Con una riproduttività caduta a 1 figlio per donna, la Cina si interroga sul suo futuro demografico. Secondo Massimo Livi Bacci, non è più il tempo di nuove politiche manipolative, e le autorità sembrano accettare la “nuova normalità” demografica, diffondendo la narrazione di un possibile sviluppo nel quale la qualità della popolazione sostituisce la quantità, che peraltro si annuncia in precipitoso declino.
Il 2023 si è chiuso, in Cina, con un nuovo record negativo di nascite, circa 9 milioni, la metà dei 18,3 milioni del 2013, appena dieci anni fa; il tasso di riproduttività è sceso a 1 figlio per donna, e solo la Corea del Sud, tra i grandi paesi, ha una riproduttività più bassa. Il 2024 è l’anno del Drago, e la credenza popolare ritiene che i nati di quest’anno vengano al mondo sotto favorevoli auspici il loro futuro. Ci si attende un lieve e transitorio “rimbalzo” delle nascite, come avvenuto nel 2012 e nel 2000 (secondo il calendario cinese l’anno del Drago cade ogni 12 anni).
L’impatto del Covid
Sulle nascite degli ultimi anni hanno pesato le chiusure e i confinamenti imposti per frenare il Covid, messi in atto a partire dal 2020, rafforzati nel 2022 e sostenuti con forza da Xi Jinping, fautore della dura politica dello “zero-Covid”. Questa politica è stata inopinatamente e rapidamente smantellata a partire dalla fine del 2022, con i primi (eventuali) effetti sulle nascite percepibili nove mesi più tardi, a partire dalla fine 2023. Questa inattesa giravolta politica, avvenuta nonostante la perdurante infezione, ha provocato un immediato aumento dei decessi nel 2023; girano stime, forse esagerate, di un eccesso di decessi rispetto al normale, di 2 milioni. Gli effetti – positivi – sulle nascite della fine del periodo zero-Covid non si sono presumibilmente manifestati prima della fine del 2023. Il saldo tra nascite e morti, ancora positivo nel 2020, è diventato negativo nel 2021 (-300mila), nel 2022 (-1,5 milioni) e nel 2023 (-2,8 milioni; Figura 1). Ci si attende un modesto rimbalzo delle nascite nel 2024, anno del Drago; sono stati segnalati dei leggeri aumenti in alcune province nel primo semestre dell’anno, ma occorrerà attendere ancora qualche mese per un bilancio definitivo.
L’impatto del Covid sulla società cinese è stato fortissimo. “Per tre anni, quasi tutti i centri urbani sono stati sottoposti a varie forme di lockdown, e fino a 370 milioni di persone, al culmine della pandemia, si trovavano segregate nelle loro case. Shanghai, il cuore dell’economia cinese, è stata soggetta alle forme più dure di lockdown. e quando venne bloccata per due mesi, nel 2022, gli economisti ritennero che la chiusura implicasse la perdita di vari punti percentuali di PIL.1” Il triennio di Covid ha prodotto una frenata dello sviluppo, profondi e diffusi disagi per la popolazione, e un aumento particolarmente forte della disoccupazione nelle aree urbane, soprattutto tra i giovani.
Manipolare la demografia è difficile
È ormai da un secolo che i regimi totalitari (ma non solo quelli) tentano di manipolare la demografia, imponendo la volontà politica sulle scelte individuali. Questa manipolazione ha raggiunto il suo vertice in Cina, con la politica del “figlio unico”, che ha compresso la fecondità delle coppie per quasi quarant’anni. Nel 2015 venne decretata la sua fine, sostituendola con il suo contrario, cioè con l’apertura e poi il sostegno alla scelta di avere un secondo figlio e, a partire dal 2023, anche un terzo figlio. Nonostante le campagne martellanti, come solo il regime cinese riesce a fare, le coppie hanno adottato un modello di bassissima riproduttività compatibile con le modeste ma esigenti condizioni di vita di una società schiacciata dalla sua rapidissima modernizzazione. Le politiche, anche quelle più dure e coercitive, possono imporre di non fare figli, o di averne solo uno o due. Ma sono poco meno che impotenti quando impongono di avere figli a chi non ne vuole, o non ne vuole uno in più. Xi Jinping non manca occasione per ripetere che “è necessario promuovere la costruzione di una società che guardi positivamente alla nascita e all’allevamento dei figli”. O, ancora, “dobbiamo dare grande attenzione alle tradizioni sulla formazione delle famiglie, alla creazione di una nuova cultura del matrimonio e della riproduzione, alla riforma dei costumi matrimoniali.” In un recente discorso alla All China Women’s Federation ha detto: “Dobbiamo fare una buona narrazione dei costumi familiari, guidare le donne ad assumere un ruolo unico nel promuovere le virtù tradizionali della nazione cinese… e creare una nuova cultura della civiltà familiare”. Va qui ricordato che una strategia (assai miope) di sostegno alle nascite da oltre un decennio prevede il “ritorno a casa” delle donne.
