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Una manovra finanziaria attenta alla famiglia ma scarsamente incisiva sulle dinamiche demografiche

Il disegno di legge di bilancio appena approvato dal Consiglio dei ministri prevede alcune misure a sostegno delle famiglie e della natalità. Quale impatto potranno avere sulle dinamiche demografiche? Alessandro Rosina ci pone alcune riflessioni su tre aspetti rilevanti: l’autonomia dei giovani, la conciliazione tra famiglia e lavoro e l’efficacia dell’assegno unico.

È bene essere consapevoli che le nascite in Italia non sono solo a livello basso, ma anche posizionate su una scala mobile che le trascina ulteriormente in giù. Questa scala mobile è rappresentata dalla struttura per età della nostra popolazione, la quale, per conseguenza della denatalità passata, è in progressivo sbilanciamento a sfavore delle generazioni giovani-adulte (la fonte di vitalità di un paese). Più il tempo passa, più diventa difficile (e se continua così tra pochi anni anche impossibile) invertire la curva negativa delle nascite.
Solo il miglioramento delle opportunità dei giovani e delle donne può favorire la ripresa della natalità.

L’autonomia dei giovani 

Riguardo ai giovani uno dei freni principali è da ricondurre ai limiti della transizione scuola-lavoro e della transizione, in generale, alla vita adulta. I fattori che stanno alla base del record negativo di NEET (under 35 che non sono in formazione e nemmeno inseriti nel mondo del lavoro) che caratterizza il nostro paese (quasi il 30% nella fascia cruciale 25-34 anni), comprimono anche le possibilità di autonomia dalla famiglia di origine e di formazione di una propria (come mostrano i dati del “Rapporto giovani 2022” dell’Istituto Toniolo). Non è un caso che i giovani italiani siano quelli in Europa che presentano l’età media più avanzata di arrivo del primo figlio.

Nella Legge di Bilancio 2023 per favorire l’autonomia è prevista una proroga delle agevolazioni sull’acquisto della prima casa per gli under 36 (garanzia sul mutuo). Ciò che più va incontro alle esigenze delle nuove generazioni è però la possibilità di accedere con costi bassi ad un affitto. Incertezza e mobilità lavorativa che caratterizzano sempre più i percorsi occupazionali dei giovani portano a sperimentare una fase, più o meno lunga, di flessibilità nella soluzione abitativa prima di una stabilizzazione. Un esempio di misure che aiutano le scelte in modo combinato, di autonomia e formazione di una propria famiglia, è la “dote finanziaria” attivata alla Provincia autonoma di Trento. Consente ad un giovane adulto (tra i 18 e i 40 anni) di ottenere un prestito bancario senza destinazione della spesa vincolata, con debito che viene dimezzato nel caso di arrivo del primo figlio.

Conciliare lavoro e famiglia

Uno dei freni principali che comprime la riproduttività è rappresentato dalle difficoltà di conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari. Come ben noto, l’Italia presenta una delle peggiori combinazioni tra bassa fecondità e bassa occupazione femminile. Attualmente il nostro gap occupazionale di genere è di quasi 20 punti percentuali contro gli 11 punti della media europea (e i 5 punti della Svezia). Gli strumenti, come i servizi per l’infanzia e i congedi di paternità, che agiscono positivamente su entrambi tali fronti, consentono di contenere gli squilibri demografici di una popolazione che invecchia, ma anche di ridurre le diseguaglianze sociali e territoriali, dato che la bassa occupazione femminile penalizza soprattutto le regioni del Sud e l’accesso ad un secondo reddito delle famiglie con figli. 

Nella bozza della Legge di Bilancio 2023 si mira a potenziare i congedi parentali (sul versante delle madri), aumentando il periodo di un mese retribuito all’80% (invece del 30%) da utilizzare entro il sesto anno di vita del figlio. Quello che in Italia dobbiamo però potenziare è soprattutto la combinazione tra conciliazione e condivisione del ruolo di cura. Senza citare i soliti paesi scandinavi come esempio, la Spagna ha introdotto recentemente una forte estensione del congedo di paternità, portandolo a 16 settimane (equiparato a quello di maternità), con le prime 6 settimane dalla nascita del figlio di congedo condiviso tra i due genitori. Il congedo di paternità in Italia arriva solo a 10 giorni. 

L’assegno unico

Un punto di rilievo della Legge di Bilancio è anche il rafforzamento dell’assegno unico e universale. Tuttavia, i due limiti principali non vengono eliminati (si veda questo articolo di A. Rosina e F. Luppi). In particolare, la base universale (quella che caratterizza tale misura come politica familiare, oltre al contrasto della povertà) continua ad essere bassa (un quarto rispetto all’analoga misura tedesca). Rimane inoltre il vincolo di presentazione dell’Isee per la parte variabile. La manovra nella versione attuale prevede un aumento del 50% per le famiglie numerose sotto i 40 mila euro Isee.  C’è un analogo aumento per tutti i neonati limitato al primo anno di vita. Ma per contrastare il continuo rinvio del primo figlio e la crescente rinuncia andrebbe soprattutto previsto un rilevante aiuto economico per il primogenito.  Gran parte della spinta ad una ripresa delle nascite non può che arrivare dalla fecondità dei nuovi nuclei familiari. 

Va aggiunto che l’autonomia dei giovani dipende, oltre che dalle politiche abitative, anche dal miglioramento di tutta la transizione scuola-lavoro, i cui limiti portano all’abnorme numero di NEET (circa tre milioni tra gli under 35). E per la conciliazione, oltre ai congedi, è cruciale la realizzazione piena del Piano nidi, con obiettivo di arrivare almeno al 33% in tutte le Regioni. Su questi punti i progetti finanziati con Next Generation Eu non stanno dando risultati del tutto rassicuranti. Stanno emergendo, in particolare, forti difficoltà nell’implementazione sul territorio.

Nel complesso la manovra del Governo non ignora le famiglie, ma le azioni previste non sembrano ben orientate a ridurre il divario rispetto alle migliori esperienze europee e appaiono deboli rispetto all’obiettivo di sostenere una solida ripresa delle nascite.