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Poco, ma si muove

mobilità

L’Italia è considerata un paese con un basso livello di mobilità territoriale, inferiore a quello di altri stati di pari sviluppo economico. In realtà i confronti internazionali in materia di migrazione interne sono estremamente rari e risultano quanto mai difficili, per le diversità nei sistemi di rilevazione e per la differente ampiezza delle unità amministrative su cui si basa normalmente la raccolta dei dati. Le domande dei censimenti della popolazione sugli alloggi precedenti permettono però di ovviare a questi problemi, provenendo da una fonte comparabile e avendo come punto di riferimento comune l’abitazione.

Mobili e stanziali in Italia

Nel caso italiano, l’ultimo censimento (9 ottobre 2011) chiedeva l’alloggio di dimora abituale 1 e 5 anni prima della data di riferimento della rilevazione. Ciò permette di misurare anche gli spostamenti all’interno dei comuni, raccogliendo così utili informazioni sulla mobilità intracomunale su cui la statistica ufficiale non fornisce altri elementi conoscitivi.

Schermata 2015-07-03 a 11.24.34In Italia¹ il 94,3% dei censiti viveva il 9 ottobre 2011 nello stesso alloggio di un anno prima e l’82,2% in quello del 2006 (Tab. 1). I valori sono fortemente differenziati tra italiani e stranieri. Nel complesso, risulta che il 5,2% degli italiani ha cambiato alloggio tra il 9 ottobre 2010 e la stessa data del 2011 e il 16,4% lo ha fatto rispetto al 2006. I valori per gli stranieri sono rispettivamente il 12,5 e il 43,5%. Questi dati, per altro, come tutti quelli considerati in questa sede, sottostimano la reale intensità della mobilità, visto che si riferiscono alle persone e non agli spostamenti mentre, com’è noto, le persone mobili tendono a spostarsi più di una volta anche in intervalli di tempo non particolarmente lunghi. Inoltre, non sono stati considerati gli spostamenti dall’estero, che hanno riguardato pochi italiani (0,2 e 0,3%) ma molti stranieri (4,3 e 26,4%). Secondo i dati del censimento gli spostamenti in un anno sarebbero così stati 3,3 milioni, molti più di quanto rilevi la fonte anagrafica (1,36 milioni nel 2011). Una differenza che in buona parte, ma non totalmente, è spiegabile con l’1,8 milioni di cambiamenti di abitazione avvenuti all’interno dei comuni. Nel quinquennio i dati appaiono ovviamente ancora più rilevanti: sono infatti 9,9 milioni le persone che dichiarano di vivere in un alloggio diverso e, di questi, 8,7 milioni sono italiani. Questa mobilità nel quinquennio 2006-2011 è avvenuta per il 60% all’interno dei comuni; ma ciò non sempre e non necessariamente comporta spostamenti su distanze più brevi di quelle che caratterizzano molti trasferimenti tra comuni, visto che nel 2012 il 35,1% di questi si è mantenuto in un raggio di 10 chilometri. Non va, infine, dimenticato, che questi valori escludono i bambini con meno di un anno e quelli sotto i 5 anni, fasce di età in cui si hanno valori elevati per tutti i tipi di mobilità per effetto delle migrazioni familiari.

Il confronto con gli altri paesi
I dati appena visti descrivono la mobilità residenziale in Italia, ma come collocano il nostro paese a livello internazionale? Tale confronto resta difficile, nonostante gli sforzi dell’Eurostat e degli uffici statistici nazionali continuano infatti ad esistere differenze nelle rilevazioni e nelle modalità di pubblicazione dei dati censuari. Schermata 2015-07-03 a 11.12.01Ad esempio, non in tutti i casi i dati pubblicati sul Census Hub 2011 dell’Eurostat² comprendono gli spostamenti intra-comunali. Per questo motivo sono stati considerati solo i paesi per i quali era evidente che i dati si riferissero a tutti i cambiamenti di abitazione (Tab. 2).

I valori riportati risentono ovviamente anche delle differenze nella struttura per età delle popolazioni, perché i giovani adulti hanno in generale una mobilità più elevata e sono meno stanziali. I dati confermano comunque che, in un quadro internazionale, l’Italia presenta bassi valori di mobilità, con uno scarto contenuto con i Paesi Bassi ma via via più ampio con gli altri paesi presi in esame. Scarto che non riguarda solo la popolazione autoctona ma anche quella straniera, che in Italia presenta i livelli di stanzialità più elevati. Una situazione che dipende da un mercato delle abitazioni ingessato, con una delle più alte percentuali di proprietari di case, e da un mercato del lavoro meno flessibile³ di altre realtà. Inoltre, hanno un loro peso anche i bassi tassi d’iscrizione all’istruzione terziaria in confronto a paesi come il Regno Unito o gli Stati Uniti, in cui lasciare la casa dei genitori per studiare è prassi consolidata.

mobilità muove
L’Italia è considerata un paese con un basso livello di mobilità territoriale, inferiore a quello di altri stati di pari sviluppo economico

Gli italiani presentano sino all’età di 80 anni livelli di stanzialità più elevati di quelli di tutti gli altri paesi considerati (Fig. 1). Il tasso di stanzialità dei giovani adulti risulta molto più alto degli altri paesi industrializzati e il punto di minimo (cioè, il momento di massima mobilità, che si osserva in corrispondenza delle età in cui si lascia la casa dei genitori) evidenzia un ritardo rispetto agli altri apaesi esaminati. Vari autori hanno in questi anni analizzato il late nest-leaving dei giovani italiani, ma non c’è dubbio che il ritardo nel lasciare la casa dei genitori diminuisce anche la probabilità di successivi cambiamenti di dimora. I dati censuari confermano quindi l’alta stanzialità degli italiani, un risultato per molti versi atteso che attesta le particolarità del sistema Italia nel quadro internazionale sotto questo profilo.

Note

¹ Le percentuali sono calcolate sulla popolazione presente in Italia alle due date, escludendo così quanti si trovavano all’estero o non erano ancora nati.

² European statistical system

³ Bonifazi C., 2013, Mobili per forza. Spostamenti di popolazione nell’Italia della crisi, Il Mulino, 5, 798-805 e Caldera Sánchez, A. and D. Andrews (2011), “To Move or not to Move: What Drives Residential Mobility Rates in the OECD?”, OECD Economics Department Working Papers, No. 846, OECD Publishing.

Per saperne di più

Istat Datawarehouse per l’Italia

Eurostat Population and Housing Census Database  per gli altri paesi europei

ACS data 2013  per gli Stati Uniti