È assai dubbio che le esortazioni a fare più figli possano avere effetti, nonostante i (modesti) sostegni messi in campo, per almeno due ragioni. La prima è la clamorosa contraddizione di un regime che ha imposto alle coppie la regola del figlio unico, e che all’improvviso, capovolgendo un quarantennio di politica, chiede che se ne facciano di più. L’autorevolezza dei nuovi appelli, di segno contrario, ne risulta incrinata. Ma più importante è probabilmente la seconda ragione: i giovani sono altamente scolarizzati, vivono sempre più numerosi in contesti urbani, sono fortemente connessi col resto del mondo, e vivono ancor oggi in ristrettezze materiali, nonostante i grandi progressi dell’economia. È assai dubbio che la retorica governativa possa avere presa su di loro.
Oltre i retorici appelli
Il Governo cinese si rende conto, probabilmente, dell’inutilità di retorici appelli, e lavora con misure più concrete: nel 2022 la National Health Commission ha chiesto che vengano ridotti gli aborti non “essenziali sotto il profilo medico”. Sono in atto anche restrizioni riguardanti l’accesso alle vasectomie. È anche allo studio la semplificazione delle regole riguardanti il matrimonio, limitando la documentazione necessaria alla presentazione della carta d’identità, e alla dichiarazione di non essere sposati e di non avere legami di sangue col partner. Il governo, preoccupato dalla forte ascesa dei divorzi, ha introdotto nel 2021 un periodo di “cooling off” (riflessione) per le coppie che intendono divorziare, che però ha prodotto solo una temporanea diminuzione dei divorzi.
Di maggiore rilevanza appare la riforma annunciata lo scorso luglio dal Consiglio di Stato. Un piano quinquennale riguardante la concessione di permessi di residenza permanenti ai migranti nelle città, provenienti dalle aree rurali, “in modo che tutti i residenti possano godere dei frutti della modernizzazione.” Il censimento del 2020 ha contato 376 milioni cinesi appartenenti alla “popolazione fluttuante”, cioè immigrati nelle aree urbane che non hanno diritto di residenza e sono privi di diritti e servizi sociali di base. Una massa “tollerata”, motore a basso costo dello sviluppo dei passati decenni. Secondo il Consiglio di Stato “si faranno sforzi per migliorare i servizi pubblici di base per tutti i residenti permanenti, per promuovere l’occupazione stabile alle persone che immigrano nelle città dalle aree rurali, per garantire i diritti scolastici ai loro figli, e creare un sistema di offerta di abitazioni differenziata, estendendo la copertura dei servizi sociali2”. Ottimi propositi, già annunciati in passato, con debole successo.
Xi Jinping e la generica normalità
Manipolare la demografia non è facile, nemmeno per le dittature. Meglio appoggiarsi sul generico. E tale è la proposizione dello sviluppo della Qualità della Popolazione3, nuovo mantra lanciato dal Comitato Centrale del Partito al XX Congresso, alla presenza di Xi Jinping. Nel documento, constatato il declino della natalità e il forte invecchiamento, si annuncia il proposito di “concentrarsi nella strategia per costruire un paese forte, per ottenere un ringiovanimento (“rejuvenation”) della nazione, migliorando la strategia per lo sviluppo della popolazione nella nuova era, comprendendo, adattando e guidando la popolazione verso la nuova normalità. Occorre sforzarsi per migliorare la qualità della popolazione, mantenendo un’adeguata natalità e un’adeguata dimensione della popolazione, e accelerare lo sviluppo delle risorse umane di buona qualità, in sufficiente quantità, perseguendo una struttura ottimizzata, e una distribuzione ragionevole, cosicché la modernizzazione della Cina possa avanzare, sostenuta dallo sviluppo dell’alta qualità della popolazione”. Questo generico indirizzo potrebbe essere condiviso da qualsiasi paese con prospettiva di forte declino demografico. Ma la morale è che occorre valorizzare quel che c’è, cioè la “nuova normalità”, di un paese dalla demografia declinante (Figura 2).
Note
1Nancy Quian, The long tail of China’s zero. Covind policy, “Th Strategist”, 21 novembre 2023, The long tail of China’s zero-Covid policy | The Strategist
2Comunicato del Consiglio di Stato, China releases five-year action plan for people-centered new urbanization, del 31 luglio 2024.
3Comunicato de Consiglio di Stato, Xi stresses building of modern industrial system and high-quality population, 6 maggio del 2023.