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Coronavirus: non (solo) una malattia per vecchi

decessi accertati come dovuti al COVID19

Recentemente l’ISTAT ha reso pubblici i dati dei decessi giornalieri aggiornati al 4 aprile 2020. Si tratta di un’iniziativa eccezionale data la necessità di dover quantificare il vero impatto dell’epidemia in corso sulla mortalità. Sembra, infatti, che i decessi accertati come dovuti al COVID19 siano una sottostima e che nella realtà i decessi siano molti di più. Tuttavia, bisogna guardare i dati con molta prudenza, perché disponibili solo per i comuni di una certa dimensione e che hanno avuto un aumento di decessi superiore al 20% della media dei cinque anni precedenti. Come ben spiegato da Enrico Rettore  proprio il meccanismo di selezione dà luogo a una sovrastima sistematica della variazione dei decessi osservata nel caso in cui si vogliano considerare aggregato territoriali sovra-comunali. Nel frattempo, anche in Inghilterra, l’ufficio nazionale di statistica (ONS) ha pubblicato i dati (provvisori) sui decessi fino al 4 aprile 2020.

I decessi nei primi tre mesi del 2020

La questione della stima corretta dei decessi dovuti al COVID19 non sarà risolta facilmente nemmeno quando avremo i dati definitivi per tutta Italia; infatti, anche se riuscissimo a quantificare l’aumento dei decessi rispetto agli anni scorsi, tale aumento sarebbe da attribuire non solo all’effetto diretto del COVID19 ma anche agli effetti indiretti, quale il sovraffollamento degli ospedali che può aver causato un trattamento meno tempestivo di altre patologie, oppure, e in senso opposto, alla diminuzione del traffico e dei decessi per incidenti stradali.

Guardando i dati per alcuni dei comuni più colpiti, però possiamo forse mettere in dubbio l’idea che questa malattia abbia colpito in particolare le persone anziane e che comunque la mortalità della popolazione sotto gli ottant’anni sia praticamente inalterata rispetto agli anni precedenti.

La figura 1 riporta i decessi per età per gli uomini di Bergamo e Piacenza. Come si può vedere, l’aumento rispetto al 2019 è visibile anche per la fascia d’età 45-64 anni, specialmente nella città di Bergamo.

Questo è ancora più visibile sui dati inglesi: la figura 2 riporta i decessi avvenuti nella settimana dal   28 marzo al 3 aprile 2020, quella in cui si è cominciato a registrare un significativo incremento dei decessi. Anche in questo caso, registriamo un aumento per la classe d’età 45-64 rispetto ai 9 anni precedenti (2010-2019).

Certamente la popolazione più anziana è quella più fragile rispetto a tutte le patologie – non solo al COVID19 – ma da questi dati, ancora provvisori, non si evince che i “giovani” possano essere considerati esenti dal rischio.

E le donne?

Un’altra ipotesi che deve essere verificata è che le donne siano meno colpite degli uomini dal virus. Anche in questo caso, possiamo controllare se la mortalità per tutte le cause può confermare o smentire questa ipotesi. Riportiamo per il comune di Milano un valore approssimato¹ dei tassi di mortalità per età e sesso, al 2019 e al 2020.

In effetti, il tasso di mortalità femminile nel 2020 sembra coincidere perfettamente con il tasso registrato nei primi tre mesi del 2019, mentre per gli uomini si nota l’aumento rispetto al trimestre dell’anno precedente. Pertanto, l’ipotesi che le donne abbiano una maggiore resistenza agli effetti del virus non è da scartare. Rimangono questi, dati parziali, soprattutto quelli italiani e quindi le conclusioni andranno tratte solo dopo aver analizzato i dati completi. Tuttavia, essi ci permettono di cogliere delle indicazioni importanti, anche in preparazione di una “fase 2” in cui dovremo comunque convivere con il virus.

Note

¹L’approssimazione è dovuta dal fatto che non è disponibile la popolazione a rischio nel 2020, ed è stata sostituita dalla popolazione residente nel 2019. Per un comune di grandi dimensioni come quello di Milano, si tratta di un’approssimazione accettabile.