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La Corte Suprema degli Stati Uniti e una decisione pericolosa

La probabile decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di cancellare la sentenza del 1973 che legalizzava l’interruzione della gravidanza, potrebbe avere profonde conseguenze negli Stati Uniti, e anche in altri paesi occidentali. Come osserva Massimo Livi Bacci, si tratterebbe di un ritorno alla situazione di mezzo secolo fa, e di una spinta ai movimenti d’opinione contrari alla liberalizzazione dell’aborto forti –tra l’altro – del successo recentemente conseguito in Polonia.

Nel 1973 i giudici della Corte Suprema, nel caso Roe (ricorrente) contro Wade (procuratore distrettuale della contea di Dallas) prese una decisione (a maggioranza, con voto 7 a 2) di grandissima importanza, dichiarando legale l’interruzione della gravidanza nei primi tre mesi di gestazione della donna. La legge del Texas, che vietava l’aborto se non in caso di pericolo di vita della donna, violava, secondo la Corte, il diritto alla privacy della donna, garantita dal XIV emendamento alla Costituzione. Vari sono stati i tentativi, nel corso del quasi mezzo secolo di vita della Roe vs Wade, di limitare o rovesciare la liberalizzazione1 del ricorso all’aborto. Radicale e spesso violenta è stata l’opposizione alla legge, e fortemente politicizzato è stato il dibattito. Con una Corte Suprema che dopo la presidenza Trump è in netta maggioranza conservatrice, gli oppositori della legge sono sul punto di averla vinta. Il 1 dicembre dello scorso anno la Corte decise di audire le parti in merito a un ricorso contro una legge del Mississippi, fortemente restrittiva dell’accesso all’interruzione di gravidanza; lo scorso 2 di maggio il sito d’informazione Politico rivelava una complessa bozza di opinione della maggioranza conservatrice (scritta dal giudice Alito), che di fatto rovescia le argomentazioni giuridiche sulle quali, nel 1973, la stessa Corte aveva basato la sua decisione. In estrema sintesi, secondo questa sentenza (peraltro non ancora emessa formalmente), spetterebbe al Congresso legiferare con una legge federale sull’interruzione di gravidanza; in attesa che questo avvenga, spetta ai singoli Stati normare la questione.

Le possibili conseguenze negli Stati Uniti…  

Non c’è dubbio che una decisione del genere scatenerebbe un putiferio sociale e una ulteriore radicalizzazione politica, tradizionalmente polarizzata attorno ai gruppi “pro-life” e a quelli “pro-choice”. Le indagini di opinione mostrano che negli ultimi decenni la proporzione dei “favorevoli” e dei “contrari” alla liberalizzazione è rimasta grosso modo invariata; secondo il Pew Center, nel marzo 2022 il 61% degli adulti considerano giusta la legalizzazione dell’aborto in “tutti o nella maggioranza” dei casi, mentre il 37% di essi dichiarano di essi dichiarano che l’aborto deve essere considerato illegale “in tutti o nella maggioranza dei casi”. Si tratta di proporzioni non diverse da quelle dichiarate nel 19952. Tuttavia, le opinioni così raggruppate contengono al loro interno articolazioni assai variegate circa le modalità, la durata della gravidanza, le circostanze per le quali l’aborto viene richiesto. Più della metà degli Stati (26), qualora l’attuale legge venisse abolita, imporrebbero severe restrizioni all’accesso all’aborto, ritornando, in pratica, alla situazione anteriore al 1973 (Figura 1)3. C’è poi da dire che negli Stati Uniti, come in altri paesi, dopo un aumento dell’abortività legale dei primi anni successivi alla liberalizzazione, si è affermata una riduzione (più lenta che in Italia, come ora si dirà) del tasso di abortività, sceso da 29 aborti per 1000 donne di 15-49 anni nel 1980-81, a circa 13 negli ultimi anni (Figura 2). 

Infine occorre notare che la crescente diffusione del ricorso a farmaci per determinare una interruzione di gravidanza non intrusiva, rende assai difficile un bando senza tortuose normative, e senza accentuare le disuguaglianze legate al reddito, alle condizioni sociali, all’etnia. E, fatto più grave di tutti, senza accentuare i rischi per la salute della donna rappresentati da aborti indotti in condizioni di illegalità, senza adeguata assistenza sanitaria. Fatto, quest’ultimo che indagini e inchieste hanno incontrovertibilmente confermato. 

…e altrove, in Europa?

Ciò che avviene negli Stati Uniti non è senza conseguenza per gli altri paesi occidentali. La decisione dell’Alta Corte del 1973 precedette di poco decisioni analoghe prese da altri importanti paesi occidentali (Danimarca 1973, Svezia e Austria 1974, Francia 1975, Italia 1978), seguiti poi negli anni ’80-’90 da molti altri, per terminare con l’Irlanda nel 2019.  Ma esistono anche passi indietro, come quello della Polonia, la cui Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale la legge del 1993, restringendo quindi l’accesso all’aborto ai casi di stupro, incesto e grave pericolo per la salute della madre. Restrizioni all’accesso all’aborto vengono invocate in quasi tutti i paesi europei, con varia forza e intensità, soprattutto, ma non sorprendentemente, da gruppi di destra. Anche nel nostro paese esistono diffuse opinioni antiaborto; va però rimarcato il fatto che le istituzioni religiose hanno mantenuto posizioni molto equilibrate e rispettose di una legge che – non dimentichiamolo – venne confermata inequivocabilmente dal referendum popolare del 1981. E, del resto, un’occhiata alla Figura 3 ci ricorda che il ricorso all’IVG, dopo aver raggiunto un massimo relativo nel 1983 pari a 238mila casi, è sceso gradualmente ai 68mila casi del 2020 (meno di un terzo), segno evidente che per le donne del nostro paese l’aborto costituisce un metodo di controllo delle nascite sempre meno seguito. Difficile pensare che si possa tornare indietro e, soprattutto, che si crei una maggioranza di donne (e di uomini) intenzionata a farlo.

Note

1“Liberalizzazione” è termine qui usato in modo generico, e relativo nei confronti dei divieti e delle restrizioni prima esistenti. Infatti nei paesi che hanno “liberalizzato” l’aborto esistono complesse normative e condizionamenti, quali ad esempio i limiti alla durata della gravidanza oltre ai quali l’interruzione della gravidanza non è permessa, salvo casi eccezionali.  

2 Pew Research Center, America’s Abortion Quandary, 6 maggio 2022

3 Guttmacher Institute

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