Matrimoni nel Mondo
Il matrimonio non rappresenta oggi la condizione esclusiva, o quasi esclusiva, per la riproduzione, che però implica, quasi sempre, un’unione stabile. Ne parla Steve S. Morgan, dando una panoramica sintetica della situazione nel mondo, caratterizzata quasi ovunque dal declino delle unioni precoci.
Da secoli nel mondo occidentale cristiano, in quello islamico, come in quello buddista o scintoista, il matrimonio nelle sue varie forme giuridiche, rituali o religiose, è la base dell’istituzione familiare e segna l’accesso alla riproduzione. In molte parti del mondo è ancora così, ma nelle popolazioni più secolarizzate e laicizzate, questo non è più vero; le unioni consensuali, non sancite giuridicamente, sono quasi ovunque in aumento e i matrimoni tradizionali arretrano. E soprattutto il matrimonio non rappresenta più la porta di accesso esclusiva, o quasi esclusiva, alla riproduzione. Tuttavia questo fenomeno è graduale, e ancora oggi il matrimonio – soprattutto in Asia e nel mondo islamico – è la forma principale mediante la quale si formano le unioni riproduttive. Le unioni consensuali hanno per altro storie secolari in molte parti del mondo, soprattutto in America Latina e nei Caraibi e in regioni africane non cristiane e islamiche, dove rappresentavano la forma prevalente delle unioni riproduttive. Oggi le statistiche ufficiali in tutto il mondo si sono adeguate assegnando ai censiti o agli indagati da inchieste, oltre alle tradizionali etichette di celibe/nubile, coniugato/a, vedovo/vedova, separato/separata, anche quella di essere, o non essere in un’unione stabile.
Matrimonio e controllo della riproduzione
Sotto il profilo demografico sono di particolare interesse alcuni indicatori che riguardano tutte le coppie stabili (coniugate o in unione consensuale). Interessano soprattutto due aspetti: l’età alla quale si entra in unione (sintetizzata dall’età media o mediana1) e la proporzione di donne, o uomini, che sperimentano una unione nel corso della loro vita riproduttiva (non tutte o non tutti, in proporzione diversa secondo epoche e culture). La Figura 1 riporta l’età media al primo matrimonio delle donne nei vari paesi del mondo: questa, nell’attualità, è molto variabile, ed è compresa tra 18 anni o meno (con alta proporzione quindi di spose bambine o quasi bambine) e 32 e oltre. Storicamente, quel processo che ha portato la riproduttività a scendere dai molti figli per donna (fino a otto in media, nel corso della vita feconda) ai pochi attuali (in molte regioni del mondo meno di due), è stato spinto da due gruppi di fattori che hanno agito sfasati nel tempo. Il primo ha ridotto o rallentato le unioni e i matrimoni, con un aumento sia dell’età media, sia della proporzione delle donne che rimangono senza un partner. In alcune aree di Europa, nel XIX secolo, l’età media al matrimonio delle donne superava i 30 anni, e fino a un terzo delle donne rimaneva senza marito o compagno. Per converso, in altre aree del mondo, ad esempio nell’Africa sub-Sahariana, le donne si uniscono stabilmente con un partner poco dopo la pubertà, e solo pochissime passano la loro vita feconda senza un partner. Il secondo (e più potente) gruppo di fattori ha determinato la diffusione del controllo volontario delle nascite, assai più efficiente che non i mutamenti della nuzialità per regolare e controllare la riproduzione.
Scendono ovunque i matrimoni precoci
Nell’ultimo mezzo secolo, come può desumersi dalla Figura 2, le unioni precoci hanno subito una notevole flessione in tutto il mondo. Tra i 15 e i 20 anni, la proporzione di donne in matrimonio e in unione è scesa dal 21% del 1970 al 12% nel 2020, nell’insieme della popolazione mondiale; la media copre situazioni molto differenziate. In particolare è stata formidabile la discesa in Asia centrale e meridionale (dominata dal subcontinente indiano) dove la proporzione delle donne in unione precoce è passata dal 52 al 15%; cospicua anche la riduzione nell’Africa sub-Sahariana, con una riduzione, nello stesso periodo, dal 35 al 20%. Partendo da livelli iniziali minori, riduzioni si sono verificate anche nelle altre regioni del mondo Europa e Nord America inclusi. La forte riduzione del matrimonio precoce (adolescenziale quando non infantile) delle ragazze è una delle conseguenze più benefiche dello sviluppo, collegata strettamente alla crescita dell’istruzione dei giovani e al maggiore investimento dei genitori sui figli. Un beneficio che si estende anche ai nuovi nati, che, meno frequentemente che nel passato, sono figli di madri adolescenti, una condizione che li rende prigionieri della spirale di povertà e vittime di malnutrizione e malattie e di alta mortalità infantile.
L’esempio dell’Africa sub-Shariana – la cui popolazione, destinata a raddoppiarsi nei prossimi trent’anni, ha i ritmi di crescita più alti al mondo – è assai interessante. Nella Figura 3, per ogni paese, è riportato il numero medio di anni di scuola e l’età media al primo matrimonio delle donne, quali risultano da due inchieste fatte a qualche anno di distanza (le date variano da paese a paese). Le due combinazioni (numero di figli e anni di scuola) sono ciascuna definite da un punto; i due punti sono uniti da un segmento, per lo più nettamente orientato al rialzo, segnalando una evidente e stretta correlazione tra le due misure. L’istruzione è un fattore chiave dello sviluppo perché arricchisce le conoscenze, ma è anche essenziale perché sottrae la donna alla spirale negativa innestata dalle pesanti responsabilità familiari assunte col matrimonio precoce e la nascita e la cura dei figli.
Considerazioni più articolate possono farsi sulla Figura 4, che riporta la percentuale delle donne coniugate di età 20-24 anni che avevano contratto un’unione stabile già a 15, e a 18 anni, in 63 paesi in via di sviluppo. Nei due paesi in testa alla lista, il Mali e il Bangladesh, quasi 7 donne su 10 risultavano già in unione stabile all’età di 18 anni, e 3 su 10 lo erano già a 15 anni. L’estrema precocità delle unioni, nel primo decennio del millennio, riguardava l’Africa sub-Sahariana (oltre al Mali e al Niger – non riportato nella Figura – la Repubblica Centro Africana, il Mozambico e l’Etiopia sono in testa alla lista), il continente indiano (oltre al Bangladesh, il Nepal e l’India), e qualche paese dell’America centrale e dei Caraibi (però su livelli assai minori, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Honduras).
Unioni stabili e riproduzione
Questa brevissima rassegna delinea solo alcuni aspetti di un fenomeno complesso. Esistono ancor oggi fenomeni di poligamia; le coppie si formano, ma anche si dissolvono per separazione, divorzio e morte; esse si riformano, con seconde e terze unioni e matrimoni; la riproduzione avviene più frequentemente che in passato anche in assenza di una unione; crescono le unioni tra persone dello stesso genere. Tuttavia l’unione stabile tra donne e uomini continua a rappresentare la forma di gran lunga prevalente di associazione a fini riproduttivi. E anche i pochi indicatori sintetici qui commentati confermano la grande variabilità di comportamenti che esiste nel mondo.
1 La curva dei matrimoni secondo l’età è fortemente concentrata a sinistra, cioè nelle età molto giovani, e ha una lunga coda verso destra, perché continuano ad esserci matrimoni anche nelle età mature. L’età mediana al matrimonio è perciò più bassa dell’età media.