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Smart Working e ricerca: l’opinione dei protagonisti

Una eredità del Covid-19 sarà quella di spingere e diffondere il telelavoro, o smart working. Di Tullio e Pisacane danno conto dei risultati di un’indagine condotta sui ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vucanologia durante il periodo di lockdown, dei vantaggi e delle difficoltà incontrate. Ne risulta, nel  complesso, un bilancio positivo.

A fine aprile, secondo le stime del Ministero del Lavoro, i dipendenti della Pubblica Amministrazione in “Smart Working (SW)” risultavano  1.800.000 rispetto a poco più di 200.000 prima dell’emergenza Covid-19.

Con l’approvazione del DL Rilancio, lo Smart Working (SW) è stato prorogato fino al 31 dicembre 2020 per il 50% dei dipendenti della pubblica amministrazione con mansioni che possono essere svolte da casa. Inoltre, con l’introduzione del “Piano organizzativo del lavoro agile”, si prevede che la percentuale dei lavoratori in SW salirà a circa il 60% dei dipendenti dal primo gennaio 2021.

Le opinioni riguardo l’attuazione dello SW sono e sono state, in particolar modo negli ultimi mesi, piuttosto discordanti, sia nel mondo della Pubblica Amministrazione sia nel settore della ricerca. In quest’area specifica, fatti salvi contesti di lavoro laboratoriale in cui è necessaria la presenza in loco, la maggior parte delle attività di studio, redazione, scrittura di articoli e report possono essere realizzate in modalità smart.

L’indagine sui ricercatori in SW: un bilancio positivo

Con l’obiettivo di esplorare dinamiche, raccogliere opinioni e comprendere le difficoltà vissute da chi ha lavorato da casa nel periodo marzo-giugno 2020, l’IRPPS-CNR ha condotto l’indagine “Smart Working e questione di genere”, rivolgendosi ai dipendenti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) con un questionario on line che ha raccolto 2628 risposte nei due enti (circa 1/3 dei dipendenti totali), di cui il 45% è rappresentato da uomini e il 55% da donne.

Complessivamente, come riporta la figura 1, l’esperienza di SW è stata valutata positivamente dal 72% del totale dei rispondenti.

Tra i fattori positivi maggiormente riscontrati, i rispondenti hanno evidenziato: la tempestività nel portare avanti attività lavorative senza scadenza (89%); la facilità nel dialogare a distanza con colleghi e responsabili (82%); la suddivisione del giorno in tempo lavorato e tempo libero (75%); il risparmio di tempo negli spostamenti (67%); la flessibilità lavorativa (50%); la maggior concentrazione negli ambienti domestici (28%). Di contro, sebbene con percentuali decisamente minori, sono stati rilevati diversi fattori negativi: la perdita di socialità con i colleghi (67%); la difficoltà di conciliare attività lavorative e familiari (60%); la mancanza del clima di lavoro di laboratorio/istituto, non riproducibile da remoto (43%); la sensazione di essere confinati nell’ambiente domestico (24%), l’impossibilità di poter accedere ai dati e/o programmi contenuti nel pc della postazione in ufficio (10%).

Alcune opinioni significative

Il questionario realizzato dall’IRPPS ha inoltre previsto un campo aperto per i commenti liberi, dalla cui analisi emergono aspetti significativi e spunti di riflessioni che i decisori politici dovranno considerareper assicurare la qualità della performance scientifica. Infatti, come riportano queste testimonianze, nonostante che nel complesso la valutazione dello SW sia piuttosto positiva, alcuni aspetti, come il mutamento di opinione man mano che si prolunga l’esprienza di SW, vanno analizzati con cura.

 “Credo che bisogna analizzare l’effetto dello smart working con il passare del tempo. Alle stesse domande io avrei dato risposte diverse (più entusiaste) all’inizio di marzo mentre ora dopo un mese di “reclusione” sono emersi gli aspetti meno positivi. Quindi all’inizio si affrontano più positivamente le difficoltà di non avere più un ufficio bilanciate dalla possibilità di passare più tempo a casa ma alla lunga emergono gli aspetti negativi e le difficoltà pesano”.

“A casa si lavora senza guardare un orologio per poter smettere. Trovo positivo il lavoro da casa evita spostamenti e sono più  tranquilla, ma facendo almeno un rientro in istituto alla settimana.”

Un altro aspetto fondamentale è la preservazione e cura delle relazioni umane tra colleghi, le quali, necessitano di essere regolamentate nel tempo:

“ l’affiatamento dei team è fondamentale per lavorare a distanza. Per creare un buon team servono anche le relazioni umane e quindi credo che un buon smart working debba essere alternato al lavoro in ufficio. Serve flessibilità, intelligenza e buon senso.”

“E’ stato difficile suddividere il giorno in base agli orari lavorativi e alla casa. Mi sono dovuta alternare con mio marito insegnante e quindi con orari ben precisi per la cura del bambino. Ad ogni modo nel complesso sto raggiungendo più obiettivi rispetto a quelli prefissati ed anche se con molta fatica lavoro sicuramente di più e meglio. Manca però il caffè con i colleghi.”

