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Nonni e felici? Non per forza! Legami familiari e salute mentale in età avanzata 

Abbiamo bisogno di nipoti per star bene da anziani? Utilizzando avanzate tecniche statistiche su un campione di 160 mila individui provenienti da tutta Europa, Elisa Brini e Francesca Zanasi mettono in discussione questa convinzione: i legami familiari non influiscono sulla salute mentale di uomini e donne in età matura.  

Perché i legami familiari dovrebbero influenzare la salute mentale?

Con l’invecchiamento della popolazione e il crollo dei tassi di fecondità, cresce la preoccupazione per le persone senza figli, ritenute più vulnerabili ai rischi legati all’isolamento sociale che può insorgere con la fine della vita “produttiva” e con le limitazioni dell’autosufficienza. Questa situazione sarebbe associata, a sua volta, a numerosi rischi per la salute mentale. Tuttavia, la ricerca scientifica non ha raggiunto un consenso sulle differenze di salute mentale in tarda età tra persone con e senza legami familiari. 

I legami familiari, come quelli con figli e nipoti, sono cruciali per il supporto emotivo e le relazioni sociali che offrono. Le relazioni con i figli, ad esempio, rimangono rilevanti anche in età avanzata: legami emotivamente stretti e di supporto possono migliorare il benessere psicologico, mentre relazioni conflittuali possono deteriorarlo. Inoltre, i membri della famiglia si scambiano reciprocamente tempo e risorse: i figli adulti si fanno spesso carico dell’assistenza verso genitori anziani, mentre i genitori, a loro volta, forniscono sostegno finanziario o assistenza ai nipoti. Il ruolo stesso di nonno può conferire un senso di significato e scopo alla vita. Ciononostante, numerosi studi mostrano che le persone senza figli compensano l’assenza di legami con figli o nipoti in tarda età attraverso altre reti di sostegno, con parenti, amicizie e volontariato.

Tre prospettive per lo studio dei legami familiari in tarda età

Nell’analizzare il nesso tra legami familiare e salute mentale introduciamo tre novità. In primo luogo, distinguiamo tre categorie di persone mature: persone senza figli, persone con figli ma senza nipoti, e nonni – superando la comune distinzione tra persone senza e con figli. In secondo luogo, studiamo la relazione per gruppi d’età, evidenziando che (non) avere certi legami familiari fa la differenza a seconda dello stadio della vita. Il principio della tempestività evidenzia infatti come transizioni ed eventi abbiano conseguenze diverse a seconda del momento in cui avvengono nella vita di un individuo. Da un lato, esistono aspettative sociali che definiscono l’età appropriata per specifiche transizioni di vita, e il rispetto di queste tempistiche normative può far sentire gli individui “precoci”, “puntuali” o “in ritardo”. Dall’altro, queste transizioni agiscono da promemoria dell’età: diventare nonni molto presto può esacerbare i sintomi depressivi, alterando la percezione di sé e facendo sentire più anziani. Al contrario, diventare nonni in un’età socialmente attesa migliora l’autostima e fornisce un buffer protettivo contro la depressione. L’età enfatizza anche l’importanza della sovrapposizione di ruoli: i nonni più giovani devono gestire il lavoro, la cura dei nipoti e responsabilità verso figli adulti e genitori anziani, sostenendo un carico di lavoro eccessivo che può annullare i benefici dell’essere nonni, causando stress fisico e psicologico. Tuttavia, con l’avanzare dell’età e il pensionamento, il rischio di sovrapposizione di ruoli diminuisce, permettendo ai nonni più anziani di beneficiare delle attività derivanti dalla cura dei nipoti. Infine, usiamo modelli statistici avanzati per controllare i cosiddetti effetti di selezione, per capire cioè se ci sono caratteristiche o avvenimenti del corso di vita che influenzano sia lo status familiare futuro che il benessere psicologico.

Dati e metodi

La ricerca utilizza i dati provenienti da otto ondate dell’indagine SHARE (Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe), condotte tra il 2004 e il 2020, su un campione di persone di età 50 e più residenti in 17 paesi europei. La salute mentale, misurata tramite il numero di sintomi depressivi sulla scala Euro-D, viene investigata tra tre categorie di individui: persone senza figli; persone con figli ma senza nipoti; e nonni. 

I risultati della ricerca 

I risultati – in Figura 1 per gli uomini – indicano che i sintomi depressivi (Euro-D) aumentano con l’età: gli uomini senza figli (barre grige) nella fascia d’età 50-59 soffrono in media di 1.5 sintomi depressivi; questo numero sale a 2.5 nella fascia d’età 80-89. Non emergono differenze rispetto agli uomini con figli ma senza nipoti (cerchi neri) o nonni (diamanti neri). Rappresenta un’eccezione è il gruppo di età 70-79 anni: in questa fascia, gli uomini senza nipoti riportano in media 0.22 sintomi depressivi in meno, e i nonni 0.14 sintomi in meno, rispetto agli uomini senza figli. I risultati per le donne sono in linea con questa evidenza, non mostrando differenze per nessuna fascia d’età.

Oltre la famiglia c’è di più

I risultati dello studio mostrano che, correggendo per effetti di selezione, non esiste un chiaro vantaggio psicologico associato all’essere nonni rispetto all’essere genitori o non avere figli: questo vale per tutte le fasce d’età e per entrambi i sessi. Soltanto per gli uomini tra i 70 e i 79 anni, la salute mentale è leggermente migliore per i genitori (nonni e non) rispetto agli uomini senza figli. 

I risultati sottolineano che il benessere psicologico in età avanzata dipende più dalle esperienze di vita e dalle condizioni socioeconomiche che dallo stato familiare. Pertanto, nell’implementazione di politiche pubbliche volte a fronteggiare le sfide del cambiamento demografico, è essenziale andare oltre l’idea tradizionale di famiglia, garantendo stili di vita sani, supporto sociale e risorse economiche sufficienti fin dall’infanzia, indipendentemente dallo stato familiare.

Per saperne di più

Brini, E., & Zanasi, F. (2024). (Grand) childlessness and depression across men and women’s stages of later life. Journal of Family Studies, 30(3), 365-396.

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