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La mortalità differenziale per reddito fra gli anziani in Italia: 1980-2000

Il problema delle disparità socioeconomiche nei rischi di morte, il cosiddetto gradiente di mortalità per status socioeconomico (SES), riguarda anche gli anziani. pur se l’evidenza empirica su questo tema è limitata e discordante, sia per il contesto europeo sia per quello statunitense. Per l’Italia, un recente studio di Belloni et al. (2013) fra gli anziani fornisce un primo interessante quadro del fenomeno.

Pensionato ricco, pensionato longevo

Belloni et al (2013) utilizzano dati amministrativi INPS relativi ai decessi avvenuti nel ventennio 1980-2000 fra i titolari di pensioni pagate dal Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, e considerano l’importo della pensione come indicatore dello status socioeconomico. Lo studio si focalizza sugli uomini, ancora in vita a 65 anni. Precedenti studi erano stati condotti soltanto a livello locale – meritano menzione in particolare quelli effettuati dal Servizio di Epidemiologia della regione Piemonte e per la città di Torino –  e si basavano su altri indicatori del SES, quali il livello di istruzione. L’importo della pensione degli ex-lavoratori dipendenti è un indicatore del SES degli anziani particolarmente efficace, in quanto riassume in un unico numero i dati salienti dell’intera carriera lavorativa (anni lavorati e reddito “medio”).

Alcuni risultati dello studio sopra citato sono riportati nella Tabella 1. Durante il ventennio considerato si è assistito ad un aumento sensibile della sopravvivenza (mediana) degli over-65; la tabella mostra come essa sia cresciuta da poco meno di 15 a 17 anni per il campione di ex-lavoratori selezionato. Nella prima parte della Tabella, si riportano – separatamente per gli anni ’80 e ’90 – i differenziali di mortalità per quintili di reddito pensionistico (status socioeconomico). Negli anni ’80, si rileva come i più ricchi (quintile 5, con reddito pensionistico maggiore di 1.172 euro) vivessero decisamente più a lungo – 2,1 anni o il 14% in più – di quanto vivessero i più poveri (quintile 1, con reddito pensionistico inferiore a 328 euro). Tale gradiente appare inoltre essersi ampliato negli anni ’90: in tale periodo la differenza fra la sopravvivenza dei più ricchi e dei più poveri è risultata pari a 3,6 anni (23%). Analizzeremo in modo più approfondito l’evoluzione temporale del gradiente mortalità alle età anziane-reddito nel paragrafo successivo. Si noti come, a fronte di sensibili differenze nella sopravvivenza fra i più poveri e più ricchi (cf. quintili 1 e 5), si riscontra una sostanziale assenza di differenze nella sopravvivenza fra i soggetti appartenenti ai quintili dal primo al quarto. Il gradiente appare cioè quasi interamente concentrato fra i soggetti più ricchi, quelli appartenenti al quinto quintile di reddito pensionistico.

Il Mezzogiorno non è più un’area di alta sopravvivenza

La parte inferiore della Tabella 1 mostra le differenze nella sopravvivenza degli ultrasessantacinquenni per area geografica. Come si vede, negli anni ’80, gli anziani nati e che hanno lavorato nel sud del Paese hanno vissuto decisamente più a lungo (2,3 anni in più) di quelli nati e che hanno lavorato nell’industrializzato Nord. Ma il gradiente nord-sud si è decisamente ridotto nel corso degli anni ’90, poiché in questo decennio l’aspettativa di vita è cresciuta in modo molto più ridotto al sud che non al nord. Sulla base di questi risultati per area geografica, occorre rivalutare l’ampliamento temporale del gradiente mortalità-reddito indicato precedentemente: i pensionati più ricchi (e quindi più longevi) erano infatti tipicamente anche residenti al nord (e quindi meno longevi a parità di reddito). I risultati di una analisi “bivariata” – si rimanda il lettore allo studio di Belloni et al. (2013) per approfondimenti – mostrano come il gradiente fra mortalità over-65 e reddito sia rimasto pressoché invariato nel corso del ventennio 1980-2000.  

