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I trasferimenti di tempo all’interno della famiglia nel contesto europeo

Tradizionalmente i sistemi di welfare sono stati sostenuti da due principali pilastri: il lavoro di mercato degli uomini e quello tra le mura domestiche delle donne (Lewis 1992). A partire dagli anni ’70 la crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro, unitamente alla diffusione del lavoro atipico e flessibile, ha alterato questo equilibrio. L’aumento del lavoro retribuito femminile non è stato corrisposto da un’eguale partecipazione maschile al lavoro domestico, suggerendo l’esistenza di una “rivoluzione in stallo” (Hochschild, 1989). L’asimmetria di genere nella divisione del lavoro è un fenomeno universalmente diffuso che varia tuttavia in maniera significativa tra paesi, principalmente a causa delle diverse norme culturali e delle differenti politiche sociali e del lavoro. La disparità di genere nel tempo dedicato al lavoro di mercato e domestico varia inoltre notevolmente durante il ciclo di vita riflettendone i principali eventi, come ad esempio la formazione di una famiglia, la nascita di un figlio, il pensionamento (Anxo et al. 2007). La presenza di un figlio è la caratteristica familiare maggiormente in grado di predire le diseguaglianze di genere nel tempo dedicato alle attività domestiche e di cura (Tausing e Fenwick, 2001): molte madri decidono, più o meno volontariamente, di diminuire il tempo dedicato al lavoro retribuito o di abbandonarlo del tutto, mentre le donne che continuano a investire nella carriera dopo la nascita di un figlio si trovano frequentemente a dover sopportare un “doppio carico” (Hill et al. 2004). L’aumento dell’attività lavorativa femminile che ha avuto luogo negli ultimi decenni ha generato crescente preoccupazione circa l’esistenza di una “compressione dei tempi”: le donne per far fronte agli impegni professionali e familiari si trovano ad avere sempre meno tempo da dedicare allo svago, alla socialità e alla cura della propria persona (Sambt et al., 2014).

MTUS, NTA, NTTA …

In un recente studio abbiamo utilizzato i dati del Multinational Time Use Survey (MTUS) con il principale scopo di esplorare i trasferimenti di tempo a livello europeo (Zagheni et al., 2015). MTUS, sviluppato da Gershuny e Jones negli anni ’70, è attualmente la più ampia fonte di dati armonizzati sull’uso del tempo con oltre 25 paesi e 60 dataset disponibili. La metodologia utilizzata è quella del National Transfer Accounts (NTA) un progetto di ricerca internazionale cui partecipano oltre 40 paesi con il principale obiettivo di sviluppare un sistema, coerente con i conti economici nazionali, per misurare ed analizzare i trasferimenti economici intergenerazionali (Lee e Mason 2011; United Nations 2013). A partire dal 2010, all’interno del NTA è emersa una discussione circa la necessità di estendere la stima dei trasferimenti intergenerazionali a quelli di tipo non monetario costituiti dal tempo dedicato alla produzione di beni e servizi per la soddifazione dei bisogni familiari. Infatti, considerando solamente le attività di mercato, il contributo economico delle donne nel corso del ciclo di vita viene considerevolmente sottovalutato. La questione, sebbene di grande attualità, ha radici remote: la rilevanza economica del lavoro domestico è stata oggetto di un acceso dibattito già dalla creazione dei primi conti economici. Queste considerazioni hanno condotto allo sviluppo del National Time Transfer Account (NTTA) all’interno del progetto NTA, un conto satellite per la stima della produzione, del consumo e dei trasferimenti non monetari tra generazioni e generi (Donehower e Mejia-Guevara, 2012).

Quello che le donne (e i dati) dicono

La principale novità del nostro studio rispetto alla letteratura esistente su uso del tempo e ruoli di genere consiste nella stima dei profili per genere ed età del consumo, oltre che della produzione, di tempo domestico. Ciò ci permette di ottenere una misura dei trasferimenti di tempo all’interno della famiglia¹. Lo studio contribuisce inoltre all’analisi NTA disaggregando tali stime per alcune caratteristiche individuali ed analizzando l’evoluzione temporale della divisione di genere del lavoro domestico a partire dagli anni ’70. In tutti i paesi esaminati², la differenza tra tempo consumato e prodotto è positiva durante l’intero ciclo di vita per gli uomini e negativa a partire da circa 20 anni per le donne: questo significa che, in media, gli uomini proprio come i bambini e i ragazzi dipendono dai trasferimenti (cioè dal lavoro) delle donne per soddisfare i loro bisogni domestici (Figura 1). Schermata 2015-03-12 a 19.38.44Sebbene il genere e l’età così come il macro-contesto di riferimento siano dei fattori fondamentali per l’analisi delle asimmetrie dei tempi di vita (Romano et al., 2012), un’attenta comprensione di queste ultime non può prescindere dal prendere in considerazione alcuni principali elementi di eterogeneità della popolazione. Il tempo è una risorsa preziosa e, come tale, limitata. Le nostre scelte circa il suo utilizzo sono largamente influenzate da diversi fattori di tipo micro e, in particolare, dal numero e dall’età degli eventuali figli. In tutti i paesi esaminati la presenza di figli in età prescolare aumenta il carico domestico per entrambi i sessi, anche se in maniera più accentuata per le donne che arrivano spesso a dedicare alla casa e alla famiglia fino al doppio del tempo rispetto agli uomini (più di otto ore al giorno per le austriache e circa sette per italiane e spagnole). Al crescere dell’età dei figli il carico di lavoro delle donne rimane elevato (superiore alle quattro ore in tutti i paesi). I padri, invece, diminuiscono drasticamente il tempo dedicato alla casa e alla famiglia raggiungendo i livelli degli uomini senza figli.

