieci anni. Nel 2024, infatti, gli stranieri di 60-69 anni sono risultati oltre 388.000, i 70-79enni 128.000, gli over 80 34.500, pari, rispettivamente al 5%, al 2% e a meno dell’1% della popolazione in pari fascia di età.
Vale a dire che mentre ancora venti anni fa la presenza di anziani ‘stranieri’ era numericamente quasi irrilevante, attualmente, pur essendo ancora molto contenuta, comincia ad essere visibile e ancor più lo sarà nei prossimi 10-20 anni, quando entreranno nelle classi di età anziana gli attuali 50enni tra i quali gli stranieri costituiscono circa il 7,5% della popolazione di pari classe di età.
Ma i dati utilizzati si riferiscono agli ‘stranieri’, persone che non hanno la cittadinanza italiana indipendentemente dal luogo di nascita. Non considerano, ad esempio, le circa 1.350.000 persone che hanno acquisito la cittadinanza italiana dopo il 2012. In particolare, per quanto riguarda il tema qui trattato, non considerano le quasi 312.000 persone che, tra il 2012 e il 2023, hanno acquisito la cittadinanza italiana ad un’età superiore ai 49 anni (dati.istat.it). Vale a dire che, in realtà, l’incidenza di immigrati in queste fasce d’età è, seppur di poco, maggiore di quanto i dati utilizzati rilevino.
Alla base di tale incremento di immigrati tra la popolazione anziana vi è soprattutto il fatto che buona parte di quanti sono arrivati in Italia da ‘adulti’ si sono poi radicati nel nostro paese, rimanendovi anche una volta entrati nell’età anziana e, presumibilmente, anche dopo aver cessato l’attività lavorativa.
Ma perché questo mutamento è rilevante?
Come scritto nelle righe iniziali, tale crescente incidenza di immigrati tra gli anziani è entrata, finora, solo marginalmente nelle analisi sull’immigrazione e nel relativo dibattito. Eppure dovrebbe essere oggetto di attenzione se si considera il ruolo che le storie lavorative degli immigrati avrà sulle loro pensioni e, quindi, sulle loro future condizioni economiche.
È, infatti, appena il caso di ricordare che gli immigrati hanno, di norma, storie lavorative spesso segnate da bassi redditi che fanno sì che, tra di essi, l’incidenza della povertà assoluta sia decisamente elevata – stimata, dall’Istat al 30,4% per le famiglie con almeno uno straniero e al 35,1% per quelle composte esclusivamente da stranieri, contro il 6,3% tra quelle composte solo da italiani (Istat, 2024). A cui si aggiunge spesso una ridotta (e incompleta) tutela previdenziale.
Tale doppia debolezza – sia reddituale che previdenziale – si sta inoltre collocando in un quadro complessivo segnato dai mutamenti in atto del sistema pensionistico, che vede non solo un aumento dell’età e dell’anzianità lavorativa necessarie per accedere alla pensione, ma anche il passaggio dal modello retributivo del suo computo a quello contributivo, di norma assai meno favorevole (dato che l’importo della pensione è calcolato non sulle retribuzioni degli ultimi anni, tendenzialmente migliori, ma sull’intero arco lavorativo, comprendente quindi le fasi iniziali e i periodi di precarietà).
Vale a dire che, se in generale, i mutamenti del sistema pensionistico fanno ipotizzare una maggiore presenza, in futuro, di pensioni di importo modesto, questo sarà particolarmente vero per gli immigrati, specificamente penalizzati dalla loro storia lavorativa doppiamente ‘debole’, esponendoli, quindi, da ‘anziani’ ad un rischio di povertà ancora maggiore di quello che li sta connotando, attualmente, da ‘adulti’.
Per saperne di più
Bonifazi C. (2024), Da migranti a nuovi cittadini, Neodemos, 1 Ottobre 2024.
Le statistiche dell’ISTAT sulla povertà – anno 2023
www.tuttitalia.it – Popolazione per età, sesso e stato civile 2024 – 2014 e 2004
www.tuttitalia.it – Cittadini stranieri in Italia – 2024 – 2014 – 2004