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Il volto della generazione Covid

Crescere, studiare, relazionarsi in tempi di pandemia: è la “generazione Covid”. Con l’indagine su “Bambini e ragazzi: comportamenti, atteggiamenti e progetti futuri” l’Istituto Nazionale di Statistica ha dato una voce e un volto a questi giovanissimi. Cinzia Conti e Stefano Molina ce ne parlano illustrando alcuni dei risultati emersi.

Dar voce ai giovani

“Dar voce ai giovani” è uno slogan ripetuto da tutti e in ogni sede, ma raramente messo in pratica. Ci ha concretamente provato l’Istituto Nazionale di Statistica con la collaborazione del Ministero dell’Istruzione attraverso l’Indagine “Bambini e ragazzi”, realizzata tra maggio e luglio 2021 – non senza necessità di riadattamento del disegno iniziale alla luce delle difficoltà della pandemia – e presentata a Roma lo scorso 4 maggio durante il convegno “Ripartire dalle nuove generazioni” (link convegno). 

I risultati (ISTAT – Indagine sugli alunni delle scuole secondarie, anno 2021) restituiscono una fotografia dell’universo giovanile e consentono di rispondere ad alcune domande cruciali. Come i giovani hanno affrontato le difficoltà della pandemia? Come hanno vissuto il repentino passaggio alla didattica a distanza? Quali sono le loro relazioni, con i pari e nelle famiglie? Quale ruolo svolgono i social media nella loro quotidianità? E infine: in quali direzioni si orientano i loro progetti futuri?

Come sempre avviene al momento della presentazione di una grande indagine nazionale, che ha visto la partecipazione di circa 41 mila studenti di quasi 2.300 scuole secondarie di I e di II grado, la sensazione è di trovarsi di fronte a un vasto filone di dati ancora quasi tutto da esplorare; e infatti i tanti approfondimenti analitici ancora da realizzare costituiscono per l’Istat una vera e propria agenda futura.  Di seguito ci soffermeremo su tre parole chiave emerse durante i lavori del convegno “Ripartire dalle nuove generazioni”, organizzato per l’illustrazione dei primi risultati.

Tre parole chiave per comprendere meglio le nuove generazioni

1) Pluralità. Siamo in presenza di una popolazione sempre più plurale. Oggi in Italia è straniero oltre il 20% dei minori, e le differenze di origine si riflettono in risposte sistematicamente differenziate, a partire dal mezzo con il quale esse sono state fornite: gli stranieri più spesso hanno fatto ricorso allo smartphone; gli italiani al pc (Figura 1). Ma la stessa popolazione dei ragazzi stranieri si conferma un universo piuttosto variegato, con tante sfumature sociali, linguistiche ecc.

2) Perdita (percezione di). Le tante differenze di una popolazione plurale vengono però ridimensionate di fronte alla percezione diffusa e da tutti condivisa di “aver perso qualcosa”, che affiora chiaramente dalle risposte date dalle migliaia di giovani intervistati. È una generazione consapevole di essere stata penalizzata da alcune rinunce forzate: rinuncia alla didattica in presenza e quindi alla relazione diretta con i compagni di classe e pure con i docenti, rinuncia al piacere di frequentare liberamente gli amici, rinuncia a viaggiare, rinuncia alla possibilità di praticare attività sportive o ricreative nel tempo libero, e così via. Questa percezione si intreccia per un numero consistente di studenti con la constatazione di un peggioramento delle condizioni economiche della propria famiglia durante la pandemia, che viene dichiarata da più di un italiano su quattro e da più di uno straniero su tre (Fig.2). Per quasi tutti gli altri la condizione economica è rimasta relativamente stabile, mentre la quota di studenti che ha percepito un miglioramento risulta del tutto marginale.

3) Social (ripiegamento sui). La diminuzione forzata delle relazioni dirette è stata compensata da un aumento delle relazioni virtuali attraverso i social network (Fig.3). Rispetto a prima della pandemia, l’utilizzo delle chat/social network è aumentato per il 69,9% degli alunni italiani e per il 64,1% degli stranieri. I ragazzi stranieri hanno compensato un po’ meno con telefonate/video chiamate e chat/social network l’assenza di contatti diretti con gli amici. Il distanziamento fisico ha dunque accelerato una tendenza già in atto prima della pandemia, con alcune peculiarità. Se per alcuni la compensazione è stata fisiologica, per altri il ricorso al web può essere diventato eccessivo, con il rischio di sfociare nel patologico: l’indagine ha infatti potuto mettere a fuoco alcune esperienze di cyber-bullismo vissute durante la pandemia associate al più sistematico ricorso al web (anche su questo argomento sono attesi sviluppi analitici successivi). 

Le nuove generazioni e il futuro 

Grazie a questa nuova indagine Istat, disponiamo oggi di uno strumento statistico importante per meglio comprendere come stanno crescendo le giovani generazioni in Italia, quali ferite sono state loro inferte dalla pandemia, e pure quanto grande sia il patrimonio di energia sul quale l’Italia potrà contare per la costruzione del proprio futuro. Proprio con riferimento alla dimensione futura, molto promettenti si annunciano le informazioni che l’Istat rilascerà prossimamente relative all’idea di futuro condivisa dai giovanissimi: senz’altro utili per l’alimentazione della ricerca in campo sociale, ma soprattutto per le indicazioni di policy che da esse si potranno ricavare nei prossimi anni, quando l’Italia sarà impegnata a utilizzare al meglio i cospicui fondi europei del Next Generation EU per attenuare gli impatti economici e sociali della pandemia e per costruire – insieme e per le giovani generazioni – un Paese più equo, più sostenibile, più inclusivo. 

*Le opinioni qui espresse sono quelle degli autori e non coincidono necessariamente con quelle delle Istituzioni di appartenenza.