Un’altra importante caratteristica nell’analisi delle asimmetrie dei tempi di vita riguarda il livello d’istruzione. Esso, come noto, rappresenta una buona proxy delle condizioni socio-economiche e delle relative disuguaglianze sia a livello micro che macro. Il livello d’istruzione può essere inoltre considerato una proxy del capitale umano individuale ed è generalmente collegato alla condizione professionale; pertanto fornisce importanti informazioni circa il costo-opportunità del tempo investito nel lavoro domestico e di cura. L’analisi condotta ha evidenziato l’esistenza in tutti i paesi che le donne più istruite dedicano meno tempo alle attività lavorative domestiche, mentre questo non avviene per gli uomini. Il gradiente di questa relazione è più visibile per le spagnole e le italiane per le quali i profili per istruzione differiscono considerevolmente; esso è invece molto attenuato o addirittura assente per le donne tedesche e danesi. Infine, l’analisi temporale svolta per Olanda e Regno Unito ha mostrato come a partire dagli anni ’70 al 2005 le donne e gli uomini abbiano rispettivamente diminuito e aumentato il tempo dedicato al lavoro domestico e di cura. Questo trend è più evidente per l’Olanda mentre è meno marcato per il Regno Unito. Un’altra importante evidenza riguarda il posponimento delle età in cui si manifestano i picchi della produzione domestica, legata presumibilmente al ritardo della fecondità. L’uso del tempo sembra dunque avere subito l’influenza dalla seconda transizione demografica e della conseguente riorganizzazione dei cicli di vita.

PER SAPERNE DI PIU`

Anxo D., L. Flood, L. Mencarini, A. Pailh, A. Solaz and M.L. Tanturri (2007), “Gender differences in time use over the life course in France, Italy, Sweden, and the US”, Feminist Economics, vol. 17 no. 3, pp. 159-195

Donehower G & I. Mejia-Guevara (2012), “Everybody works: gender, age and economic activity”, paper presented at the 2012 Meeting of the Population Association of America, San Francisco, Population Association of America, San Francisco, May 3-5

Hochschild J. (1989), The second shift. Working parents and the revolution at home, New York:Viking

Hill E.J., V.K. Martinson, M. Ferris & R.Z. Baker (2004), “Beyond the Mommy Track: The Influence of New-Concept Part-Time Work for Professional Women on Work and Family”, Journal of Family and Economic Issues, vol. 25, no. 1, pp. 121-136

Lee R. & A. Mason (2011), eds., Population aging and the generational economy. A global perspective , Northampton, Massachusetts: Edward Elgar Publishing

Lewis L. (1992), “Gender and the Development of Welfare Regimes”, Journal of European Social Policy, vol. 2, no. 3, pp. 159-173

Romano M.C., L. Mencarini & M.L. Tanturri (2012), eds, Uso del tempo e ruoli di genere, Istat Argomenti n.43, Roma: Istat

Sambt J., B. Hammer, M. Zannella & A. Prskawetz, “Production and Transfers through Unpaid Work by Age and Gender: A Comparative Analysis of Austria, Italy and Slovenia”, work in progress, paper presented at the European Population Conference, 25-28 June 2014, Budapest, Hungary,

United Nations (2013), National Transfer Accounts Manual: measuring and analyzing the generational economy, New York: United Nations Publications

Zagheni E. & M. Zannella (2013), “The life-cycle dimension of time transfers in Europe”, Demographic Research, vol.29, art. 35, pp. 937-948,

Zagheni E., M. Zannella, G. Movsesyan & B. Wagner (2015), A comparative analysis of European time transfers between generations and genders, SpringerBrief in Population Studies, Springer: Netherlands

Zannella M. (2014) “Reallocation of resources between generations and genders in the market and non-market economy. The case of Italy”, The Journal of Economics of Ageing,articolo in corso di stampa,

¹Per maggiori informazioni sulle metodologie di stima si veda: Zagheni e Zannella (2013), Zannella (2014), Zagheni et al (2015)

²I paesi sono stati selezionati in base alla disponibilità e omogeneità dei dati. I paesi analizzati sono: Austria, Danimarca, Francia, Germania, Italia e Spagna. L’analisi temporale è stata svolta per Olanda e Regno Unito. In alcuni casi sono state presentate stime per gli Stati Uniti come base di confronto

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