Per riassumere, i risultati dello studio mostrano che in Italia i differenziali di mortalità per reddito hanno riguardato soltanto una parte limitata della popolazione over-65, i più ricchi; inoltre, essi sono rimasti invariati nel corso degli ultimi due decenni del secolo scorso. Altri studi riportano gradienti molto più marcati e in ampliamento per la maggior parte dei paesi dell’Europa continentale (per la Germania, si vedano Shkolnikov et al., 2007 e Kibele et al., 2013; per l’Olanda Kalwij, Alessie, and Knoef, 2013) e per i paesi del nord Europa (Kunst et al., 2004). Gli epidemiologi italiani possono quindi esultare? Purtroppo no. Molti studi mostrano come una parte rilevante del gradiente fra mortalità e SES riguardi le cause di morte cardiovascolari (in particolare ictus, si veda Mackenbach, 2006). E’ noto come la morbidità (e mortalità) cardiovascolare sia strettamente correlata agli stili di vita, in primis alle abitudini alimentari e al consumo di sigarette. L’Italia si trovava (e si trova) in una fase precedente, soprattutto rispetto ai paesi del nord Europa, nel cosiddetto modello di “diffusione epidemica del fumo” (per una descrizione informale del modello si veda il box 5 in Mackenbach, 2006). Secondo tale modello, le abitudini di consumo di sigarette sono determinate dal comportamento dei soggetti con SES più elevato, che fungono da leader; il resto della popolazione (followers) imita il loro comportamento adeguandosi nel tempo al loro. Nei paesi Europei nordici e continentali, alla fine del secolo scorso, i ricchi avevano già iniziato a modificare i loro stili di vita riducendo drasticamente il consumo di sigarette, la prevalenza di fumatori rimaneva invece alta fra i più poveri (Cavelaars et al. 2000); di conseguenza – come detto sopra – in questi paesi si sono osservati gradienti mortalità-SES elevati e in crescita rispetto ai decenni precedenti. In Italia, invece, in tale periodo non si osservavano ancora cambiamenti nel consumo di sigarette fra i leader (Federico et al. 2004). Studi recenti (Gorini et al. 2013) mostrano però una riduzione dell’incidenza del fumo fra le classi sociali più elevate a partire dagli inizi di questo secolo. Nessuna analisi dell’evoluzione temporale del gradiente fra mortalità over-65 e reddito che incorpori il trend dell’ultimo decennio è ancora disponibile.

 
Per saperne di più

Belloni M., R. Alessie, A. Kalwij, C. Marinacci (2013), Lifetime Income and Old Age Mortality Risk in Italy Over Two Decades, Demographic Research, 29(45), pp. 1261-1298.

Cavelaars A.E., Kunst, A.E., Geurts, J.J., Crialesi, R., Grötvedt, L., Helmert, U., Lahelma, E., Lundberg, O., Matheson, J., Mielck, A., Rasmussen, N.K., Regidor, E., do Rosário-Giraldes, M., Spuhler, T., and Mackenbach, J.P. (2000). Educational differences in smoking: international comparison. BMJ 320(7242): 1102–1107. doi:10.1136/bmj.320.7242.1102.

Federico, B., Kunst, A.E., Vannoni, F., Damiani, G., and Costa G., (2004). Trends in educational inequalities in smoking in northern, mid and southern Italy, 1980-2000. Preventive Medicine 39(5): 919–926. doi:10.1016/j.ypmed.2004.03.029.

Gorini, G., Carreras, G., Allara, E., and Faggiano, F. (2103). Decennial trends of social differences in smoking habits in Italy: a 30-year update. Cancer Causes Control 24(7): 1385–1391. doi:10.1007/s10552-013-0218-9.

Kalwij, A., Alessie, R., and Knoef, M. (2013). The association between individual income and remaining life expectancy at the age of 65 in the Netherlands. Demography 50(1): 181–206. doi:10.1007/s13524-012-0139-3.

Kibele, E.U.B., Jasilionis, D., and Shkolnikov, V.M. (2013). Widening socioeconomic differences in mortality among men aged 65 years and older in Germany. Journal of Epidemiology and Community Health 67(5): 453–457. doi:10.1136/ jech-2012-201761.

Kunst, A.E., Bos, V., Andersen, O., Cardano, M., Costa, G., Harding, S., Hemström, Ö., Layte, R., Regidor, E., Reid, A., Santana, P., Valkonen, T., and Mackenbach, J.P. (2004). Monitoring of trends in socioeconomic inequalities in mortality: Experiences from a European project. Demographic Research Special Collection 2(9): 229–254. doi:10.4054/DemRes.2004.S2.9.

Mackenbach, J.P. (2006). Health Inequalities: Europe in Profile. An independent expert report commissioned by the UK Presidency of the EU.

Shkolnikov, V.M., Scholz, R., Jdanov, D.A., Stegmann, M., and von Gaudecker, H.M. (2007). Length of life and pensions of five million retired German men. European Journal of Public Health 18(3): 264–269. doi:10.1093/eurpub/ckm102.

 

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