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Migrazioni che cambiano

Giovedì 17 aprile il Ministro degli Interni Angelino Alfano ha tenuto alla Camera un’informativa urgente “sull’ingente incremento del flusso di migranti e sulle misure che si intendono adottare”, duramente contestata dalla Lega Nord. Vale la pena richiamare alcuni passaggi chiave, che delineano un interessante cambiamento di prospettiva, quantomeno nell’ambito del Nuovo Centro Destra, ma anche sottolineare alcuni punti di debolezza. Il Ministro ha innanzitutto rilevato la recente mutazione delle cause del fenomeno migratorio verso l’Italia, sempre più legato alla grave instabilità politica di molti paesi africani piuttosto che alle mere condizioni di povertà. E, per tale via, anche il riferimento alle oltre 20.500 persone sbarcate sulle coste italiane dall’inizio dell’anno si è inserito (con una certa sorpresa) in un contesto di “cambiamento del profilo del migrante”, connotato in termini politici più che economici, costringendo a un ripensamento delle politiche migratorie.

L’Italia – ha continuato il Ministro – sottoposta a una pressione migratoria che “nessun paese può reggere senza il sostegno della comunità internazionale”, dopo il tragico naufragio di Lampedusa, è stata tuttavia in grado di trarre in salvo, attraverso l’operazione Mare Nostrum, oltre 19 mila persone. E pur invocando con forza un maggior impegno da parte dell’Unione Europea, argomento ormai ricorrente nella retorica sull’immigrazione, utilizzato a destra come a sinistra, il Ministro ha focalizzato la sua relazione sulla “necessità di rendere più performante il sistema di accoglienza”, rivendicando le ultime iniziative messe in atto dal governo: l’ampliamento del numero di commissioni territoriali che esaminano la domanda di asilo e dei posti nel sistema integrato di accoglienza per richiedenti asilo SPRAR, nonché l’istituzione di un tavolo di coordinamento nazionale presso il Viminale. Il Ministro ha poi auspicato l’insediamento degli organismi esaminatori all’interno delle prefetture, proprio mentre la Lega Nord ne chiede a gran voce la soppressione come misura di spending review!.

L’insistenza sulla necessità di ripensare e ridefinire il sistema di protezione e accoglienza dei profughi secondo logiche di efficienza/efficacia, razionalità e, al contempo, attenzione verso le categorie più vulnerabili (minori, vittime di tratta e di tortura, ecc.), nel pieno rispetto dei diritti umani, ha il merito di far avanzare il dibattito verso posizioni più pragmatiche, saltando l’ostacolo delle ideologie.

Ma è proprio in nome di questo pragmatismo che è opportuno ridimensionare gli allarmi del Ministro Alfano. È vero che per l’Italia un numero così alto di richiedenti asilo rappresenta una novità, perché nel nostro Paese la storia migratoria parla quasi esclusivamente di migrazioni economiche. Tuttavia, invocare tout court come “dovuto” l’aiuto di altri paesi rischia di essere poco realistico e forse controproducente.

In base ai dati Eurostat appena pubblicati, nel 2013 i principali paesi europei di accoglienza dei richiedenti asilo sono stati, in ordine decrescente, la Germania (126.990 con un incremento del 64% rispetto al 2012), la Francia (64.760), la Svezia (54.365) e il Regno Unito (30.110). Segue l’Italia, che – malgrado la sua posizione centrale nel Mediterraneo, i sui chilometri di costa, l’ambiguità delle sue politiche migratorie – ha registrato “appena” 28.000 richiedenti. Inoltre, il carico dell’accoglienza è stato sostenuto anche da molti paesi neocomunitari con strutture di protezione sicuramente più fragili rispetto a quelle dei grandi paesi europei. L’Ungheria ha ricevuto la richiesta di protezione da 18.895 persone (quasi otto volte in più rispetto al 2012!) in Bulgaria il numero è quadruplicato. In gran parte si tratta – è bene ricordarlo – di persone in fuga dalla Siria dilaniata dalla guerra civile (50.475), ma anche di richiedenti protezione provenienti dalla Russia (41.275) e dall’Afghanistan (26.285).

In questo quadro, le richieste di aiuto del Ministro Alfano per la gestione dell’accoglienza sono poco giustificabili, e saranno difficilmente accolte. Anzi oggi come oggi – visti i numeri della Germania, della Francia e della Svezia – il rischio è che se il carico dei richiedenti asilo dovesse essere ripartito equamente fra i paesi, l’Italia sarebbe chiamata ad assumere oneri maggiori, accogliendo direttamente più persone, o mediante maggiori contributi economici!

Sono invece del tutto condivisibili le richieste di collaborazione internazionale per pattugliare le coste e per i soccorsi in mare. Perché i confini meridionali dell’Italia sono anche i confini meridionali dell’Europa. Tuttavia – come ricordato dalla commissaria europea agli Affari interni, Cecilia Malmström – l’Italia è stato uno dei paesi che ha ricevuto le somme maggiori per il pattugliamento e per i richiedenti asilo: quasi mezzo miliardo di euro nel periodo 2007-13. Una cifra simile verrà data al nostro Paese per il periodo 2013-20: con più di 310 milioni di euro l’Italia sarà il secondo Paese con più alta remunerazione per quanto riguarda il fondo per l’asilo e l’integrazione degli stranieri (Amif). Soltanto per il pattugliamento è stato deciso di destinare allo Stato italiano più di 156 milioni di euro, mentre il fondo di polizia riceverà quasi 57 milioni di euro.
Ciò premesso, è senz’altro auspicabile che la questione dei richiedenti asilo diventi una politica europea, ossia organizzata, finanziata e gestita direttamente da organismi comunitari, con regole identiche per tutti i paesi. Solo allora sarà possibile permettere la libera circolazione dei profughi all’interno dei confini dell’Unione, e sarà l’Unione stessa a trattare – quando possibile – con i paesi di provenienza dei profughi. Proprio nei giorni scorsi il Parlamento europeo ha votato il nuovo regolamento di Frontex, l’agenzia europea che coordina le operazioni di pattugliamento in funzione anti-migranti. Le nuove norme specificano finalmente le regole di ingaggio: d’ora in poi saranno vietati i respingimenti dei barconi verso i porti di partenza, così come si chiede ai governi nazionali di non perseguire i proprietari delle imbarcazioni che dovessero salvare delle vite in mare. Allo stesso tempo il rimpatrio forzato può essere eseguito soltanto dopo l’identificazione dei migranti che stanno attraversando illegalmente la frontiera. Il semestre di presidenza italiana potrebbe essere un momento importante per l’accelerazione di iniziative politiche in direzione di una sempre maggior integrazione delle politiche nazionali. Perché l’Europa ha bisogno di una vera politica federale sulle migrazioni.