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La condizione delle madri in Italia: repetita iuvant?

Potrebbero le donne (e gli uomini italiani) fare figli prima? (sottointeso: e anche in un numero maggiore?) Attraverso i dati dell’Indagine campionaria sulle nascite e le madri condotta dall’Istat nel 2012 su un campione di 17,716 madri che hanno avuto un figlio tra il secondo semestre del 2009 e il primo del 2010, si può fare “un ripasso” delle condizioni – non facili – della maternità in Italia

Le difficoltà economiche

Le proteste contro il Fertility Day dei giorni scorsi hanno evidenziato come la mancanza di sicurezza economica sia uno dei motivi, forse il principale, che spinge le coppie a posticipare la nascita di un figlio. In un contesto di welfare poco generoso per le famiglie con figli (Barbieri e Bozzon, 2016) il timore di non poter sostenere economicamente la prole è una ragione valida per non procreare. Più di una madre su cinque nel campione considerato (il 22%) ha dichiarato di aver avuto difficoltà economiche dopo la nascita del bambino, difficoltà emerse soprattutto per far fronte alle spese legate alla casa (menzionate dal 70% delle madri che hanno dichiarato difficoltà economiche), seguite dalle spese per il bambino ed eventuali altri figli (menzionate dal 56% di tali madri) e dalle spese sanitarie per la famiglia (menzionate dal 44%). Inoltre, il 18% dei genitori dichiara di aver ricevuto un aiuto in denaro durante il primo anno di vita del figlio/a, nella grande maggioranza dei casi da parte di genitori e suoceri. A questo si aggiunge un preoccupante 31% dei rispondenti che dichiara che non potrebbe far fronte ad una spesa imprevista di 800 euro.

L’instabilità lavorativa

L’insicurezza economica dei genitori italiani, ma anche dei giovani in generale, viene in larga parte attribuita all’instabilità e precarietà lavorativa delle ultime generazioni. I dati dell’indagine – condotta solo su chi ha già avuto un figlio – riflettono solo in parte questa instabilità. Infatti il 93% dei padri dell’indagine risulta occupato. Di questi, il 31% è autonomo − una condizione che è sempre più associata a situazioni di instabilità occupazionale, come nel caso delle finte partite IVA – e, tra i lavoratori dipendenti, uno su dieci è a tempo determinato. La situazione delle madri è, come prevedibile, più complicata. Infatti, solo il 57% delle madri erano occupate prima e dopo la nascita del figlio. Il 13% ha perso il lavoro a cavallo della gravidanza e il 27% non aveva lavoro né prima né dopo la gravidanza. La condizione occupazionale delle madri che lavorano al momento dell’intervista è più instabile di quella dei padri: tra le dipendenti, il 17% ha un contratto a tempo determinato.

Le conciliazione famiglia e lavoro

Al di là dell’instabilità lavorativa, le difficoltà a conciliare famiglia e lavoro sono spesso chiamate in causa per motivare la bassa fecondità italiana. I dati dell’indagine considerata mostrano che il 44% delle madri occupate al momento dell’intervista dichiara di avere problemi a conciliare le esigenze della famiglia con quelle lavorative. Gli aspetti che più creano problemi in tal senso sono l’orario di lavoro troppo lungo (30%), la rigidità dell’orario di lavoro (21%) e il lavoro su turni (20%). Inoltre, mentre è generalmente possibile modificare l’orario di lavoro per motivi familiari (42% dei casi), la possibilità di prendere giornate intere per motivi familiari è più bassa (27%). In caso di malattia dei figli, il 29% delle madri è costretta ad assentarsi dal lavoro e solo nel 17% dei casi le giornate sono sempre interamente retribuite. La difficoltà a conciliare famiglia e lavoro può essere uno dei motivi per cui quasi la metà delle intervistate non è tornata al lavoro dopo la maternità obbligatoria. Inoltre, più del 50% delle madri rientrate al lavoro sarebbe rimasta a casa più a lungo, ma è rientrata per esigenze economiche (50%), perché il lavoro richiedeva la loro presenza (28%) o perché avevano terminato il congedo disponibile (10%).

