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Congedo di paternità: diamo ai padri il tempo per assumere in pieno il proprio ruolo

Le madri e i padri non nascono con i figli: condividere la cura dei primi mesi di vita serve per gettare le basi dei legami di attaccamento ma anche del benessere della coppia, fino a risvolti positivi per l’intera società. In Italia, come ci spiegano Alessandro Rosina e Francesca Luppi, ancora non diamo ai padri il tempo necessario per diventarlo, ma la proposta del governo di estendere il congedo di paternità può essere un ottimo primo passo nella giusta direzione.

Una misura che migliora relazioni ed equilibri

Passare più tempo con i propri figli, specie nei primissimi mesi di vita, è un desiderio e una necessità crescente fra i padri italiani. I dati di un’indagine dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo condotta all’inizio di quest’anno mostrano una maggiore propensione degli uomini delle nuove generazioni a non considerare il lavoro come unico ambito di realizzazione. Viene assegnato particolare valore al benessere relazionale, che trova la sua espressione più intensa nel rapporto con i figli. Strumenti in grado di consentire un miglior equilibrio, per entrambi i membri della coppia, tra vita e lavoro, vanno nella direzione auspicata. Ad esempio, secondo una indagine Doxa condotta nel 2017 su un campione di neopadri, la grande maggioranza sarebbe favorevole ad un congedo esclusivo di almeno due settimane.

L’Italia è uno dei paesi avanzati in cui la nascita di un figlio produce maggior impatto differenziato di genere, per la carenza di strumenti di conciliazione, con le madri che rinunciano soprattutto all’impiego e i padri al tempo con i figli dovendo intensificare il lavoro per le necessità di reddito familiare. Uno squilibrio che ha alla base anche resistenze culturali nella società e tra i datori di lavoro, che politiche ben mirate ed efficaci possono aiutare a superare.

Una combinazione tra rafforzamento dei servizi per l’infanzia e estensione del congedo di paternità aiuterebbe a produrre un doppio equilibrio, tra madri e padri e tra tempi di vita e tempi di lavoro con ricadute positive su molti versanti. In primo luogo, un miglior equilibrio favorisce l’occupazione delle madri, con beneficio sia per le condizioni economiche delle famiglie che per la valorizzazione del capitale umano femminile. Come è noto l’Italia è uno dei paesi occidentali con maggior rischio di povertà infantile e più bassi tassi di occupazione delle donne. Ritorni positivi si hanno anche sul fronte della natalità, perché sono spesso le complicazioni organizzative, la scarsa condivisione e le difficoltà economiche sperimentate dopo la nascita del primo figlio a portare a rinviare la scelta di averne un secondo.

Il congedo di paternità non va però meramente inteso come misura che aiuta le donne ad ottenere dagli uomini un maggior equilibrio di genere e una propria maggiore conciliazione: va invece considerato uno strumento che prima di tutto consente di sviluppare un miglior rapporto tra padre e figlio.

Garantire ai padri un proprio tempo per i figli nelle loro prime settimane di vita è indispensabile per alimentare la diffusione di una cultura della condivisione della cura familiare, ma anche per sviluppare codici di cura propri nella dimensione maschile. I legami di attaccamento che nascono nei primi mesi sono la base su cui si innesta il legame padre-figlio anche negli anni successivi. Non è quindi solo concedere ai padri del tempo per i figli, ma anche dare ai figli del tempo da trascorrere con i padri.

Una proposta che allinea l’Italia all’Europa

Attualmente in Italia garantiamo ai neo-papà 5 giorni obbligatori ed esclusivi più uno facoltativo (pagati l’80-100% dello stipendio) di congedo dal lavoro da usare entro i primi 5 mesi di vita del neonato. Le madri invece sono obbligate a prendere 5 mesi, al termine dei quali entrambi i genitori, ma non contemporaneamente, hanno diritto ad altri 180 giorni di congedo parentale (retribuito al 30% dello stipendio) entro i primi 8 anni di vita del bambino.

Parlando di congedi di paternità, nel resto d’Europa si fa tendenzialmente meglio che da noi (Figura 1) e non solo fra i paesi del Nord Europa, dove la tradizione delle politiche di conciliazione è più lunga e consolidata. I padri spesso godono di congedi esclusivi più generosi anche in altri paesi quali la Spagna e il Portogallo, dove il congedo oltre ad essere particolarmente lungo è anche pagato al 100% dello stipendio. La grande disparità fra i vari paesi è dovuta al fatto che non esiste al momento in Europa una legislazione a garanzia dei congedi di paternità. Tuttavia, qualcosa in tal senso si sta muovendo grazie a una direttiva europea del 2019 che raccomanda agli stati membri di adottare 10 giorni di congedo esclusivo per i padri pagati al pari dei congedi obbligatori per le madri e comunque non meno dei congedi per malattia. Per incentivare i padri a condividere anche i congedi parentali, la stessa direttiva europea indica la necessità di riservare 2 mesi di congedo parentale esclusivo per ciascun genitore, per evitare che quest’ultimo – solitamente meno retribuito di quello obbligatorio – venga preso interamente dalle madri. In Italia, infatti, i dati ci dicono che solo 2 padri su 10 ricorrono ai congedi parentali (INPS, 2016), anche se il trend è in crescita (solo 1 su 10 prendeva congedo parentale nel 2012).

Da anni in Italia si parla di dover agire sul versante dei congedi di paternità per allinearci alle tendenze europee. La proposta dell’attuale governo di estendere il congedo di paternità a 10 giorni va sicuramente in quella direzione.

Certo, forse sarebbe utile non limitarsi a modificare il congedo obbligatorio: rendere attraente – o indispensabile – anche il congedo parentale ai padri è un altro importante tassello del puzzle, magari adottando la raccomandazione europea sull’esclusività del congedo facoltativo e aumentandone la retribuzione. Perché il tutto funzioni servirebbe anche una normativa che favorisca l’accesso a modalità di lavoro più flessibili per entrambi i genitori (es. part-time e telelavoro) e non solo per le madri. Ovviamente, in un paese come l’Italia dove i ruoli tradizionali nella famiglia sono ancora molto consolidati, non è detto che l’introduzione del congedo parentale esclusivo si traduca immediatamente in una rivoluzione culturale, anzi è poco probabile che questo avvenga in tempi brevi. Tuttavia, se le istituzioni favoriscono il processo, come farebbero con l’introduzione dei 10 giorni di congedo di paternità, forse la prossima generazione di uomini, cresciuta da papà un po’ più presenti, sarà più consapevole del diritto di richiedere ed ottenere del tempo per diventare a loro volta padri.