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Dal crollo dell’URSS alla guerra contro l’Ucraina: la resilienza demografica russa

Spesso presentato come un Paese in declino demografico, a partire dagli anni 2000, la Russia ha sperimentato una dinamica demografica più significativa rispetto a quella delle altre ex repubbliche europee dell’URSS che ha contribuito ad accrescere la sua preminenza demografica nel suo contesto geopolitico regionale. Ce ne parlano Gil Bellis, Jean-François Léger e Alain Parant in questo articolo

Dal crollo dell’URSS nel 1991 alla vigilia della guerra con l’Ucraina, la Russia ha vissuto un vero e proprio cataclisma demografico durante gli anni ‘90 prima di riprendersi lentamente a partire dall’inizio del nuovo secolo superando per incremento demografico tutte le altre repubbliche della vecchia URSS1. Sebbene l’andamento positivo della dinamica demografica abbia conosciuto un arresto per effetto dell’epidemia da Covid-19, negli ultimi vent’anni la Russia ha rafforzato la sua preminenza demografica nel contesto geopolitico  dello spazio postsovietico. 

Gli anni ‘90: caos socio-economico e recessione demografica

Situata nell’epicentro dell’esplosione geopolitica prodotta dalla disgregazione dell’URSS nel 1991, la Russia ha vissuto una grave crisi socio-economica che ha avuto pesanti ripercussioni sulla popolazione. Così, in pochi anni, l’aspettativa di vita alla nascita degli uomini è diminuita di 4 anni (da 63 a 59 anni), mentre quella delle donne di 2 anni (da 74 a 72 anni). All’inizio degli anni 2000, tale indicatore era sceso ai livelli rilevati nella metà degli anni ‘50 per gli uomini e nella metà degli anni ‘60 per le donne. Questa diminuzione dell’aspettativa di vita alla nascita è stata quasi esclusivamente prodotta dall’aumento della mortalità in età adulta, in particolare quella degli uomini (Figura 1) come conseguenza di un forte e ulteriore aumento del numero di morti violente (incidenti, suicidi, omicidi) che riflette gli effetti di un periodo di vero e proprio caos socio-economico.

In questo contesto, anche la fecondità è diminuita drasticamente: in appena un decennio, il tasso di fecondità totale si è quasi dimezzato, passando da 2,1 figli per donna alla fine degli anni ‘80 a 1,2 figli per donna alla fine degli anni ‘90.

Questa crisi demografica si è tradotta in un calo delle nascite e in un aumento dei decessi; questi ultimi hanno cominciato a superare le nascite in Russia a partire dal 1992.

La Russia nel 2000: un gigante demografico fragile

La crisi demografica ha colpito anche tutte le altre ex repubbliche sovietiche, ma più in Europa che in Asia. Queste ultime, fatta eccezione per l’Armenia e la Georgia il cui peso demografico è meno rilevante, hanno continuato a registrare una crescita demografica significativa (Figura 2). Alla fine degli anni ‘90, la Russia sperimentava invece un crollo demografico. I livelli di fecondità e l’aspettativa di vita alla nascita per gli uomini mostravano i valori più bassi tra quelli rilevati nelle ex repubbliche europee dell’URSS e solo la Moldavia presentava un’aspettativa di vita alla nascita inferiore per le donne. Tuttavia, il peso demografico della Russia è rimasto rilevante: nel 2000, la Russia da sola contava più abitanti di tutte le altre repubbliche dell’ex URSS messe insieme (147 milioni contro 142 milioni).

Dal 2000, la demografia della Russia diventa più dinamica rispetto a quella di tutte le ex repubbliche sovietiche d’Europa

Le autorità russe hanno manifestano la volontà di arrestare il declino demografico del paese già nel 2001. Nel 2007, anno in cui il numero di abitanti è sceso a 143 milioni, i governanti sono stati ancora più ambiziosi, avviando una politica demografica con l’obiettivo di raggiungere 145 milioni di abitanti entro il 2025. L’obiettivo è stato raggiunto con dieci anni di anticipo rispetto al previsto. Beneficiando di una chiara ripresa economica e di un contesto socio-politico interno più stabile, la Russia è riuscita a ridurre il suo tasso di mortalità (in particolare quello degli uomini adulti). L’aspettativa di vita alla nascita per uomini e donne ha raggiunto livelli senza precedenti agli inizi del 2020 (69 anni per gli uomini; 79 anni per le donne). Allo stesso tempo, la fecondità è aumentata e a metà degli anni 2010 è tornata a un livello vicino a quello registrato con il crollo dell’URSS (1,80 figli per donna nel 2015 rispetto a 1,90 nel 1990).

Questa dinamica ha limitato inizialmente il declino demografico della Russia, successivamente ha ricondotto a un equilibrio tra nascite e decessi fino a favorire un saldo naturale positivo dal 2012 al 2016. Con il sostegno di un’immigrazione che non ha mai smesso di essere positiva, la popolazione russa è tornata a crescere dal 2008, superando la soglia dei 145 milioni nel 2016 e avvicinandosi ai 146 milioni nel 2020, poco prima dell’epidemia di Covid-19.

Nel 2020, una posizione demografica dominante nell’ambiente geopolitico di vicinato 

Alla vigilia della guerra contro l’Ucraina, contrariamente a quanto si crede, la demografia russa è tutt’altro che in declino. Certo, il tasso di mortalità rimane elevato rispetto agli standard occidentali e il tasso di fecondità totale è di nuovo in calo dal 2017 (in parte dovuto all’aumento dell’età media al parto) pur rimanendo paragonabile alla media europea (nel 2019: 1,50 rispetto a 1,49) e ben al di sopra di quello del principale paese vicino, l’Ucraina (1,23). Ciò non impedisce alla Russia, alla vigilia dell’epidemia da Covid-19, di dominare demograficamente su tutte le ex repubbliche sovietiche. Nel 2020, con 146 milioni di abitanti, la Russia contava 55 milioni di abitanti in più rispetto a tutte le otto ex repubbliche sovietiche in Asia (91 milioni, di cui 33 milioni in Uzbekistan) e 83 milioni in più rispetto alle altre sei ex repubbliche sovietiche in Europa (63 milioni, di cui 44 milioni in Ucraina). Questa preminenza demografica è un innegabile vantaggio geopolitico in questa regione del mondo. L’epidemia da Covid-19 ha arrestato il processo di rinnovamento demografico russo ma tutti i Paesi del mondo sono stati colpiti seriamente dal punto di vista demografico da questa epidemia. La guerra avviata nel febbraio 2022 contro l’Ucraina, invece, potrebbe avere un effetto più duraturo sulla mortalità e sulla fecondità. La resilienza demografica dimostrata dalla Russia dopo la caduta dell’URSS, tuttavia, invita alla cautela negli scenari di previsione.

Note

1Oltre alla Russia, l’ex URSS comprendeva quattordici repubbliche: otto in Asia (Armenia, Azerbaigian, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan) e sei in Europa (Bielorussia, Estonia, Lettonia, Lituania, Moldavia, Ucraina).

Per saperne di più :

Gil Bellis, Jean-François Léger, Alain Parant, 2022, « Un atout géopolitique pour la Russie : la dynamique de sa population », Les Analyses de Population & Avenir, 40 : 1-30. 

Il testo completo è anche disponible in inglese (A geopolitical asset for Russia : the dynamics of its population) e spagnolo (Una baza geopolítica par Rusia : la dinámica de su población).