“In modalità di smart working, pur essendo fortemente ridotto l’aspetto “sociale” legato alla compresenza nello stesso ufficio/istituto dei colleghi, il maggiore isolamento assicurato dall’ambiente domestico consente mediamente di raggiungere livelli di concentrazione ed efficienza maggiori.”

E poi c’è la questiona del taglio dei tempi non necessari di lavoro e la qualità del tempo lavorato. Lo SW viene infatti percepito contemporaneamente come un’opportunità e una minaccia in cui il fattore tempo gioca un ruolo determinante:

 “Ritengo lo smart working un primo passo verso l’ideale gestione “flessibile” del nostro lavoro di ricercatori (come peraltro raccomandato dalla carta europea), senza finalmente dover sottostare ad assurde ed anacronistiche timbrature di cartellini.”

“Grazie allo smart working ho tagliato inutili perdite di tempo e stress tipici del lavoro tradizionale (spostamenti per raggiungere la sede di lavoro, interazioni forzate con colleghi più concentrati a presenziare fisicamente il luogo di lavoro che a fare qualcosa di realmente utile), beneficiando di un ambiente informale e più confortevole in cui portare avanti con più serenità ed efficienza i progetti e le attività.”

Un’ulteriore informazione significativa riguarda il dato sulla percezione della qualità del lavoro svolto da casa: il 35% dei rispondenti ha dichiarato di aver lavorato meglio; il 46% di aver lavorato come prima; mentre solo il restante 19% ha avuto la percezione di aver lavorato  peggio.

“Per una migliore gestione del tempo e per la possibilità di alternare momenti di distrazione efficace con i momenti di lavoro, che sono poi affrontati con maggiore concentrazione e produttività”

“Secondo me chi lavora in ufficio lavora nello stesso modo (in termini qualitativi e quantitativi) anche a casa. Chi non lavora in ufficio non lavora neanche a casa….”

“Il tempo non scandito dagli orari di entrata e uscita dal posto di lavoro ha fatto in modo che si tenda a portare a termine un lavoro che  in ufficio avresti rimandato al giorno successivo. La possibilità di gestire il proprio tempo non ti porta a controllare l’orologio e a volte si è più concentrati.”

“La maggiore concentrazione recepita in ambiente domestico consente di lavorare meglio e in meno tempo. Inoltre, eliminati i tempi degli spostamenti giornaliere (circa 2 ore) si lavora anche molto di più. Ritengo davvero che lo smart working e/o il telelavoro  dovrebbero entrare a far parte del quotidiano e non solo delle emergenze. Si eviterebbe molto stress giornaliero nella conciliazione degli spostamenti/lavoro/vita privata, si consentirebbe una maggiore cura per se stessi e ci sarebbe anche un grande risparmio economico sia per il lavoratore che per l’ente.”

Infine, rispetto alla possibilità di richiedere un prolungamento dello SW al termine dell’emergenza, il 54% dei rispondenti dichiara di essere favorevole a richiederlo, con percentuali molto prossime tra donne e uomini (Fig.2). Al contrario è solo una minoranza di rispondenti che invece si dichiara sicuramente o probabilmente sfavorevole a farlo. In questo secondo gruppo va rilevata una lieve differenza tra donne e uomini che, rispettivamente, hanno risposto di non essere  disposti a richiedere un prolungamento dello SW nel 12.2% e nel 15.1% dei casi.

Considerazioni per un futuro smart del lavoro a distanza

Sulla base dei dati raccolti dall’indagine e in linea con la tendenza politica di rafforzare la sostenibilità economica, sociale e ambientale del lalvoro, si dovrà necessariamente tener conto dello SW come una pratica da adottare sul lungo periodo. Conseguentemente, la realizzazione di una nuova forma di organizzazione del lavoro, richiede nuove competenze e quindi formazione dei lavoratori. Non si tratta solo di competenze gestionali e/o informatiche bensì anche di capacità “organizzative”, per una migliore gestione del lavoro, per una maggiore responsabilità di gruppo e per una più marcata valorizzazione del lavoro interdisciplinare. Implementare lo Smart Working nella ricerca, richiede, inoltre, un investimento diretto verso i gruppi di ricerca, in particolare nella loro organizzazione del lavoro e anche nell’accessibilità di strumenti e tecnologie digitali per l’accesso da remoto a laboratori e istituti di ricerca.

L’auspicio è che si proceda con delle politiche che guardino all’efficienza dell’organizzazione del lavoro, valorizzando l’approccio team science, che include concetti e metodi per comprendere e migliorare i risultati della ricerca collaborativa e dei programmi di training. Fiducia, consapevolezza, intelligenza emotiva, leadership, tutoraggio, dinamiche di gruppo, comunicazione, riconoscimento, condivisione del successo, gestione dei conflitti sono aspetti da curare per la buona riuscita del lavoro, non solo del lavoro smart ma in generale per l’ottimizzazione e l’efficienza della produzione scientifica.

Riferimenti

OECD. (2020). Women at the core of the fight against COVID-19crisis [online]. OECD Tackling Coronavirus Contributing to a Global Effort.

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