La cura dei figli piccoli

La carenza di asili nido a costi contenuti e la necessità di dover chiedere aiuto a genitori, suoceri e altri parenti per la cura dei figli quando i genitori lavorano è citato come un motivo che scoraggia la procreazione. Le madri lavoratici dell’indagine lo confermano: il 51% di esse affida la bambina o il bambino ai nonni mentre è al lavoro, e il 54% si appoggia ai nonni in caso di malattia del bambino. Solo il 34% dei figli frequenta l’asilo nido, che risulta pubblico nel 38% dei casi. La scelta dell’affidamento del proprio bambino è ovviamente strettamente personale, ed è plausibile che molte madri lavoratrici non vogliano mandare i propri figli al nido. Tuttavia, dall’indagine emerge che circa il 30% delle madri che non ha mandato il bambino al nido lo avrebbe fatto volentieri, ma non ha potuto per varie ragioni, tra cui la retta troppo cara (47%), la mancanza di asili nel proprio comune (11%) e la mancanza di posti negli asili prescelti (10%).

Padri (più o meno) assenti

Un maggior coinvolgimento dei padri nelle responsabilità genitoriali è considerato una possibile risorsa per aumentare la natalità Italiana. Molti padri di quelli rilevati nell’indagine accudiscono (75%) e giocano (95%) con il figlio abitualmente o almeno qualche volta alla settimana. Frequente anche il coinvolgimento nel mettere a dormire i figli (69%), dar loro mangiare (il 66%), e nell’accompagnarli al nido (61%). Inoltre il 90% dei padri si occupa spesso o molto spesso degli eventuali altri figli. Sul fronte della responsabilità nel lavoro domestico, invece, la situazione è un’altra. Infatti il 55% dei padri non cucina mai o lo fa sporadicamente. Il 48% non si occupa mai della cura della casa, cui si somma un 14% che lo fa occasionalmente. I padri si mostrano poco più coinvolti nel far la spesa: il 38% la fa abitualmente e il 30% almeno qualche volta alla settimana. Come già mostrato da altre ricerche, dunque, i padri non si tirano indietro dalla cura della prole, in particolare per la parte ludica, ma sono molto lontani dal contribuire in maniera equa al lavoro domestico (Dotti Sani, 2012; Fuochi, Mencarini e Solera, 2014).

Intenzioni di fecondità

In un contesto in cui l’insicurezza economica colpisce una coppia su cinque, in cui l’occupazione femminile e delle madri non è la norma, in cui la stabilità lavorativa dei genitori non è una certezza, procreare, riprodursi in modo responsabile non è necessariamente alla portata di tutte le coppie. Ciononostante, le madri dell’indagine sono piuttosto propense ad avere altri figli. Infatti il 70% delle madri primipare è sicura o quasi sicura di volere un altro figlio.

E quindi?

I dati qui riportati sono limitanti nella misura in cui si riferiscono solo alle madri, un gruppo selezionato quindi di donne che ha già affrontato lo scoglio della prima maternità. Nulla ci dicono sulle donne che non hanno ancora avuto figli ma vorrebbero averne; tantomeno su quelle che non possono e non vogliono averne. Tuttavia, ribadiscono le non facili condizioni delle madri italiane e suggeriscono che un impegno politico verso aree quali i servizi all’infanzia e il sostegno economico per i figli sarebbe meglio accolto rispetto a semplici compagne di informazioni sulla capacità procreativa.

Riferimenti bibliografici

Barbieri, P. Bozzon, R. (2016) Welfare, labour market deregulation and households’ poverty risks: An analysis of the risk of entering poverty at childbirth in different European welfare clusters. Journal of European Social Policy, 26, 99-123

Dotti Sani, G.M. (2012) La divisione del lavoro domestico e delle attività di cura nelle coppie italiane: un’analisi empirica, Stato e Mercato, 1, Aprile, 161-193.

Fuochi, G., Mencarini, L., Solera, C. (2014) I padri coinvolti e i mariti egalitari: per scelta o per vincoli? Uno sguardo alle coppie italiane con figli piccoli. AG About Gender – Rivista internazionale di studi di genere, 3.