Più integrazione, più matrimoni misti? L’impatto degli allargamenti ad Est dell’Unione Europea
Le unioni miste – ovvero le coppie in cui uno dei due partner è straniero e l’altro è nativo – sono in crescita in tutti i paesi occidentali. In Italia, dal 1995 al 2015 i matrimoni misti sono aumentati di circa il 180%, passando dal 3,7% al 9,1% sul totale dei matrimoni celebrati annualmente. Questa crescita è spesso considerata un indicatore di accresciuta integrazione degli stranieri e di maggiore apertura della società. Tale interpretazione è plausibile se si crede che la costituzione di tali unioni sia conseguente al superamento delle ben note “barriere sociali” esistenti tra nativi ed immigrati quali, ad esempio, la segregazione residenziale e lavorativa, l’esistenza di preferenze culturali in favore delle unioni endogame e la persistenza di pregiudizi verso quelle esogame. In ragione di queste considerazioni, l’aumento delle unioni miste sarebbe il frutto del progressivo venir meno di tali barriere. A ben guardare, però, tale crescita non pare essere stata preceduta da un’altrettanto chiara crescita dei livelli di integrazione degli stranieri nelle società ospitanti. Al contrario, rimanendo nel nostro paese, le condizioni di integrazione socio-economica della popolazione straniera, in particolare delle donne, destano più di una preoccupazione. Qual è quindi il nesso tra integrazione e unioni miste?
Due teorie, nessuna risposta
La letteratura propone due teorie contrapposte. Secondo la teoria dell’assimilazione, la crescita delle unioni miste rappresenta uno degli indicatori di massima integrazione, o comunque uno stadio di integrazione successivo all’integrazione culturale ed economica. Esiste, in effetti, ampia evidenza empirica secondo cui sono gli immigrati più “assimilati”, ovvero con più anni di residenza nel paese di destinazione e con migliori competenze linguistiche, ad avere maggiori probabilità di unirsi a nativi. Esiste, tuttavia, un secondo approccio teorico che pone alla base delle unioni miste non già la somiglianza tra stranieri e nativi quanto piuttosto l’esistenza di forti differenze di status tra le due parti. Sarebbe proprio tale distanza a produrre, all’interno di una prospettiva riconducibile alla teoria dello scambio, importanti incentivi alla formazione delle unioni miste. In altri termini, gli stranieri sarebbero incentivati ad unirsi a membri della popolazione nativa proprio per migliorare (più rapidamente) le loro prospettive di integrazione nel paese. Recenti studi condotti in paesi di “vecchia” (Stati Uniti e Australia) e “nuova” immigrazione (Spagna e Italia) hanno mostrato come le caratteristiche sociodemografiche dei partner coinvolti nelle unioni miste siano coerenti con una logica di scambio: gli stranieri tendono ad essere infatti più istruiti dei loro partner nativi, e questi fortemente più anziani al momento del matrimonio.
L’effetto della cittadinanza
L’identificazione di un nesso causale tra integrazione e unioni miste è resa difficile dal fatto che il livello di integrazione raggiunto da uno straniero è correlato con una serie di caratteristiche dello stesso che ne influenzano anche la propensione a sposare un nativo, rendendo potenzialmente “spuria” la correlazione osservata. In questo articolo, mostriamo i risultati di uno studio finalizzato a valutare l’impatto dell’integrazione sui matrimoni misti, sfruttando un cambiamento esogeno nello status di cittadinanza degli immigrati in Italia. Per quanto non si possa stabilire una relazione di dipendenza perfetta tra cittadinanza e integrazione, diversi studi dimostrano che, ceteris paribus, essere in possesso della cittadinanza del paese di destinazione migliora diverse dimensioni di integrazione, da quelle legale ed economica (ad esempio una minore propensione al crimine e una migliore inclusione nel mercato del lavoro) a quella sociale (ad esempio accresciute possibilità di contatto con nativi e partecipazione civica nella società ospitante). Ma, di nuovo, qual è l’effetto della cittadinanza, e quindi dell’integrazione, sui matrimoni misti?
L’esperimento naturale dell’allargamento europeo
Per rispondere a questa domanda, sfruttiamo gli allargamenti a Est dell’Unione Europea (UE) avvenuti nel 2004 e nel 2007 quali esperimenti naturali che hanno modificato, in positivo, lo status legale dei cittadini dei nuovi paesi membri, i quali sono diventati “cittadini europei”. Le analisi realizzate si basano sui dati del Registro Italiano dei Matrimoni, a cui è stato applicato il Synthetic Control Method. Tale tecnica permette di comparare l’evoluzione dei matrimoni misti osservata per i gruppi nazionali “trattati” (cioè che hanno beneficiato dell’allargamento) con la loro evoluzione “controfattuale”, ossia l’evoluzione che si sarebbe osservata in assenza di trattamento. I risultati indicano che, in assenza di allargamento, l’evoluzione dei matrimoni misti coinvolgenti donne cittadine dei nuovi paesi membri sarebbe rimasta stabile (Figura 1)¹. Al contrario, gli andamenti osservati mostrano, per tutti i gruppi nazionali “trattati”, un calo significativo a seguito dell’allargamento. Nell’arco di due anni, l’effetto dell’allargamento è stimato in un declino oscillante tra il 30% e il 50%, per i paesi entrati nell’UE nel 2004, e in un crollo pari a circa l’80% per i paesi entrati nel 2007. Ulteriori analisi suggeriscono che tale effetto non è inficiato da mutamenti nella composizione dei flussi migratori e che non si è registrato un aumento delle convivenze tra donne straniere e uomini italiani.
Le implicazioni dei risultati
I risultati smentiscono una semplicistica interpretazione dei matrimoni misti come indicatore di integrazione. Anzi, sottolineano ancora una volta la situazione di difficile integrazione socio-economica degli immigrati, in particolare delle donne dell’Est Europa, che tendono a rimanere intrappolate nel settore del lavoro domestico e di cura nonostante gli elevati livelli di istruzione. L’eterogeneità degli effetti tra i diversi gruppi nazionali indica che maggiore è lo svantaggio socio-economico delle immigrate, maggiori sono gli incentivi al matrimonio misto, in quanto maggiori sono i benefici relativi attesi dall’unione. I risultati suggeriscono che politiche tese a facilitare i percorsi di naturalizzazione e stabilizzazione legale degli immigrati possano migliorarne i percorsi di inserimento nel paese di destinazione senza incorrere nel rischio di percorsi familiari accidentati, più frequenti tra le coppie miste.
Note
¹Ci concentriamo solo sui matrimoni misti in cui il partner straniero è donna, in quanto le unioni miste in cui il partner straniero è uomo costituiscono un’esigua minoranza e rappresentano principalmente gruppi nazionali non coinvolti dagli allargamenti dell’UE.