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Avere (due) figli in Europa? La rivoluzione incompiuta delle donne istruite

La tradizionale relazione negativa tra fecondità e istruzione tende a diventare meno scontata in presenza di ruoli di genere più bilanciati. Francesca Tomatis e Roberto Impicciatore mostrano che le donne più istruite tendono a recuperare in termini di fecondità nel passaggio al secondo figlio nei paesi dell’Europa occidentale mentre persiste una relazione negativa nei paesi dell’Est, segno di un procedere più lento della rivoluzione di genere.

Il nesso tra istruzione e fecondità è da sempre oggetto di analisi e dibattito, non solo fra accademici, ma anche nella sfera pubblica. Il rinvio della genitorialità e i bassi tassi di fecondità totali sono davanti agli occhi di tutti. Noto anche il fatto che negli ultimi decenni, in molti paesi dell’Europa occidentale e orientale, il numero di donne con un alto livello di istruzione ha superato quello degli uomini. Benché l’esistenza di un legame tra istruzione e fecondità sia ampiamente riconosciuto e siano numerose le teorie esplicative e gli studi empirici su questo tema, restano ancora aperti importanti interrogativi e spazi di analisi. Al puzzle “fecondità e istruzione” mancano certamente alcuni pezzi: una ricomposizione delle teorie e un approfondimento della tematica attraverso studi comparativi. In questo articolo presentiamo un’analisi che prova a contribuire al dibattito, inserendo alcune tessere*. 

La relazione si inverte?

Vi è una consolidata tradizione che sostiene l’esistenza di una associazione negativa tra fecondità e istruzione. Questa visione è stata supportata, ad esempio, sia dall’economista Gary Becker nella sua New Home Economics, sia in ambito demografico dalla teoria della Seconda Transizione Demografica. Più recentemente, altri approcci hanno enfatizzato il ruolo dell’egualitarismo di genere, nella società e all’interno dei nuclei familiari, come spinta determinante per la fecondità. In base a questa prospettiva, in presenza di ruoli di genere più bilanciati, la relazione negativa tra istruzione femminile e fecondità si indebolirebbe e, in alcuni Paesi, si potrebbe addirittura ribaltare diventando positiva.

Un confronto tra alcuni paesi europei

Nella nostra analisi* abbiamo indagato in ottica comparativa la propensione ad avere il primo e il secondo figlio in base al livello d’istruzione posseduto dalle donne nate tra il 1940 e il 1979 e residenti in sei diversi paesi europei (Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Polonia e Repubblica Ceca). I dati utilizzati provengono dalla seconda ondata di “Generations and Gender Survey (GGS)” e, per l’Italia, dall’indagine ISTAT “Famiglie e Soggetti Sociali”. 

I nostri risultati confermano l’importanza del livello di istruzione sui comportamenti fecondi. In tutti i paesi considerati, si evidenzia una relazione inversa tra il rischio di avere il primo figlio e il livello d’istruzione (figura 1). Sono le donne con il titolo più basso quelle che mostrano una propensione maggiore mentre, al contrario, le donne più istruite tendono ad avere il primo figlio più tardi o a rimanere più spesso senza figli. Si tratta di un risultato sicuramente collegato alla forte incompatibilità tra le condizioni di mamma e studentessa: studiare più a lungo tende a posticipare la nascita di un figlio. Ma non solo. Emerge anche la presenza di un più pesante conflitto tra famiglia e carriera per le donne più istruite le quali hanno la prospettiva di raggiungere posizioni professionali più elevate o, semplicemente, di rimanere nel mercato del lavoro. 

Un divario Est-Ovest

Per quanto riguarda l’impatto dell’istruzione sulla propensione al secondo figlio (figura 2), il quadro è più complesso ed emergono differenze, anche sostanziali, fra i paesi analizzati. Nei tre paesi dell’Est Europa si conferma quanto visto per il primo figlio con una relazione negativa tra il livello d’istruzione e il rischio relativo di avere un secondo figlio particolarmente visibile per la Bulgaria e la Polonia e parzialmente confermato anche per la Repubblica Ceca, dove il rischio è chiaramente più alto tra le donne meno istruite rispetto a quelle con un livello medio-alto.

Al contrario, in Italia e Francia le donne con un titolo universitario o equivalente mostrano una maggiore propensione ad avere un secondo figlio rispetto a quelle con titolo di studio secondario (il nostro gruppo di riferimento). Per la Germania, infine, la scarsa significatività dei risultati lascia intendere che non l’istruzione non conti particolarmente. Nel complesso, sembra quindi emergere un gradiente Est-Ovest: quanto più ci sposta verso Ovest tanto più le donne più istruite tendono a recuperare in termini di fecondità rispetto alle meno istruite.

Rivoluzioni incompiute

Una possibile spiegazione di queste differenze geografiche ci riconduce a quella che Esping-Andersen definisce “rivoluzione incompleta”. Nei paesi occidentali sia la riduzione della fecondità osservata alla fine del secolo scorso, sia la ripresa di inizio millennio sono stati guidati dallo stesso gruppo sociale costituito dalle donne e dalle coppie con istruzione più elevata, ossia da quell’élite/avanguardia che si fa portatrice della rivoluzione di genere. Questo potrebbe dipendere da una loro migliore posizione nel mercato del lavoro e dall’avere contratti più protettivi. Tuttavia, potrebbe incidere in maniera importante anche una maggiore facilità nel bilanciare lavoro e famiglia che origina dall’assumere ruoli di generi meno rigidi basati sulla condivisione delle faccende domestiche e della cura dei figli. Si tratta di caratteristiche che, pur all’interno di un certo ritardo nella transizione alla maternità, possono rendere più agevole la transizione al secondo figlio. 

La persistenza di una “tradizionale” relazione tra fecondità e istruzione suggerisce che nei paesi dell’Est la rivoluzione di genere sembra procedere in maniera più lenta. Oltre alle maggiori difficoltà nel combinare il lavoro e le responsabilità domestiche, in questi paesi possono aver avuto un ruolo il cambiamento valoriale, l’anomia e l’incertezza economica sperimentata soprattutto a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo. Inoltre, l’incentivo ad avere un secondo figlio può essere più forte tra le donne che percepiscono i percorsi alternativi alla maternità come meno attraenti.

* L’analisi completa è contenuta nell’articolo articolo Impicciatore R. e Tomatis F. 2020 “The nexus between education and fertility in six European countries”. Genus 76 (35) https://doi.org/10.1186/s41118-020-00104-4